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al testo di Giorgio Mancinelli
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“Ricami dalle frane” una silloge poetica di Antonio Spagnuolo – Oédipus 2021. Illusione. “Anche gli umori più terreni hanno un primitivo mitigare furie. Non saprò mai chi sono adesso lacerando il tessuto che mi imbriglia tra i consueti angoli di mura. Preferisco i golfi, le serpentine, il tocco fragili quando le labbra squarciano le ombre, nell’infinito adagio delle notti. Il vello d’oro offriva le vertigini accendendo il fantasma dell’inconscio ove l’ombra tratteggia figure lontane e svanisce l’illusione quotidiana…” Accade che la ‘poesia’, come del resto in ‘musica’, ritrovi nell’incarnato delle sue possibilità l’aspetto del residuale, o come si vuole, della resilienza, cioè quell’adattamento al cambiamento che, inesorabile, abbatte le mode del linguaggio e le speculazioni filosofiche, spesso ostentate sul nulla. Siamo qui di fronte a una sorta di concretezza affabulatrice ricolma di esperienze culturali e poetiche di indubbio spessore letterario che, nondimeno di un investimento di benevolenza, conduce il poeta all’interno del proprio labirinto personale, per quanto sembri senza soluzione di continuità… Identità. “Ho perso la mia identità nel fremito ininterrotto dei fantasmi per altre dimensioni, le armonie di un solfeggio che incastra le memorie e mi coinvolge nei ritmi indecisi. Ho giocato al travestimento della memoria! Prima che il giorno si chiuda nel buio si miscela il vortice delle emozioni che sospendono incanti. L’inganno ancora è folgorazione in questo urgente intrigo di contrapposizioni, naufragio che sfuma a fendere il silenzio.” Un po’ come se nell’esprimersi – scrive Eugenio Montale – “…manca ancora il silenzio nella mia vita”; quel riflesso inorganico e transitorio che restituisce l’esatta misura dell’incesto mentale, del vuoto edonistico filtrato attraverso il concetto d’una assenza iperrealista applicata a una trama che, altresì, si evince nel tessuto narrativo d’insieme… Schianto. “Laddove una volta c’erano le foglie ancora verdi io poggio il dito / e strappo le spine accompagnato al ritmo del carillon che gira inesorabile. / La vita stessa è un rito sempre eguale che insegue petali senza una cadenza, / nell’incanto della gioventù sfumata in un momento e nell’illusione che tutto sia infinito.” […] Sì che gli occhi del poeta stentano nel buio dei giorni a venire, a ritrovarsi nel meditare sulle proprie ceneri, e/o come in questo caso, ‘sulle frane’ di un’esistenza avita, benché intensamente vissuta, per certi versi incredulo e frastornato dagli eventi, nel rimpianto di un ‘paradiso perduto’ a causa dell’intensità del proprio vivere mutato, nell’illusione di una promessa di eternità che non gli era data. Così come delle possibili prospettive e la profondità degli intenti portati a conclusione, le cui vedute hanno certamente aggiunto valore alle personali esperienze dell’autore, aprendogli le porte ad una lucida sensibilità emozionale … […] “Null’altro che illusioni aggrappate ad un sogno / rimasto indiscreto. / Lo spazio che le dita riuscivano a comporre / sgualciva l’orlo dei quaderni segreti. / […] Ecco i miei sogni radunati alla sera / pronti a sconvolgere il vuoto / […] pronti a rigare i margini del cielo / con le vocali di fuoco che disgregano il senso.” Una prima porta è certamente quella della condivisione tranquilla e silenziosa con gli altri, cui Antonio Spagnuolo rivolge questa sua silloge, fino a questo momento inedita. Un’altra è quella che solleva il velo dell’intimità, la sola capace di modificare il senso del tempo, così come lo spazio neutro dell’ascolto, che