Può un romanzo scegliere e proporre come mappa di orientamento l’erotismo? Può una tale mappa essere quella più attendibile per capire l’esistenza e trovare la propria identità, non solo sessuale, ma civile e morale? Se vi sono dubbi in merito a ciò, basterà leggere il recente romanzo di Giuliano Brenna che si offre al lettore in tutta la sua spudorata e sorridente franchezza, raccontando una storia giovanile, leggera e appassionata, con quel tanto di suggestiva patina antica che le viene dal passato, per di più da un passato ottocentesco.
Ambientata nella contea di Dorset, in Inghilterra, nel contesto di un affascinante paesaggio di boschi e colline, che circondano sontuose dimore nobiliari, si svolge la storia del protagonista, Briscoe Hall, poco più che ventenne, negli anni del puritanesimo vittoriano che alimentava la vita e la condizione di ogni famiglia inglese. Il giovane, alla ricerca di una sua autonomia e indipendenza dal nucleo familiare d’origine, compirà un vero e proprio cammino di formazione, al termine del quale non soltanto scoprirà e troverà se stesso, ma incontrerà l’amore.
Muovendosi in una società e in una realtà dove vige una profonda differenza di classe, tra ricchi e poveri e tra padroni e servi, molto spesso esperimenterà a sue spese l’autoritarismo dei forti sui deboli, esercitato anche attraverso la tirannia del sesso. Ed è infatti il piacere sessuale l’asse di equilibrio, o potremmo dire il perno, intorno a cui ruota l’intera vicenda del romanzo, che viene continuamente spinta e lanciata in una dimensione erotica di climax ascendente, conducendo lo stesso lettore ad una tensione emotiva fortissima.
È in gioco un’elaborazione linguistica straordinaria che consente all’autore di gestire le dettagliate descrizioni di ogni singolo momento erotico, non soltanto con un registro di alta tonalità espressiva, ma anche con una qual certa ironia scherzosa che tende a trasformare le fasi della salita del piacere sessuale, in un orgasmo verbale che si scarica sulla parola e la allarga in campi semantici ampi e onomatopeici ( si pensi al verbo “titillare” usato frequentemente col significato di “solleticare”). Va detto, innanzi tutto, che a trionfare nelle pagine è l’omosessualità, come rapporto sentimentale più autentico, sia dal punto di vista della sensibilità, sia da quello della bellezza corporea, che viene presentata come esempio perfetto di virilità e prestanza, nel fulgore dell’età giovanile, ma che lascia un credito anche nell’età più matura, come dimostrano le storie incrociate dei personaggi: il bellissimo Briscoe, il forte e atletico Liam, il visconte Clifton, ma anche il maturo Conte, il maggiordomo Fillmore, l’esperto e rude fabbro Toby . È come se nel giro e nell’intreccio di queste vite, si realizzasse un’iniziazione continua al rito del piacere, che però include l’innamoramento e l’amore, anche se nel primo impatto di questi rapporti, potrebbe sembrare che i due elementi siano di secondaria importanza. Specialmente gli episodi che riguardano il conte e sua moglie, sono una spia per scoprire la noia e la monotonia dei normali legami matrimoniali, che attanaglia non soltanto gli uomini, ma anche le donne. In questo mondo che sembra così immutabile nella vecchia contea inglese, all’interno delle case delle migliori famiglie, apparentemente unite e felici, si consumano storie ormai trite di matrimoni, forse avvenuti per convenienza, in cui si è logorato lentamente e consunto l’amore iniziale, (se mai c’è stato) e si è giunti alla totale scomparsa del piacere dalla vita sessuale individuale. Dal che la ricerca da parte non solo degli uomini, ma anche delle donne (e con che foga da parte di quest’ultime) di nuove esperienze di piacere, nuovi giochi erotici, che valgano a riempire il vuoto della routine quotidiana.
Come non intravedere in tutto questo una sorta di denuncia del perbenismo e un capovolgimento della comune concezione del rapporto di coppia? I due personaggi femminili più esposti sono indubbiamente la moglie del Conte e la figlia Claribel, entrambe assetate di piacere, sebbene in apparenza pudiche e costumate, ed è importante la loro differenza d’età, che mette bene in risalto, come per l’appetito sessuale, non contino gli anni.
