Pubblicato il 08/03/2015 19:16:54
Cosa c’ è oltre? Una domanda incompleta, senza possibile responso concreto. Nolan si conferma un abilissimo visionario, un vero ricercatore di molteplici risposte a quella domanda così incommensurabilmente vasta. Interstellar , ultimo film del regista britannico è la risultante di quelle risposte : Nolan non si accontenta di rispondere ad uno solo dei massimi sistemi che chiama in causa ; con la sua ultima visione (questa volta gestita al 100% da lui) egli tenta di dare riscontro a più fondamentali nodi dell’esistenza. Dopo il viaggio nei sogni con Inception , Nolan pone un altro viaggio nell’indefinito (s)conosciuto : lo spazio e il tempo. E’ doveroso , al fine di eseguire un’analisi completa, suddividere il pezzo con vari approfondimenti : Analisi Extradiegetica Si sa del Nolan poco significante ed espressivo, a favor di tecnicismi e regole di buona direzione. Un Nolan definito gande “operaio tecnico”, capace di saper mantenersi freddamente corretto e ben distante da alcuni cineasti contemporanei vistosamente più manieristi. In tale proposito Interstellar si propone come un film Nolaniano, definito da una serie precisa di elementi che lo rendono tale . Pur non peccando di maniersimo, i primi piani di steady-cam in momenti di risoluzione emotiva dei personaggi sono ormai un marchio di fabbrica del regista. Tali riprese sono usate sempre senza riserve, per fluire l’intimo legame tra un padre ed un figlia nel momento più delicato ad esempio (tra la perdita di una madre e una grossa sensibilità infervorata da una brillante intelligenza nella bambina) ; la steady di Nolan è quella più tradizionalista, con tremolii involontari, che possono suggerire – sarò accusato di dietrologia- l’inquietudine di tali rapporti , così opportunamente inquadrati. Ma se l’accusa che potrebbe venirmi rivolta rimane lecita, non dovrebbe essere ugualmente lecito il non-notare come lo stesso Nolan utilizzi in altri primi piani una camera fissa o il carrello, escludendo dunque un’improbabile casualità. Rimane lecito presumere come nei primi piani il regista si compiaccia della steady per farci captare il rapporto tra Cooper (Matthew Mcconaughey) e Murphy (Mackenzie Foy bambina, Jessica Chastain adulta). Si potrebbe recriminare Nolan come manierista, dopo Interstellar, per l’attitudine al trasporre elementi filmici fondamentali che ricorrono come flashback enunciativi ,come ad esempio la prima stretta di mano che il dott. Brand (Anne Hathaway) pone a Cooper in veste di viaggiatore dimensionale. Altri elementi ricorrenti di Nolan, o meglio , dei montaggi dei film di Nolan , sono le risoluzioni degli intrecci narrativi , sempre sequenzialmente alternati. Anche il solito terzo del film che il regista dedica sempre nell’introduzione di dettagli (da poter poi stravolgere durante lo svolgimento) , può essere considerato un aspetto di manierismo. L’assenza di audio nelle scene dello spazio aperto , in relazione alla potenza degli organi della colonna sonora sono , a mio parere, un esemplare omaggio a Kubrick. Analisi diegetica Un futuro pre-apocalittico nè consueto nè remoto, quasi contemporaneo sono narrati in Interstellar ; il pianeta è colpito da una forma di carestia che mette a rischio la sopravvivenza dell’umanità(ricordiamo la volontà maniacale di Nolan nel volere realismo in quelle tempeste di sabbia). Subito c’è la contrapposizione al tema sempre imperante nei film contemporanei : la tecnologia , qui ultra presente seppur non colonna portante degli eventi. I robot che accompagnano Cooper sono una testimonianza di uno dei messaggi che Nolan vuole profetizzare : non è la tecnologia avanzata che segnerà il destino dell’umanità. Tuttavia nel finale il robot TARS si troverà ad essere l’effettivo salvatore dell’umanità, quando comunicherà a Cooper la sequenza che poi egli invierà alla figlia. Una sorta di negazione alla predestinazione che moltissimi bio-apocalypse hanno sempre elogiato. Ma quali sono i veri azzardi compiuti da Nolan in questo film ? La stroncatura da parte della comunità scientifica riguardo le teorie di fisica quantistica, astrologia e relatività sbandierate nel film sono probabilmente non mal riposte, vista la campagna di auto-legittimazione che ha conseguito il film. Tale stroncatura da parte di molti scienziati ha riguardato anche il coinvolgimento dell’amore come forza regolatrice nell’universo. L’ormai famosa scena in cui Anne Hathaway parla dell’amore come dato attendibile per proseguire la missione. E’ questo il vero azzardo interessante di Nolan ; questa la sua vera interpretazione. Il tentativo di sconvolgere quel retaggio culturale che vede l’amore come qualcosa di completamente soggettivo e privatizzato. La troppa semplicità però, in cui Nolan chiude il ragionamento spegne quella scintilla di geniale proposta e ipotesi , che alcuni hanno paragonato al finale metafisico di 2001 : Odissea nello Spazio dell’inarrivabile Kubrick. Scardinare tutta la conoscenza , fino ai limiti dello spazio e dell’esistenza , per giustificare l’amore come forza più attendibile è veramente tuffarsi , scusate la metafora , in un buco nero privo di soluzioni adeguate. Una tesi brillante , senza però l’antitesi agognata. Tuttavia Nolan ci consegna un messaggio : alla fine sono gli umani gli artefici del proprio destino , e questo risulta quanto mai magistrale nella contemporaneità di oggi.
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