s’inoltra per le strade inusitate dell’inconscio, solitamente non pensate, e che trovano nell’ ‘amore’ la sola ragione d’essere presente e partecipe del suo essere… […] “Torno a correre e ripenso a quella frase che incidesti nel tronco / quale promessa di un luogo solo nostro. / Essa salva e conserva le memorie nella estrema luce di un riflesso / che non sarà previsto cambiare tra le ombre della malinconia. / Nascondo allora l’essenza di un profumo che tagliava la pelle / e ti rendeva immortale.” Benché qui ci si occupi della sua più recente pubblicazione, nulla toglie di cogliere certe sfumature di ritorno della sua essenza poetica, cioè di quelle “cose che non sono mai, ma che pure fanno parte del substrato d’ognuno”; di quel rincorrersi fra le parole, sia dei ‘segni’ come delle ‘allocuzioni’ nel linguaggio scrittorio; sia dei ‘gesti’ come delle ‘espressioni’ insite nei segreti del suo lessico verbale, qui raccolti nella chiusa significativa dal titolo “Ultimo Registro”: quasi una ‘summa’ per un’opera carente di prologo e/o di un plausibile epilogo, sostituiti da partiture che pure rendono possibile la compenetrazione d’insieme… “Anche l’oblio è stralcio di memoria / altro versante che cancella colori, / solitudini e canti misteriosi, tra forme vaghe e luminose…” Non è a caso – scrive l’amico Flavio Ermini – che dall’erranza di costrutti intuitivi, che solo il lettore attento in qualche caso può riuscire a cogliere, non si giunga in poesia a compenetrare l’essenza delle cose: “… errante è la parola poetica che si cala nell’abisso dei colori, cercando la via più breve che porta all’uno.”… “Ho lacerato la carne stringendo fra le labbra il non senso della mia illusione. / Quel voler procedere a memoria aspettando i riflessi sanguinanti avvolti nel canto / inesauribile dei colori, del vero vuoto che vuole divenire verso.” [] […] “Ora un salto mi allontana dall’incendio / di speranze disconnesse: / tra le fragili dita disegno forme nuove del dissidio.” […] “Gli occhi al cielo distratto, quasi per lontananze / ha il pensiero di ghiacci e nell’azzurro / compone il sussurro di abbandoni. / Ora il mio urlo lo raggiunge e inganna / l’attesa di un racconto nuovo.” Ciò che accade nei ‘ricami’ poetici di Antonio Spagnuolo, in quanto riflessioni che lo hanno portato dalla rimembranza delle ‘frane’ alla rinascenza dei suoi ultimi ‘florilegi’ lirico-poetici, con la creazione di spazi esclusivi riservati alla poesia e alla saggistica di ‘prospettive’ e ‘rassegne’ dedicate: sia con la produzione di riviste letterarie ad ampio spettro; sia in campo pittorico con opere destinate alla ‘poesia visiva’, delle quali l’autore vanta numerosi riconoscimenti e premi. Note. Tutti i corsivi sono di Antonio Spagnuolo, tratti dalle ‘poesie’ edite nel volume “Ricami dalle frane” – Oédipus 2021. La citazione afferente ad Eugenio Montale è tratta da “Prose e racconti” – Mondadori 1984. La citazione afferente a Flavio Ermini è tratta da Margherita Orsino “La traversata infinita” – Anterem Edizioni 2019. L’Autore. Antonio Spagnuolo (Napoli, 1931), poeta e saggista, redattore di periodici e riviste letterarie, fondatore e direttore del mensile “Prospettive culturali”. Presente in mostre di ‘poesia’ e ‘poesia visiva’ è attualmente inserito in antologie nazionali e internazionali. Alcune delle sue opere sono state tradotte in diverse lingue: francese, inglese, greco, spagnolo, arabo e turco, inoltre ad aver ricevuti numerosi riconoscimenti. Tra le recenti pubblicazioni: “Non ritorni” (Robin 2016); “Sospensioni” (Eureka 2016); “Svestire le memorie” (Fondi 2018), “Polveri nell’ombra” (Oédipus 2019). |
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