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In stato di minima coscienza

Biografia

Luca Soldati
Luce Edizioni

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 07/12/2018 12:00:00

 

Appunti per la biografia di un professore comunista

 

Per rendere visibile e presente in ogni parola la scomparsa dei genitori, Georges Perec, nel 1969, scriveva il romanzo “La Disparition” (La scomparsa), senza fare mai cenno alla terribile tragedia che aveva vissuto. La scomparsa dei genitori durante la guerra, tuttavia, è evidenziata in ogni parola, in ogni riga, attraverso l’omissione, per tutta la lunghezza del romanzo, della lettera “e”. Ne consegue una scrittura che si adatta a un suo andamento del tutto singolare, scorre liscia e lineare ma in qualche modo pare stridere; leggendo sembra che qualcosa si debba spezzare, è un rumore di fondo che non scompare mai. In un modo che potrei definire parallelo, il protagonista di questi “appunti” che costituiscono il libro di Luca Soldati, non viene mai nominato, ecco la prima disparition, qualcosa manca, scricchiola la definizione stessa di biografia. Ma cosa, al pari di Perec, scompare? Anche in questo caso, colpevole la guerra, colpevole la follia nazista, è il padre a venire ucciso una manciata di ore prima della fine della guerra. E se Perec nel suo lipogramma sottrae, e sottrae qualcosa di fondamentale per una lingua, in particolare per quella francese, il nostro professore comunista, la cui vita è descritta negli “appunti” di Soldati, invece aggiunge, si fa contenitore vuoto per lasciarsi invadere da qualcosa che possa sostituirsi alla figura paterna mancante. E di cosa si riempie, di cosa si fa contenitore? Ancora, nel parallelo con lo scrittore francese, si fa carico di una grammatica nuova, fitta, precisa, assorbe in sé un linguaggio, che si fa pervasivo ed omnicomprensivo. È il linguaggio del sapere, la conoscenza di chi ci ha preceduto, quasi a voler ottenere una risposta, a un dolore cocente e attuale, con il sapere di coloro che sono venuti prima e meglio hanno letto l’animo e la mente umana e del mondo. Potremmo dire mille padri per cercare di comprenderne uno solo. La lettera ‘e’, che in francese regge sia padre che madre (père e mère), è come la parola che manca al padre defunto del nostro professore, cercata e anelata in milioni di parole di chi prima ha saputo dire. E l’anelito al sapere crea, inevitabilmente, una struttura nuova in chi la vive, dona una visione nitida, forse algida, fatta di logica e di intuizione. Tutto questo, unito al terribile dolore dovuto all’ingiustizia per la perdita del padre, crea un desiderio di verità, quasi di purezza, di concretezza, che genera un rifiuto per i compromessi e i mezzucci dell’uomo contemporaneo. Da qui segue il rifiuto per la religione, ma non per agnosticismo, bensì proprio per una più elevata e sublime ricerca del sacro e dello spirituale. Rifiuto che si attua anche nei confronti della politica, primo grande amore del professore, che non a caso viene definito comunista già in copertina, ma che non riesce ad essere pura e assoluta, come puro e assoluto è l’amore verso il padre ucciso, e che la mancanza di rigore politico renderebbe un cadavere caduto invano, in primis, e segnerebbe il tradimento verso chi si è speso sino all’estremo sacrificio per il raggiungimento dell’ideale. Così anche la vita politica, alla fine, gli è impraticabile. Non resta che l’amore per i cari, la madre sopravvissuta al marito, in una vita di stenti e privazioni, i parenti e le amatissime figlie in cui si riversa tutta la mancanza del padre. Non entro nelle vicende narrate dal libro ma voglio sottolineare, a memoria, un passo che mi ha colpito, si trova nell’ultima sezione, quella che ricostruisce un dialogo fra il professore e Luca Soldati, l’autore del libro. Il professore, in una riflessione sul suo rapporto con le figlie, alle quali, usando una espressione che potrebbe apparire stereotipata, ma non lo è in questo caso, in alcune frasi di una purezza indimenticabile, dice che nulla in realtà ha fatto per le figlie se paragonato al suo di padre, che ha donato la vita per assicurare al figlio una società più giusta e libera. Credo che questa riflessione sia uno dei cardini della biografia, riesce a gettare una luce inestinguibile su di un’esistenza.

Leggendo dei primi tumultuosi giorni in cui iniziò gli studi presso dei collegi ecclesiastici, in cui si nutrì di sapere ma vide l’enorme abominio perpetrato dalla chiesa nei confronti dei poveri e oppressi, spesso mi è riecheggiata nella mente la frase attribuita a Goethe: “Più luce, padre.” E così, anche per il professore, cui i sacerdoti cercavano di inculcare riti e precetti, il nostro eroe chiedeva “più luce”: più sapere, più aria di libertà, più luminosità di vedute. E volteggiando sui parallelismi è forse anche quello che ha sempre chiesto al padre defunto: più luce, più giustizia, più democrazia, un faro che, effettivamente, lo ha guidato per tutto l’arco temporale della sua esistenza e grazie all’amore di Luca Soldati non si spegne, né nell’urna delle ceneri, né nelle pagine di questo libro, ma riverbera sulle vite di chi lo ha conosciuto e amato come insegnante, come guida e come amico. Segno che se vi è una luce non basta l’orrore a spegnerla, ma illumina le menti anche in questi nostri giorni di lunghe ombre scure che avanzano.

Concludo questi miei appunti di lettura, che sono molto più tali della biografia che modestamente l’autore definisce “appunti per la biografia”, ma hanno più l’aria dell’opera completa e compiuta. Forse non è una biografia in senso stretto, ma è sicuramente una bella lettura. L’autore conduce il lettore sulle tracce di una esistenza con mano salda e accenti eleganti, una lingua precisa e stabile, con venature di eleganza classica e dotta che immagino ben rappresenti il discorrere del professore.

 


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