GLI ZINGARI TRA MEMORIA STORICA E NUOVE MINACCE
APPUNTI DI LAVORO PROVVISORI
MA ADATTI ALLA GIORNATA DELLA MEMORIA 2017
I recenti scandali sulle speculazioni delle cooperative assistenziali per l’assistenza ai profughi non sono solo truffe ai danni dello stato ma rappresentano una nascosta macchina di speculazioni che mercificano esseri umani, di emarginazione e disprezzo e odio reciproco. Quello che ho chiamato mercificazione dell’assistito di fatto ne nega l’umanità e ne contrasta ogni speranza di inserimento. Interrompere tale diabolico circolo vizioso non richiede controlli più severi sugli appalti ma una analisi critica della loro preoccupante funzione emarginante. E l’impegno di rendere coinvolti e partecipi i destinatari dei servizi.
A lungo mi sono occupato di interventi di inserimento sociale con immigrati, Rom, Sinti e persone con problemi di illegalità. La prevenzione della corruzione e la funzione positiva degli interventi richiedono sempre coinvolgimento e collaborazione e non solo… