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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Commento sul libro

Leggendo i primi versi di questa raccolta poetica si delinea l’idea di essere di fronte ad un poeta di notevole maturità formale. Si procede nella lettura soltanto mantenendo la concentrazione che si addice alla più complessa poetica. Le sue poesie non peccano certo di immediatezza e anzi sono molto elaborate e lavorate di cesello fin nei minimi particolari, nessuna parola è lasciata a se stessa, ma tutte incastonate le une nelle altre generano una vera e propria geografia di stile fatta di descrizioni attente di luoghi, di azioni, di finalità e motivi delle azioni. Cose e oggetti, nel mondo poetico di Stefanoni, sembrano assumere la loro realtà e verità dagli attributi che esse possiedono, dai quali sono scolpite e rese reali, non sembrano cioè avere una realtà oggettiva al di là del fenomeno, nel senso kantiano, che le manifesta: “Il colore placa la figura, / ne motiva il tratto, domina l’affanno. // Incalza, nel ritorno caldo del segno / e vaga, compiuto, mutato elemento. // Qui ha gioco la bellezza. / Diventa acqua, circolo, / corrente che all’occhio semina. // Come palla lanciata, come arancia, / passando, perché deve passare. / Con ali che sappiamo”. Vi è, in questa scrittura, un naturalismo singolare, insistente, il poeta ha cento occhi ed effettua attente panoramiche degli spazi che lo circondano: “[…] / Così noi variamo e gemiamo // l’uno all’altro lo stesso specchiare, reali sotto un cielo reale, / in accompagnamento a quel che pare un lamento // semplicemente solo un segnale, / un’attesa in sommovimento / dal cui dorso cade la pioggia”.