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Elegia della guerra

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Il vecchio aquilone ha assaggiato i sapori del pozzo.

Silenzio. Il re di picche è tornato

con le stigmate di mille feretri in ginocchio –

vuole ascoltare il morso della quiete.

Ha le gote spente ed il passo celere.

Sono tutti morti – protetti dall’Infinito.

Bertran de Born – vestito di bianco – ali da pescatore,

ghigno di sordido mangiabudella,

sputa catrame – i gomiti sul tavolo –

con aria di chi ha visto non vedendo niente.

 

Dove è caduto l’ufficiale con le mani in tasca

– sorriso ammuffito stile anni Venti – 

 un vomito di violenza e di polvere da sparo

cancella l’erba piovuta sul sofà

come minestre di vetro candido.

Milioni di uomini-insetti attendono il discorso

a reti unificate

per affogare l’ultimo bicchiere di birra

in un’abbuffata di chimica a brandelli.

 

Alla Somme i pastrani odoravano di lavanda.

Gloria e orgoglio si impelagarono

nei meandri di buie gallerie –

battesimi d’iprite.

Gli occhi così tragici e insicuri avevano

l’impassibilità del fango.

Per chi saranno i baci al mattino –

le palle di neve –

le foglie morte –

le bottiglie scolate –

le notturne follie?

 

Prima di rincorrere il crepuscolo supremo

con voce da villano pronunciò il De Profundis

per i reduci dell’infinita battaglia.

Le mangrovie vomitavano Napalm.

Benvenuti nel Paese della morte in note silenziose.

Armstrong conficcò bene la sua croce

su un sogno di amianto

mentre riflettori bianchi illuminavano la bandiera.

 

Quanti cuori sono stati corrotti

da quei vili panni di seduttore

prima che un’inalazione di vita bruciata lasciasse il corpo

disteso – miliardi di formiche mangiacarneatradimento –

e la testa in alto come un ostensorio

benedetta dal fuoco di mille archibugieri.

Era un cristiano ben addottrinato!

 

Prima dell’impatto risolutore

la mattina era calma e limpida –

il quadrimotore luccicava nell’aria estiva.

Fat Man impiegò meno di un istante

e il sole piovve sulla terra

in tempeste di raggi gamma.

3000 – 5000 – 10000 gradi centigradi!

Né mirti né camelie né ciliegi selvatici.

Mai più colline in fiore.

Lembi di pelle si staccarono dalla carne –

vite umane disgregate.

 

Sotto le insegne regali

che lo videro ricucire le ferite nel bosco

tra aride sequoie e abeti imprigionati dal verde

una languida pioggerellina schiariva

gli ambigui ricordi dell’anima.

Il vento ha la forma di un grosso bisonte.

Le ossa dei crani sono cocci di vita morente

distribuiti dentro sacche ben nascoste.

 

La notte è finita in un mazzo di carte.

Dentro allo scaffale cosparso

di fogli decrepiti in disfacimento

Honoré de Balzac – con aria da fanciullo

pestifero – ammira stupefatto

il tintinnante boudoir seduto alle mie spalle.


 Simona - 16/05/2011 22:34:00 [ leggi altri commenti di Simona » ]

Penso che la narrazione di quello che la guerra può portare sia ben descritta da Andrea, ma spero anche che l’autore trovi altri argomenti stimolanti da proporci la prossima volta.
Io personalmente credo che chiunque possa dire la sua su un discorso così importante, perchè nessuno può rimanere indifferente davanti alla violenza che l’uomo compie verso un altro suo simile attraverso le guerre.

 Franca Alaimo - 12/05/2011 22:27:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Trovo molto significativo che l’autore sottragga alla cronologia gli scellerati eventi della storia cui fa riferimento; decontestualizzarli, infatti, ne sottolinea l’assurdità, la gratuità , accentuando, allo stesso tempo, la persistenza della radice del male nell’uomo, la sua cecità etica. Non so se ritrarsi nello studiolo sia un rimprovero ai poeti disimpegnati, o piuttosto un inevitabile rifugio in un mondo diverso. Ho letto recentemente questo verso: Chi prega vola via!

