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al testo di Gil
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La casa dei morti io abito la memoria dei padri il respiro dei seni materni. Bambino non avevo timore del buio mi avvolgeva come una coperta di giochi poi presto divenne carezza di donne fantasie inseguite in un reale più altrove del tocco regale di una mano, che sovrana si sceglieva ogni volta il finale. Venne ancora al seguire dei sogni la notte incanto e promessa di ubriachi, selvaggia scrittura in assenza di voci, di righe rubate e mandate a memoria. Ora coincide col buio il pensiero e non trova percorsi di luce la stasi questo restare raccolti in uno scorcio di tempo un frammento disposto a tracciato di segni.
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