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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Aspide sordo

Narrativa

Giuseppe Ciafrè
EdiGiò

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 24/04/2009 18:28:00

Una raccolta di 10 racconti che riuniti, come gli spicchi di un agrume, creano una sfera-mondo, quella dell’autore. Il quale sembra passeggiare indisturbato tra i suoi ricordi reali e tra quelli immaginari, usati, con un certo talento, per tenere il lettore avvinto alle pagine del libro, portandolo in giro per tale mondo, con disinvoltura, passando da un ristorante nell’America dei primi immigrati europei, ad un campo che il proprietario vuole – chissà perché – recintare, sino alle pagine del diario di una fanciulla, alle prese con la crescita, scandita dai pranzi di Natale che la famiglia organizza ogni anno, chiamando a raccolta i parenti sparpagliati dalle loro vite in giro per il Globo. Spesso, nei racconti, vediamo sorgere, ed ingigantire, per i protagonisti, problemi che appaiono risolvibili con soluzioni macchinose ed ancora più grevi dei problemi stessi, salvo poi accorgersi che non si tratta di problemi, la soluzione non serve: era solo un punto di vista un po’ di sbieco a far apparire un’ombra illusoria, ad ingigantire in modo esagerato qualcosa di minuto e fugace.
Dai racconti sorge all’orizzonte un mondo che ha andamento ellittico, le vicende raccontate si muovono, prima piano, poi più veloci, producendo delle ellissi: la narrazione prende spunto da un fatto, poi il lettore viene portato – dolcemente e su di un piano perfettamente orizzontale – lontano dallo spunto iniziale, ma senza perderlo di vista, entrando così nell’orbita dell’idea dell’autore, un’“orbita letteraria” peculiare sulla quale si ha l’agio di poter esaminare l’idea iniziale sotto molteplici punti di vista; la si può eviscerare, scivolando sulle parole di Ciafrè, in molteplici modi, con molteplici colori e sapori, sino a ri-posare, talvolta, i piedi ben saldi sul punto in cui il viaggio/racconto ha avuto origine, o restare lontani, ma attratti dal punto iniziale, o addirittura lasciare questa orbita attirati da un pianeta altro, ma che la brevità dei racconti ci lascia solo – con malizioso garbo – presagire.
Una lettura assai gradevole questo “Aspide sordo”, fatta di frammenti che, ricomposti, formano una immagine ben precisa. Anche se talvolta si ha il dubbio su quale sia poi la composizione esatta, la soluzione è una – Ciafrè sa presentare la caratteristica della vita di riuscire a cambiare sotto i nostri occhi, senza modificarsi in modo alcuno, ma trasmettendo gusti e colori differenti.
E in questa raccolta di racconti è proprio il caso di parlare di gusto, in quanto la lettura ha, alle volte, una sorta di retrogusto amarognolo, che riporta alla mente alcune immagini anche dopo che si è chiuso il volume.
L’autore ha nella sua penna l’esperienza datagli dall’essere avvocato da molti anni, e da ciò trae una notevole lucidità espressiva ed una concisa chiarezza che trova il suo perfetto habitat nella brevità dei racconti. Infine c’è da dire che della scrittura “da avvocato” manca totalmente il grigiume tipico della professione, riesce anzi a far esplodere bellissimi colori.

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