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Tecniche di brain imaging e coscienza

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Guido Brunetti

Tecniche di "brain imaging" e coscienza

 

Lo studio della mente e della coscienza come argomento di indagine scientifica nasce con lo sviluppo delle tecniche di "brain imaging", le quali ci danno la possibilità di "visualizzare" il cervello in azione. Queste metodiche, come precisa Christof Koch nel suo libro " Splendori e miserie del cervello" (Codice edizioni) rappresentano "una svolta" nelle ricerche sul cervello e la mente.

 

Nel 1990, il cranio è diventato trasparente a seguito dell'invenzione della risonanza magnetica funzionale (fMRI) ad opera dello studioso giapponese Seiji Ogana, una tecnica potente e innocua, la quale ci permette di visualizzare l'attività dell'intero cervello. E' il perfezionamento dell'elettroencefalografia (EEG), la vecchia registrazione delle onde del cervello inventata negli anni Trenta del secolo scorso.

 

Negli anni Sessanta è stata poi elaborata una tecnica ancora migliore, la magnetoencefalografia (MEG). Con queste tecniche, oggi possiamo tracciare l'intera sequenza dell'attivazione del cervello e aprire una nuova finestra sulla mente. Grazie alla loro scoperta, possiamo dire che il mistero della mente è stato "violato", poiché fRMI, PET e Meg ci forniscono un'immagine sempre più nitida e dettagliata della struttura e del funzionamento del cervello nell'esercizio delle sue funzioni.

 

La mente è una sfida alla concezione scientifica del mondo,  Senza la mente- scrive Christof Koch nel suo volume "Una coscienza" (Codice Edizioni)- "non esiste nulla". Agiamo e ci muoviamo, vediamo e udiamo, amiamo e odiamo, sperimentiamo il nostro corpo e il mondo attraverso le nostre esperienze, i nostri pensieri e i nostri ricordi.

 

Resta ancora un mistero come avvenga tutto ciò, cioè come il cervello produca stati soggettivi, gioia e dolori, splendori e miserie.

E' l'antico problema del rapporto cervello-mente.

Cervello e mente compaiono insieme, ma non sappiamo perché. E' quello che un autorevole scienziato, Chalmers, ha definito "l'arduo problema". Molti studiosi considerano "insolubile" questo divario tra cervello e mente. Sta di fatto che la scienza rimane l'unico metodo affidabile per comprendere la realtà, anche se la scienza non è immune dall'errore: è irta di conclusioni erronee, di frodi, di lotte di potere e di capricci umani.

 

Non sappiamo per quale ragione esista la mente, né sappiamo di che cosa sia fatta.

 

Punto di partenza di qualsiasi ricerca sulle basi neurobiologiche della mente e della coscienza è il cervello. Capire come nascono i nostri stati soggettivi, le esperienze coscienti, i "qualia" dei neuroscienziati, ossia la rossità del rosso, il colore giallo, il dolore a una mano, un odore o un ricordo è il primo

passo per la comprensione del rapporto mente-cervello.

 

Sono state attribuite al cervello molte funzioni. La sua funzione fondamentale, secondo Zeki, è la ricerca della conoscenza, ossia la formulazione di concetti, idee e pensieri. E' un'operazione che il cervello esegue fin dalla nascita e in pratica su ogni cosa in cui si imbatte. Questa capacità è resa possibile da "una macchina neurologica di complessità immensa".

 

Lo splendore del cervello è quello di "generare" moltissimi concetti e infondere significato al mondo. Il cervello produce anche indicibili sofferenze. E' la finitezza dell'uomo, il disagio esistenziale e l'impossibilità di trovare una soluzione. Sembra che l'umanità sia condannata per sempre a non trovare una felicità adeguata.

 

Lo splendore del cervello tuttavia consiste nel trasformare il malessere esistenziale in imprese creative: nelle opere d'arte, nella letteratura, nella musica. La creatività vale anche per i bambini. Essa è attributo di ogni cervello. E' la strategia del cervello per supplire ai propri limiti e alle proprie miserie.

 

Abbiamo parlato di stati soggettivi della coscienza. Qual è allora la funzione della coscienza? Questa può essere definita come "la vita mentale interiore". Coscienza è ciò che c'è quando si prova qualcosa. Si ritiene al riguardo che molti animali, soprattutto i mammiferi, posiedano alcuni connotati della coscienza: essi vedono, percepiscono gli odori, sperimentano il dolore, la sofferenza, la gioia e la realtà.

 

Oggi, la posizione scientifica dominante è il "fisicalismo", una teoria che sostiene che tutto è "riducibile" alla fisica, alla materia. Dio e l'anima di Platone, Socrate e di tutta una lunga tradizione filosofica sono stati estromessi per sempre dal discorso razionale e scientifico. D'accordo con altri autorevoli neuroscienziati, riteniamo che questa concezione sia troppo "limitata" per spiegare l'origine della mente. La mente, gli stati soggettivi coscienti sono "distinti" dalla realtà fisica. L'esperienza della gioia o della tristezza è qualitativamente "differente" dai neuroni o dalle sinapsi. E' una concezione rozzamente materialistica. Concludiamo, affermando che l'identità tra cervello e mente  non è dimostrabile scientificamente.

 

 

 

 

 

 

 guido brunetti - 16/07/2022 15:39:00 [ leggi altri commenti di guido brunetti » ]


Ho letto l’ottimo commento di Cristina Bizzarri al mio saggio "Tecniche di brain imaging e coscienza".
Per i neuroscienziati, la grande sfida è quella di comprendere la natura del cervello e della mente. E’ il problema dei problemi.
Nell’ambito di questa ricerca scientifica, cerchiamo di tenere presente la dimensione dello spirito come realtà profonda ed essenziale dell’essere umano. Lo spirito costituisce tutta intera l’anima "pensante", che è poi la dimensione della coscienza.

Secondo la grande tradizione filosofica, che parte soprattutto da Socrate e Platone e prosegue con Cartesio ed Hegel, conoscenza dell’anima e conoscenza dell’Assoluto (Dio) sono legate e non è possibile l’una senza l’altro.

 cristina bizzarri - 14/07/2022 12:22:00 [ leggi altri commenti di cristina bizzarri » ]

Interessante articolo. Leggendolo non posso non provare ammirazione per la scienza e gli scienziati. Possediamo, grazie al cervello, e abbiamo costruito nei millenni, strumenti che ci permettono di vivere, sopravvivere, migliorare la nostra salute, prolungare la durata della nostra vita, distruggere e creare, e molto altro ancora.
Ma, come dice bene Wittgenstein, di certe cose non si può parlare. È quello che in particolare la filosofia indiana ci insegna con il concetto di Brahman, o - così mi sembra - Gesù quando parla del "Padre" che nessuno ha mai conosciuto o può conoscere se non nell’amore, questa energia - di nuovo misteriosa - "che muove il cielo e l’altre stelle". Chissà se la nostra coscienza, dopo la nostra morte, continuerà, in qualche modo a noi finora sconosciuto e per noi ora inimmaginabile, a vivere una sua vita, o ad essere immersa in una impensabile onnicomprensiva coscienza ... o ... chissà. Io spero di sì, mi piace pensare che le parole di Gesù (quello che è stato trascritto e forse in molte parti dai copisti anche trasformato) o quelle del Budda, o dei mistici di ogni epoca e luogo, o di molti filosofi e scienziati - e di tutti lo spirito che le anima - siano un possibile percorso verso un Tutto che, ora, non ci è dato conoscere. Siamo immersi nel mistero, pur con tutte le meraviglie che la scienza non smette di donarci.

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