 Andrea Piccinelli - 12/05/2011 01:10:00 [ leggi altri commenti di Andrea Piccinelli » ]

Ad Alessandro: adoro la musica e i Pink Floyd sono uno dei miei gruppi preferiti, ma questa poesia non è stata influenzata da nessuno dei loro testi. Comunque se te li ho ricordati mi fa piacere.
Per quanto riguarda la complessità del testo hai ragione. A una prima lettura può sembrare un po’ surreale, e devo ammettere che l’effetto di straniamento è voluto; ma se viene analizzata con scrupolo, nulla è lasciato al caso e quasi ogni parola ha uno o più significati determinanti al fine di una sua maggiore comprensione.
Da lettore, trovo stimolante rileggere più e più volte quei testi che presentano una struttura aperta e polisemica. Qui ho cercato di proporre una poesia di questo tipo. Se il risultato è buono oppure no, non sta a me dirlo....

 Alessandro Ferrari - 11/05/2011 23:26:00 [ leggi altri commenti di Alessandro Ferrari » ]

La poesia è complessa e ben articolata. Va letta con attenzione.
Non so perchè ma in certi passaggi mi ha ricordato testi dei pink Floyd e di Springsteen.Li ascolti?

 Laura - 09/05/2011 21:09:00 [ leggi altri commenti di Laura » ]

E’ stato un lavoro molto ben fatto dove si coglie la bravura dell’autore in ogni singolo verso. Faccio i miei migliori auguri per un futuro luminoso.

 Andrea Piccinelli - 09/05/2011 18:34:00 [ leggi altri commenti di Andrea Piccinelli » ]

Il nonsenso della guerra (e dell’atteggiamento di chi ne legittima l’uso come strumento di diffusione di "pace e democrazia") è lo specchio di una società, quella occidentale, che ipocritamente non cessa mai di ostentare la propria superiorità civile e culturale. Ma la bomba atomica, le terrificanti armi chimiche (ancora oggi utilizzate in maniera indiscriminata e illegale da U.S.A., Russia, Israele), i missili "intelligenti" (che troppe vittime innocenti continuano a provocare), i campi di sterminio (solo per citare alcuni esempi recenti) sono una NOSTRA invenzione.
Oggi, la propaganda bellica della NATO sta illudendo gran parte della popolazione dei Paesi ad essa aderenti che la "lotta al terrorismo internazionale" è necessaria per la libertà nostra e del popolo afgano, iracheno, libico (e chissà quanti altri in futuro); ciò li autorizza a compiere stragi di civili con il solo e unico scopo di ottenere il controllo politico ed economico su quelle nazioni.
Queste convinzioni mi hanno portato a fare una riflessione sulla funzione sociale degli scrittori. Nel ’900 (soprattutto a cavallo tra le due guerre mondiali) numerosi intellettuali hanno affrontato l’argomento, dividendosi tra chi riteneva che gli artisti dovessero rimanere neutrali ed estranei rispetto agli accadimenti storici, e chi pensava che invece dovessero intervenire attivamente per contribuire al mutamento della società. Quest’ultima posizione venne sostenuta tra gli altri da Sartre, secondo il quale ogni scrittore, qualsiasi cosa faccia (quindi anche senza prendere una posizione) è coinvolto (il pensiero va alla "Canzone del Maggio" del grande Faber) e si deve sentire responsabile di quello che accade.
Quindi, il senso della poesia viene rivelato nell’ultima strofa: arroccarsi in un "tintinnante boudoir" circondati da libri, quaderni, fogli di carta, non serve a niente, perché così facendo si fa il gioco di chi ci governa con metodi autoritari. La cultura non deve consolare le persone (a questo purtroppo ci pensa già la televisione) ma deve lottare e combattere contro le ingiustizie ed i soprusi. Balzac viene citato non a caso.... ma ho già rivelato troppo.

P.S.: un sentito ringraziamento a tutta la redazione della Recherche.

 Loredana Savelli - 09/05/2011 08:54:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

La "Commedia umana" rappresentata nel suo retroscena più tragico: la guerra. Attraverso la storia e con un linguaggio immaginifico fai evincere l’ineluttabile non-senso e la tragica ottusità di certi personaggi piccoli-piccoli che mai hanno mancato, purtroppo, di lasciare la propria traccia col sangue dei morti.

"Il vento ha la forma di un grosso bisonte.
Le ossa dei crani sono cocci di vita morente
distribuiti dentro sacche ben nascoste."

Bei versi davvero.

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