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al testo di Lorena Turri
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Il dottor Beup era un medico di famiglia. Anzi, a dire il vero, era una dottoressa che preferiva pensarsi al maschile in quanto dottore. Dicevo, era un medico di famiglia nel vero senso della parola, poiché curava soltanto i suoi due familiari che, disgraziatamente per lui, godevano di ottima salute. Possiamo dire che il dottor Beup era disoccupato. Come tutti i disoccupati aveva molto tempo libero, ma così tanto che non sapeva cosa farsene. Allora si cercò dei passatempi. Cominciò a pensare al tempo passato, ma gli faceva venire il magone, che fino ad allora aveva creduto un grande mago ed invece capì che era come avere un macigno sullo stomaco e gli veniva da vomitare. Quindi, decise di smettere di pensare ai tempi passati che nuoceva alla sua salute (era un dottore e queste cose le sapeva) e pensò di guardare il tempo che passa sul quadrante di un orologio. Ma che monotonia, che noia! Gira che ti rigira le ore son sempre quelle: da 1 a 12 e poi da capo, anche se fuori un colpo c’è luce e un colpo c’è buio. Pensò, allora, di passare il tempo come di solito passava le verdure per fare il minestrone, ma il passaverdura non macina gli orologi. Il problema si faceva complicato. Era proprio difficile trovare un passatempo! Un giorno ebbe un’idea! Decise di darsi agli anagrammi. E’ un esercizio che tiene giovane la mente, lui lo sapeva bene perché era un dottore. Volle cominciare col suo nome, tanto per tirarsi su il morale, pensando che in inglese “be up” volesse dire “stare su”. L’unica parola che riuscì a trovare anagrammando il suo nome fu: pube. “Che c‘entra il pube?” pensò, guardandosi sotto la sottana. E vide che era senza mutande. Tutti i disoccupati sono senza mutande e non sanno come tirarsi su il morale, ché, se il morale fosse un paio di mutande, tirarselo su sarebbe cosa da poco e anche veloce! Fu in quel preciso momento che decise di cambiare passatempo. Smise di fare gli anagrammi e andò a decorare le locomotive per rendere i treni più allegri e colorati, in modo che alle stazioni, i bambini che andavano a salutare il treno, potessero dire: “Guarda mamma, guarda papà, che bella locomotiva, tutta colorata, fate ciao anche voi con la manina!” Da quel giorno le stazioni si riempirono di bambini allegri e di genitori costretti a salutare tutti i treni. Ma i bambini non sanno, nella loro innocenza, che quando mamma e papà salutano tutti i treni, non c’è proprio niente da stare allegri Punto esclamativo |
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