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al testo di Gil
Lul
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Lo avremmo chiamato per il nome che portava lo avremmo seguito nell'ignoranza degli odori segugi animali assoggettati alla legge dell'istinto. Fu percosso lungo la cordonatura per la durata del tempo un sibilo come di vento sembrava alitasse dagli occhi aveva mani ferite e sangue alle tempie per il troppo desiderio di vita. Ai nani rivolse la sua ultima orazione, sulla luce di un sole morente si appese con il collo rivolto verso il nord, celebrando così l'untima rotta quando toccando le corde di un'ukulele ebbe il suo primo satori calpestando il rivolo d'un piscio di cane, come lui randagio.
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