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Poesia della settimana

Questa poesia č proposta dal 29/03/2021 12:00:00
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Schiuma di quanti

di Durs Grünbein (Biografia/notizie)

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Astronaut im Oktober

 

Er war weit draußen, wochenlang im Schwerelosen,

Wo er nicht heimisch wurde zwischen Kabeln und Modulen.

Hamster im Laufrad auf milliardenteurer Raumstation,

Trieb ihn ein Wort nur um: Mission, Mission.

 

Nun kehrt er wieder in die Welt, so wie sie ist. Verlebt,

Und kein Stück besser als die Welt, die er verließ.

Ein Riesenabflußloch für jede Form von Wissen, Güte,

Ein Krisenherd mit fünf ungleichen Kontinenten, Inseln

In einem Meer, das sich nicht schert um Festlandsleben.

 

Im Nacken sitzt ihm noch die Leere dieser kalten Räume –

Da wärmt ihn ein Oktobertag. Er fühlt sich frei, erleichtert

Hier unten vor dem Rechenzentrum, bei den Teleskopen.

Er nimmt den Weg nach Hause, nimmt ihn querfeldein.

 

 

 

Transparenz in Blau

 

Das ist die Stadt: ein Inventar unserer Tage,

Der Ort, wo die Toten die Lebenden streifen,

Nicht nur in Friedhofsnähe, nein überall,

Wo Mieter sich folgen in wohnlicher Enge.

 

Dies sind die Wege, zu Fuß ausgemessen,

So oft, daß man sie blind noch gehen könnte –

Ein Traumspiel, das schon die Kinder mögen.

Löwenzahn kämpft da mit Staub und Regen,

Klee schluckt die Gase am Straßenrand.

Sieh nur das Kleeblatt: unter Tarnfarben grün.

 

Solange die Augen übergehen, glaubt keiner

An Leere, die uns sicherer ist als das Amen,

Das unter Kuppeln und Kirchenbänken verhallt.

Unfaßbar die Leere, du findest sie überall.

Vorläufig ist sie, aus Glas, dort die Häuserflucht.

 

Sieh nur den Kiosk, die Menschheit abgedichtet –

Zumindest für heute. Alles ist gut, sie klagen …

Und vergessen dabei, wie durchsichtig sie sind

Einer dem andern und alle zusammen der Zeit.

 

Fang jetzt schon an zu trainieren. Üb dich

In Abwesenheit. Dieser physischen Welt

Wird nichts fehlen, wenn bis zum letzten Atom

Luft bezeugt, was du immer schon warst: Luft.

 

 

 

»L’origine du monde«

 

Und beinah wär sie nie gekommen. Die so sehr Gewoll

Lag einfach da, ein Häuflein Elend, stumm und bläulichrot.

Der Kopf nach vorn gesunken und der Körper eingerollt,

So hielt sie ihre letzte Position noch: der fötale Co-Pilor.

Sie wollte nicht. Sie konnte nicht. Sie hatte resigniert,

Kaum draußen dort auf der lysolgetränkten Landebahn,

Am Fuß der Welt, die spiegelglatt war, blutverschmiert.

Geräte summten in der Praxisstille. Alles hielt den Atem an,

 

Als wär die Luft zu knapp für sie, die atmen mußte.

Da packten sie sie, schlugen sie, die wie ein Huhn kopfunter

An den verkrümmten Füßen hing. Doch nichts geschah.

Diktat der Wut: Wenn sie nicht lebt, ist alles Leben Plunder.

Dann war sie fort. Und wie ein Funke schlug ins Unbewußte

Ein Schrei im Nebenzimmer zur Entwarnung: Ich bin da.

 

 

 

Traduzione di Anna Maria Carpi

 

 

 

Astronauta in ottobre

 

Era fuori, lontano, da settimane senza gravità,

tuttora straniero fra moduli e cavi.

Un criceto in rotta su una stazione spaziale miliardaria,

una parola sola lo tiene in moto: missione, missione.

 

Ora rientra nel mondo così com’è. Vissuto,

e in niente meglio di quando l’ha lasciato.

Un’immane discarica per ogni forma di sapere,

un focolaio di crisi con cinque continenti diversi, isole

in un mare che se ne frega della terraferma.

 

Nel cranio ancora il vuoto di questi freddi spazi –

ma un giorno d’ottobre lo riscalda. Si sente libero, più leggero

quaggiù al centro di calcolo, fra i telescopi.

E prende la strada di casa, attraverso i campi.

 

 

 

Trasparenza in azzurro

 

Questa è la città: un inventario dei nostri giorni,

il luogo dove i morti sfiorano i vivi,

non solo nei pressi dei cimiteri, no, ovunque

dove gli inquilini stanno stretti fra loro.

 

Queste sono le strade, misurate a piedi,

tante volte che si potrebbe avanzare alla cieca –

si gioca al sogno come piace ai bimbi.

Il dente di leone combatte con la pioggia e la polvere,

il trifoglio ingoia i gas sul bordo della strada.

Basta che guardi il trifoglio: un verde mascherato.

 

Finché gli occhi procedono, nessuno crede

al vuoto, per noi più sicuro di ogni amen

che echeggia sotto cupole e banchi di chiesa,

inafferrabile il vuoto, lo trovi dappertutto.

Momentaneo, di vetro, là già una fuga di case.

 

Guarda solo il chiosco, pieno zeppo di umanità –

almeno per oggi. Tutto bene, lamentano…

e dimenticano come sono trasparenti

uno per l’altro e tutti quanti per il tempo.

 

Comincia subito a far esercizio. Esercitati

nell’assenza. A questo mondo fisico

nulla mancherà finché sino all’ultimo atomo

l’aria attesta ciò che sei sempre stato: aria.

 

 

 

«L’origine del mondo»

 

Per poco non sarebbe mai venuta. La voluta tanto

era lì, un misero mucchietto, rossoblù e senza voce.

Il capo molle in avanti, il corpo accartocciato,

manteneva l’ultima posizione, la copilota fetale.

Non voleva. E non poteva. Si era rassegnata,

appena fuori, pista d’atterraggio intrisa di lisolo,

giú ai piedi del mondo, un liscio specchio sporco di sangue.

Silenzio in ambulatorio, fruscio di strumenti, tenevano tutti il respiro

 

quasi mancasse l’aria – a lei che doveva respirare.

Ed ecco l’afferrarono, la percossero così appesa come un pollo

a capo in giù, ai piedi rattrappiti. Ma non successe niente.

La rabbia che ti detta: Se lei non vive, la vita mi fa schifo.

E poi non c’era più. Ma come una scintilla nell’inconscio irruppe

un grido nella stanza accanto, di cessato allarme: sono qui.

 

 

[ da Schiuma di quanti, di Durs Grünbein, Einaudi, traduzione di Anna Maria Carpi. Le poesie qui proposte sono tratte dalla sezione “Colosso nella nebia”, Koloss im Nebel, 2012 ]

 

 


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