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al testo di Gil
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Vieni tra i miei seni e non guardare la loro età.
Le mie rughe sono righi di scrittura, la partitura di note composta dalla vita, accordi e disaccordi di una continua disarmonia di voci, la forza del destino, l'impetuoso vento del tempo che lascia i suoi segni sui miei glutei che un tempo con orgoglio mi guardavi come si guarda una terra all'atto di proprietà.
Vieni ora a dirmi coi tuoi occhi la tenerezza di un desiderio se rimasto vergine, l'incombusto rovo dell'ardore che precede la parola e le sopravvive.
Nel lamento della mia carne vieni ancora a spegnere la tua arsura di segni che mi dicano ancora - che ti dicano ancora - se vera fu la radice di quel ramo ora spoglio che ancora chiamiamo amore.
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