Hay almas que tienen…
Hay almas que tienen
azules luceros,
mañanas marchitas
entre hojas del tiempo,
y castos rincones
que guardan un viejo
rumor de nostalgias
y sueños.
Federico Garcia Lorca[1]
Accogliendo le suggestioni della silloge Per sempre vivi di Alessandrò Moscè è tornato nella mia mente il ricordo dei versi di Lorca: entrambi i poeti, infatti, esplorano paesaggi interiori in cui il vissuto riaffiora intrecciandosi alla realtà dei luoghi e degli affetti. Per il poeta marchigiano, in Apparizioni - prima sezione della silloge - la trasparenza dei ricordi è tale da infondere realtà e consistenza alle immagini e alle persone che non si condensano in simboli ma, piuttosto, si incarnano nel quotidiano e vivono nei gesti, nei percorsi urbani, nelle immagini istantanee che i versi di Moscè sembrano suggerirci. E’ un intreccio tra la bellezza, la storia dei luoghi, la città di Ancona, ma non solo, e qualcosa che non si è mai perso ma che vive dentro di noi in quanto è parte integrante della nostra personalità, della nostra identità: il tempo è sempre presente anche quando non è più, anche quando non è ancora. Il futuro trova la sua ragion d’essere nell’infanzia, nell’adolescenza, nelle stagioni che abbiamo attraversato insieme alle persone care che ci hanno accompagnato per mano, che sono state e che sono tutt’ora per noi punti di riferimento imprescindibili: Il filobus è passato due volte nel vortice dell’aria/ partito dalla stazione di Ancona/ con i cavi di sostegno elettrici in aria./ Nonno Ernesto era seduto in ultima fila/ leggeva il giornale senza occhiali/ i capelli tirati indietro dalla brillantina Linetti./ Nel brusio correva la vaghezza mattutina/ i bambini indossavano il montgomery con gli (alamari./ Tutte le voci erano un acuto, una canzonetta da (orchestrali/ mentre Federico Fellini rideva nell’aria opalina. (pag. 11).
Nella seconda sezione - Sogni - il profumo del mare (Adriatico) riempie le pagine e entra furtivamente nelle stanze-ricordi della casa natale svelando segreti amorosi e sussulti improvvisi al pensiero della squadra del cuore in azione in campo; dei viaggi in automobile in Umbria verso mete sicure in compagnia di cari parenti: il nonno, la zia e il respiro di storie profumate di tiglio. All’epoca non si presentiva la chiusura del Covid-19: era del tutto impensabile l’idea di dover rimanere confinati nello spazio di un balcone per poter respirare; tutto si accendeva di magia, come nei racconti di Borges, dove non esiste il confine tra sogno e realtà: tra possibile e impossibile. L’unico discrimine era la differenza tra giorni feriali e festivi. Rivivono i morti, nei versi di Moscè, e il poeta li abbraccia con lo sguardo e dialoga con loro in unacorrispondenza d’amorosi sensi che vince il tempo e lo buca riempiendo la città e le fermate degli autobus di presenze amiche e rassicuranti che ci ricordano chi siamo, chi siamo stati, cosa saremo. Segue, poi, la sezione Silenzi in cui le storie personali si mutano in velieri dell’inesprimibile uscendo dal chiuso dei ricordi e invadendo le pagine, la vita dell’autore e, contemporaneamente, del lettore che, a sua insaputa, si ritrova coinvolto nel giaciglio del mare con le torce in mano (pag. 79). Non è una dimensione aliena, non è un video-gioco bensì la parola poetica, il ritmo pacato dei versi, la fluidità delle immagini che ci conduce in un viaggio in cui è possibile incontrare le anime e non le cose: le persone e non i centri commerciali. I luoghi sono abitati e non, semplicemente, riempiti; anche I cimiteri di campagna sono più accoglienti./ Discreti anche con i visitatori notturni/ che sentono gli antichi rumori/ i canti stonati della valle./ Il tremore dei lumini non si spegne mai/ si ravviva con la pioggia. (pag.89).
In dialoghi con mio padre - quarta sezione – la prosa sembra rubare spazio alla poesia ma si tratta di brevi dialoghi tra Moscè e il padre, appunto, che gli racconta del suo trapasso e di come viva ora in un mare d’amore alla ricerca di quella perfezione che sulla Terra è impossibile raggiungere. Lo aiutano i poeti: Dante, San Francesco, Blake. La dimensione spirituale è difficile da narrare ma i trovatori di ogni epoca sanno trovare le parole per disegnarla, per immaginarla.
Infine, la sezione - La guarigione – ci conduce nell’ospedale dove l’autore, nell’infanzia, è stato curato e guarito da una malattia grave a cui, statisticamente, a pochi è dato di sopravvivere: è la storia di un miracolo? Direi di sì perché non è scontato scrivere versi, non è automatico il prodigio della poesia; piuttosto, è sapienza, dono, meraviglia delle piccole e grandi cose che connotano la vita… e la morte? Sorella morte ha scritto Francesco d’Assisi perchè non sappiamo cosa sia ma a alcuni e alle persone di fede è dato credere che il viaggio continui. Potrà mai l’Intelligenza Artificiale immaginare l’infinito? Potrà mai l’Intelligenza Artificiale provare nostalgia? Potrà mai l’Intelligenza artificiale parlare di vivi e di morti in senso non statitistico? Il Postumano sembra oggi rubare spazio all’Umano ma la poesia ci ricorda che l’uomo è il soggetto valoriale non la macchina; che il creato è il bene più prezioso, non il profitto. Per sempre vivi ci ricorda chi siamo.
[1] G. Lorca, Tutte le poesie, GTE Newton, 1993, pag. 120.