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Il dolore secondo Matteo

Narrativa

Veronica Raimo
Minimum fax

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 22/10/2008 16:54:00

Matteo è un giovanotto che ha come caratteristica principale quella di non sentire o rendersi conto del dolore degli altri. Quello che egli causa o quello di cui gli altri lo vorrebbero rendere partecipe. Dopo l’università trova lavoro presso un’impresa di pompe funebri e diventa l’oggetto del desiderio del suo collega, nonché figlio dei proprietari della ditta; con questo ragazzo ha, ogni mattina, prima di iniziare il lavoro, un veloce rapporto sessuale, ma non sembrerebbe concedere altro ai desideri del ragazzo di spingere il loro rapporto verso una dinamica di coppia, probabilmente perché Matteo non è gay. Filippo, il partner, vive la sua vita in eterno conflitto col mondo circostante, e coi genitori, cercando sempre di trovare in ciò che lo circonda la scintilla per fare divampare il fuoco della ribellione o della polemica. Durante la routine del lavoro Matteo incontra Claudia, una neo orfana e promessa sposa, che si invaghisce subito di lui e cerca di trascinarlo nei suoi giochi “erotici” in cui lei ha la parte della “schiava” sottomessa. Ma Matteo, come con Filippo, non si lascia coinvolgere nel rapporto con la ragazza, osservandola freddamente mentre ella si lascia andare ad atteggiamenti masochistici da puro film di terz’ordine. In seguito alla sua frequentazione con Claudia, il rapporto con Filippo viene messo in crisi, ma Matteo non se ne preoccupa più di tanto, come non si lascia scalfire dal fatto che Claudia vuole mandare a monte il proprio imminente matrimonio perché si sente innamorata di Matteo. Naturalmente entrambi gli amanti si allontaneranno da Matteo, il quale continuerà ad avere uno stretto legame solo con la madre, e ne allaccerà uno, nuovo – prevedibilissimo – con la datrice di lavoro, nonché madre del suo ex Filippo la quale sembrerebbe far nascere in Matteo quel sentimento che lui non aveva mai provato.
Appare palesemente leggibile la traccia che dà l’ossatura alla vicenda, ovvero ognuno è fortemente innamorato dell’idea che ha dell’amore e cerca di riversarla sull’oggetto prescelto, senza considerare l’altro come una persona, ma semplicemente come il ricettacolo della propria idea di amore. Claudia crede che l’amore sia farsi legare e umiliare dal proprio uomo, e non esita a cercare di coinvolgere Matteo in questa situazione e, non essendoci riuscita col promesso sposo, lo vuole lasciare, mentre il suddetto sposo ha capito, e sa – come anche Matteo sa – che l’amore è ben altro che non un gioco di ruolo. Idem per Filippo che cerca il pretesto della relazione con Matteo per fare un torto ai genitori, senza rendersi conto che cerca la cosa più normale ed ovvia, e quando si rende conto che i genitori sarebbero ben disposti da accettare la sua relazione il suo mondo crolla ed egli fugge dalla scena e non dà più notizie di sé. In ultima analisi pare che Matteo non senta dolore, perché non c’è nulla da sentire, due soggetti di una vuotezza disarmante lo pongono al centro delle loro attenzioni morbose, e lui, semplicemente, se le lascia scivolare addosso.
La vicenda è narrata in prima persona da Matteo, sebbene in realtà scritta da una donna, e questo è il fatto che fa apparire, a tratti, lo scrivere irritante; inoltre una certa fissazione per il sesso orale in alcune pagine è francamente fuori luogo. Il parlare di rapporti sessuali di un certo tipo, delle fissazioni di Claudia, inserendoli nella cornice di un’agenzia di pompe funebri dà al romanzo un’aria analoga a quella che si respirava in certi fumetti di serie B degli anni Settanta, ma in questo caso, ciò che manca davvero, e fa soffrire certi passaggi, è un pochino di ironia; tutti si prendono terribilmente sul serio qualunque cosa facciano, anche quando la cosa è palesemente insensata. Inoltre appare leggermente strana l’immagine che l’autrice vuole dare delle donne, calandosi in un tipo di immaginario e di giudizio prettamente maschilista.

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