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Medea

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La tenerezza che nell’infanzia mi negavi,
nel dedalo dell’indifferenza ti trinceravi.

Una bimba dal muto canto,
il deserto della tristezza
a celare il pietrificato pianto.


Una figlia di cristallo,
dimenticata
e trasparente.

Nel tuo sguardo indifferente
avvampava l’ira,
la furia inclemente,
nel cuore d’un bimba
dilagava l’incendio sconcertante della paura.

Le lacrime infantili
orfane d’una tua carezza,
che non sbocciò mai
i tuoi occhi chiari, trasparenti
il gelo grigio azzurro d’alpini nevai.

Il sorriso in lugubre cruccio
deturpato,
il gioioso canto dell’infanzia
in silente prigionia soffocato.

L’abbraccio profumato
di dolcezza
che sempre hai omesso,
nel cuore ferito ho suggellato.

Spietata valchiria
forgiasti la mia argentea armatura,
la mia strenua combattività di Pentesilea
ogni giorno alla guerra,
nella frenetica furia.

Ed ora che l’anima
nella fucina della memoria,
ustionata erra….
Ora
che nella torre d’avorio del nulla
t’ho relegata,
avverto ancora l’eco delle lacrime
lo stillicidio dolente di quand’ero indifesa bimba,
prigioniera della tua lucida follia.

Ora
che sei impotente
con la tua fatale frenesia.

Ora che da lontano
nella solitudine siderale,

di te
mi sento carnefice e rea,

per te

provo infinita, commossa pietà,

misera Medea.

 Meth Sambiase - 13/04/2011 10:41:00 [ leggi altri commenti di Meth Sambiase » ]

mi è sembrato di percepire, rispetto al mito, un sentimento di anafettività, che è del resto un tabù, insieme al matricidio. C’è poco da fare, Medea è sempre dolore.

 Loredana Savelli - 13/04/2011 09:11:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Si ergono come miti tragici queste figure genitoriali, che dipingi solennemente.

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