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Il giudizio su Ivan Karamazov

Argomento: Letteratura

di Federica Boretti
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Pubblicato il 07/07/2009 23:53:49

Il personaggio che all’interno del libro suscita maggiore partecipazione è Ivan, il personaggio che maggiormente racchiude in se un sentimento ideale eppure terreno, a nobilitare la karamazoviana sensualità e brama di vita, che caratterizza l’intera famiglia, perfino Alesa con la sua sublime virtù e con la sua fede.
Ci si sente vicini a Ivan, ascoltando con trepidazione i suoi discorsi inquieti, ripentendo insieme a lui le parole sulle sofferenze dei bambini, e abbandonandossi alla tentazione di mettere in discussione il mondo, il senso dell’esistenza e me stessa.
E ci si appassiona alla sua geniale lotta contro Dio, la sua ribellione, il rifiuto del biglietto d’ingresso nel regno dell’armonia universale.
Ivan non è semplicemente un ateo ribelle che impazzisce perché rifiuta di abbandonarsi alla fede e di uscire rinnovato da questo processo di trasformazione che attraversano invece Mitia e Alesa.
Ivan è un’anima ferita dalle sofferenze del mondo, dalle infinite lacrime degli umiliati e offesi, ma non è un personaggio negativo come lo stesso autore vuole farcelo apparire, in lui si ribella sotto l’urto di tutto il male del mondo , un pensiero che sostanzialmente è luminoso e umanitario.
E a mio parere non bisogna analizzare la personalità di Ivan semplicemente basandosi sulle sue affermazioni di indifferenza, e di rifiuto della possibilità di amare chi ci sta vicino, e soprattutto su quel “tutto è permesso” che tanto condizionerà lo svolgimento del romanzo, e che porterà a giudicare Ivan come il vero ideatore del delitto.
Bisogna piuttosto osservare attentamente il personaggio e il suo comportamento, andare al di là di ciò che pronuncia e provare a indagare il suo animo per capire chi è davvero Ivan Karamazov.
Perché il problema è che Ivan è anche il personaggio su cui Dostoevskij ha concentrato maggiormente se stesso, pur non essendo il suo alter ego; Ivan è in realtà l’eroe del romanzo in cui l’autore continuamente giudica e rigiudica se stesso, e per questo fa pronunciare ad ivan “quel tutto è permesso” che suona come un avallo dell’omicidio, che lo farà apparire come il vero assassino, perché l’autore vuole che Ivan sia condannato.
Dostoevskij non risolse mai completamente il problema dell’esistenza di Dio, e dei suoi rapporti con il socialismo che tanto lo aveva preso in gioventù e che fu allo stesso tempo la causa del suo arresto, e della sua condanna, che gli avrebbe segnato la vita.
Ed era noto che, quando scrisse questo romanzo, era maturata da tempo in lui un’ostilità verso ogni sorta di nichilismo, materialismo e ateismo intellettuale e che egli di fronte all’impossibilità da parte del socialismo di rappresentare una risposta al problema profondamente toccante per l’autore (e per Ivan) di raggiungere l’armonia tra gli uomini, approdò alla fede in Dio e nell’immortalità dell’anima.
E proprio per la profonda fiducia che egli aveva riposto in questa idea, la mancata soddisfazione di questa fiducia, la discrepanza tra le promesse radiose e la realtà incarnata, fanno si che egli riversi tutto il suo risentimento e il suo odio nei confronti di quella stessa idea, e che finisca che darla in pasto alla fede.
“Dostoevskij, per il quale la ragione era il principale strumento di conoscenza, e di orientamento nel mondo maledisse questa stessa ragione perché essa non aveva mantenuto le promesse, esortò all’umiltà intellettuale e di conseguenza all’umiltà dell’uomo di fronte alla verità divina che egli cerca” (laksin)
Ma la verità è che nello stesso Dostojievski vive segretamente il socialista con la sua aspirazione all’eguaglianza e alla giustizia universale, egli in realtà non risolve mai completamente questo conflitto tra fede e ragione,
Ed è attraverso Ivan che egli esprime questo aspetto della sua persona, e allo stesso modo in cui egli cerca di offuscare questo dubbio, di reprimere questa sua simpatia e nostalgia nei confronti del socialismo, allo stesso modo prova a condannare Ivan, facendo si che l’evoluzione della trama lo porti ad essere giudicato come il colpevole e il responsabile del parricidio.
La verità, dal mio punto di vista, è che Ivan non è colpevole, non basta odiare una persona, non basta affermare che l’uomo è libero da vincoli morali superiori, (il che tra l’altro non vuol dire che egli non scelga liberamente di averne di intimi e personali), non basta fuggire dalle situazioni angoscianti per commettere un omicidio.. Dostoevskij ci lascia intendere fin dall’inizio che Ivan non coglie il senso delle parole di Smerdiakov, non capisce realmente che cosa quel discorrere con un uomo intelligente possa significare, anzi egli ci rimugina su, si interroga su quello che il servo potrebbe voler dire perché il suo cuore non è in grado di concepire realmente l’idea di un omicidio cosi architettato.
Ivan è un’anima angosciata, angosciata dal male e dalla sofferenza presenti sulla terra: le sue dichiarazioni, in qualsiasi modo possano suonare nel momento in cui egli le pronuncia, non sono delle giustificazioni alla crudeltà umana né delle affermazioni della propria libertà di decidere della vita degli altri, sono in realtà delle constatazioni rassegnate e dilanianti del dolore e del male di cui l’uomo stesso è causa e artefice.
Questo non vuol dire che Ivan si identifichi nelle parole del Grande Inquisitore, giustificando in questo senso la servilità nei confronti del potere come unico modo di contenere il libertarismo degli uomini, ma al contrario il poema è una critica nei confronti degli uomini che non sono stati in grado di gestire il proprio libero arbitrio, la libertà che era stata concessa loro. C’è in questo suo racconto una forma di religiosità, quasi di attaccamento al cristianesimo originario, all’idea di un uomo libero che decide di amare il prossimo e di rispondere alla violenza porgendo l’altra guancia.
Ivan non vuole rendere gli uomini schiavi e felici, egli ama Alesa perché egli è il prototipo dell’uomo puro, che pur essendo come tutti gli uomini soggetto alle passioni e ai condizionamenti delle relazioni umane, decide di mettere da parte il proprio egoismo e di dedicarsi all’amore per gli altri.
Solo che Alesa è sorretto in questo da una fede incrollabile, che gli da la forza di non lasciarsi sopraffare dalle passioni, Ivan è invece il vero uomo libero a cui tutto è permesso, e che liberamente sceglie il bene, la fuga di Ivan a Mosca non è un indizio della sua colpevolezza, al contrario è la sua scelta libera di rifiutare l’odio e la violenza: egli odia il padre, desidererebbe anche lui la sua morte, per questo motivo si allontana, fugge per impedire che il suo risentimento e il suo odio lo possano spingere ad un gesto doloroso.
In questo non c’è meschinità, sarebbe troppo facile ergersi a giudici e accusarlo di essere responsabile per aver lasciato che accadesse, Ivan ha pensato a se, liberamente, anarchicamente se cosi si può dire, ha pensato a controllarsi, ha pensato a gestire la sua libertà in maniera positiva,il suo errore è stato quello di dimenticare, proprio egli che lo sapeva cosi bene, che gli uomini non sono tutti in grado di scegliere il bene, il suo errore è stato di avere fiducia nell’uomo, quella fiducia che solo Alesa sembra avere.

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