Cosa sognava il tuo cuore, Athanas,
nei giovani anni dei tuoi lavori forzati,
quando vedevi allungarsi il porto a Durazzo?
Sognavi di vedere quelle banchine
dal mare, il giorno che le avresti lasciate?
Figlio senza colpa ti tolsero tutto,
solo il tuo cuore ardeva
nel gelido campo della diffidenza,
dove non spunta il fiore dell’amicizia.
Oh sì, quanto avresti desiderato
un vero compagno, un amico sincero
con cui parlare del tuo sequestrato paese,
di poesia, di libertà e di Dio.
Solo silenzio e sospetto fiorivano.
Tacere e aspettare.
Un capo ti riconobbe: - Vai - disse,
- la tua istruzione portala in campagna,
ma stai attento, maestro… -.
Divenisti maestro in agri lontani.
E intanto ansimavi per quelle banchine,
e per l’Italia, al di là della sponda,
dritta davanti alla prua dei tuoi sogni.
Scegliesti la strada della dignità,
uomo libero in un paese d’oppressi:
mai nessuno divenne padrone dei tuoi pensieri.
Passasti la vita in composto silenzio,
finchè per la figlia in Italia
ottenesti un breve permesso.
C’incontrammo per caso d’estate,
in Calabria, in un estraneo accalcarsi di gente.
Predicavo laBibbia ai turisti,
e i tuoi occhi s’accesero:
volevi ascoltare, volevi parlare, volevi imparare,
desideravi amicizia,
volevi amare con l’amore dei veri amici,
prima di morire.
E fummo amici, per un breve
e intenso frammento di tempo:
Athanas l’albanese di sessant’anni,
e il suo amico italiano che gli parla di Dio.
Athanas amico mio, che dovevi venire in Italia
per curare quel tuo coraggioso cuore malato.
In corsa dietro al treno del tempo,
quel cinico tempo che non t’aspettava più.
Leggi e corruzione a volte
son nemiche della brava gente.
Quanto furono fredde amico mio
quelle notti, aspettando
sui gradini dell’ambasciata Italiana
il tuo umile e disperato turno?
E il tuo dolce cuore, non ardeva
di dolore e comunque d’amore
per quelle banchine che avresti tra poco lasciato?
L’amore e il sogno ti tennero in vita,
compagno mio, che volevi conoscere Dio.
Non ci sono sogni impossibili
nel cuore degli uomini giusti.
La prua dei tuoi sogni infine salpò,
per quella breve, immensa traversata
di mare e di vita: mare blu, sangue rosso
e cuore debole di Athanas, desiderio vivo.
Sarei partito amico mio, per venire a trovarti,
per stare ancora insieme, dopo le telefonate.
E una telefonata ci fu, ancora,
ma non eri tu,
e troppo lontana Livorno da Brindisi.
Forse fu l’emozione o l’attesa,
la gioia o l’intenso ardore:
ma giunse la nave all’approdo
e con essa anche il tuo umile cuore
terminò il suo stanco durare:
solo poche ore ti rimasero allora
per sognare, per abbracciare la libertà
e per sussurrare alla fine:
“Chiamate il mio amico…”.
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