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al testo di Robert Wasp Pirsig
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Poggiato alle pasque con l’agnello di glassa e mandorlato per tenere a freno la lingua al servizio degli occhi, troppo vivace e già fonte di strepiti di lungo corso, stava l’uomo con la gamba incrociata alla caviglia, come se gli arti fossero inferiori quando si incontrano e superiori se si tengono mano nella mano. Sia detto, perciò, che la coscienza del sè non ha niente a che fare con i trascorsi della bocca ma da quelli toccati di persona. Diventa essere lo strepito e si cuce ai bronchi con il filo di fumo a piombo, proprio lì dove vorresti avere un bruco, segno che per introdurre echi nel silenzio occorre fragore di consunzione. Ossia ruggini dall’umido dei desideri che hanno fatto le balaustre in cuore. Ma se si scioglie la caviglia, se la gamba funziona, al diavolo la posa, urlerà la pasqua in gola! La mia generazione ebbe i fiori con millemila comunioni. Fine della concorrenza. Condivisione, perché la concorrenza esaspera la solitudine più della velatura nel fuori onda. Oggi decollano i pamphlet delle rivelazioni. Per questo gli aereoplani creano il flusso d’aria necessario al volo mentre gli uccelli fanno meglio da stormi. Si dice sia capzioso ogni silenzio, ma dietro lo strepitio della memoria come nella dissoluzione dei sogni c’è un dialogo muto o un foglio che fanno le veci, messa in conto la potabilità della parola.
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