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Il tempo ormai breve

Poesia

Franco Marcoaldi (Biografia)
Einaudi

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 04/09/2008 20:20:00

Franco Marcoaldi tratta il tema del tempo. Impresa alquanto ardua riuscire a farlo senza banalizzare i contenuti dei testi. Indubbiamente il tempo ha molte sfaccettature e angolazioni dalle quali può essere trattato: v’è un tempo psicologico, uno fisico, uno spirituale, uno biologico, eccetera. Tali punti di vista sul tempo hanno tra loro delle sfasature, non sempre coincidono, e danno modo al tempo di manifestarsi in una varietà multiforme di possibilità e percezioni: Marcoaldi è riuscito a delineare proprio la natura variabile e variegata del tempo e a porsi come osservatore e interprete delle istanze esistenziali di gran parte dell’umanità.
Il tempo pare non esistere, almeno nel senso di tempo che scorre come, metaforicamente, l’acqua di un fiume, ma semmai esso sembra nascere dalla interpretazione mentale di processi che hanno origine nel vivo della natura delle cose, le quali sottostanno a leggi evolutive ben definite di maggiore probabilità di accadimento, siano esse leggi sociali, umane o fisiche. In sostanza è la mente che registra e interpreta come uno scorrere quello che in realtà è un evolvere: “[…] // La sola, reale misura del tempo, / affonda in una cripta profonda dell’io: / a suo imprevedibile gusto / questa misteriosa potenza / solleva il passato, anticipa il nuovo, / sconquassa il presente. E la mente? / La mente registra – turbata e impotente.”
Nel libro v’è una mestizia di fondo che nasce dalla coscienza di un tempo insondabile nella sua ampiezza, da cui il tentativo di cogliere appieno i frutti dell’esistenza, prima che degeneri nel nulla. Il “carpe diem” è d’obbligo in una visione esistenziale che si tira fuori dalla speranza dell’eternità propria della fede cristiana. A differenza di San Paolo, che invita, nella Prima lettera ai Corinzi, a comportarsi come se il mondo futuro ed eterno fosse già presente “Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; […]”, Marcoaldi, posto fuori dalla credenza cristiana della resurrezione, trova invece, nella medesima attenzione al tempo breve della vita, l’anelito ad amare “con struggente attaccamento / il palpitante, momentaneo resto.”
“Si tratta di tornare da luoghi / dove mai siamo arrivati. Di pensare / pensieri così a lungo sopiti / da essersi ormai inabissati. / […] / Di cominciare a vivere, / ecco di cosa si tratta.”
Ma la speranza di scampare alla morte rimane sempre accesa e, pur discosto dalla fede, trova una possibile soluzione alla morte con le stesse modalità della fede cristiana, l’amore: “Che dici? Se ti abbraccio forte / forte, ho qualche chance in più / di scampare dalla morte?”. Il poeta è come se corresse su un binario parallelo e guardasse i gesti di coloro che stanno nel treno dell’eternità e provasse a tirarne fuori una tutta personale partitura esistenziale per squarciare quel velo sull’eternità.

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