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al testo di Simonetta Sambiase
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Una lastra. Se non ti avessi visto con questi occhi bicicletta innamorato girare con il suo peso al contrario a sorriderti senza affanno, e girare ancora, avrei dato la metrica del bugiardo a chi veniva a parlarmi ancora di te. Disanestesia, mi spezza il fiato e il ritorno dall'ultima pagina della fiaba è una strada ferita di lupi chiodati assai lunga, con gradini instabili. e pozzanghere di pensieri vortici. Combaciamo, mi potresti ancora piegare, nell'unico corpo che siamo stati, perlustrarmi con un peccato robusto riversare l'inclinazione del mio angolo giro, mentre ti trascino in una provocazione, ti circondo, mi circondi e mi chiami castigo di Dio. Ma Dio non punisce le acque inaridite, e ti racconto storie d'insonne e fulmini nei capogiri (perché non ho portato una bottiglia di bianco?) Troppo lavoro. Un nuovo soprannome, una quiete così fredda e m'involvo in un assolo una lógica mente che mi investe e mi spacca a terra una copia doppia, elusa, abbandonata, svergognata. mentre una giovane figlia femmina ti saluta afroditica tra i cespugli infestati dalle coccinelle che ho dimenticato di potare. |
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