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al testo di Gil
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La temperie di millenni squarcia il mio destino abissi di voci risalgono da immense profondità avverto echi di ossa di volti rivolti al sole atterriti dalla notte nelle sue indecifrabili oscurità figli di un tempo minore come giacimenti di buio macera la carne una terra primordiale di ancestrali memorie quando il nome non aveva che un suono di lacrima senza voce di là di questa luce una cavità innumerica si acquieta il respiro del dormiente oltre la forma mani e piedi come rami secchi tagliati occhi incortecciati e feriti fino alla resina. |
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