A fare da sfondo allo scorrere delle esperienze e degli incontri erotici, c’è uno scenario meraviglioso, in cui domina una natura incontaminata, attraversata da fiumi, che in alcuni momenti assumono quasi una valenza metaforica. Presso un fiume Briscoe ha ricevuto la sua prima sconfitta amorosa e presso un fiume ( il Nadder dall’acqua gelida) ritrova il suo nuovo amore. E poi vi sono le cavalcate, in mezzo alle radure e ai boschi, l’amore per i cavalli, quasi alleati dei giovani che si slanciano verso l’avvenire e la descrizione, sempre dettagliata ed elegante, di questa terra del Dorset, così lontana dai rumori della city, ma così pervasa dalle idee del vittorianesimo imperante.
Dunque, piacere, desiderio, sessualità sono le tre corde portanti del romanzo, nonché le tre coordinate di una nuova topografia esistenziale, che l’autore disegna con la sua raffinata prosa, ma che soprattutto cerca di affrancare da pregiudizi e considerazioni distorte e poi c’è la contemplazione della bellezza, non soltanto della natura ma del corpo dell’uomo, la cui rappresentazione diviene quasi michelangiolesca, man mano che il “modello” maschile, riprodotto in alcune figure, in particolare in quella di Briscoe, si afferma nella vicenda come prototipo dell’essere da desiderare e amare.
L’altra novità assoluta di questo romanzo è che l’autore nemmeno per un momento si è posto limiti morali, giudicandoli sicuramente ipocriti. Infatti mai i personaggi si lasciano guidare nelle loro scelte e nelle loro azioni da valutazione di carattere moralistico, giudicando il proprio comportamento sempre in modo naturale e umano. Mi spiego meglio: ogni atteggiamento erotico non è visto come una trasgressione o come una perversione dell’io, bensì come una spontanea risposta del corpo alle pulsioni naturali dell’uomo. Così si rivede e si corregge l’intera produzione letteraria erotica, che non può più essere considerata soltanto un divertissement, ma un codice nuovo per vivere totalmente la propria identità sessuale.
Altri grandi scrittori hanno battuto questa strada, pensiamo a Moravia che fece del sesso lo specimen per guardare all’esistenza e capire l’interiorità dell’uomo. Qui Brenna lancia la sua sfida, e lo fa in maniera scherzosa, volutamente esagerata a volte, mantenendo sempre la guardia di un regime linguistico che esige tatto e prudenza, che deve evitare eccessi e sproporzioni e ci riesce benissimo, grazie anche alla estrema raffinatezza della sua scrittura, che non scade mai nel volgare.
Una componente dell’erotismo, assai singolare, si estende sul cibo, in tutte quelle pagine che descrivono la preparazione dei pranzi all’interno delle case, soprattutto in quella del Conte. La cura con cui si parla degli alimenti, l’atmosfera degli interni delle cucine, i momenti dedicati alla cottura, o alla farcitura delle prede catturate durante la caccia, passatempo primo dei signori, sono tutti particolari che contribuiscono a diffondere sapori e odori che a chi legge pare quasi di avvertire e anche questo fa parte della sensualità e del piacere erotico, largamente diffusi nella narrazione.
Emblematico è inoltre il racconto che riguarda l’amico di Briscoe, Willy, il primo amore e la prima perdita, perché nella scelta che questo ragazzo fa, di rinunciare alla sua vera identità, per sposare una donna che non ama, in ossequio alle convenzioni sociali, c’è la condanna alla falsa moralità e la deprecazione del sacrificio della propria libertà nel rispetto di una società falsa e ipocrita.
È la libertà l’altro grande tema del romanzo, un tema serpeggiante dall’inizio alla fine, una libertà totale, che non si può affermare sul piano civile, se prima non si afferma sul piano personale e individuale, come affermazione del diritto di vivere secondo la propria natura e la propria sessualità, che è poi il diritto di essere uomini.
In definitiva il romanzo reca un suo messaggio sostanziale, che è il rispetto per l’altro, l’assoluzione piena del piacere non più considerato come un peccato, ma come veicolo naturale dell’amore e della propria individualità, è una celebrazione del corpo, non più visto come gabbia dello spirito, ma come la forma entro cui stare nel mondo, quella forma senza della quale non si può scoprire l’anima. In tal senso è illuminante l’espressione di Proust posta in esergo al libro:
Mare degli occhi navigammo nelle tue limpide acque
Il desiderio gonfiava le nostre vele rappezzate
partivamo dimentichi delle tempeste passate
sopra gli sguardi alla scoperta delle anime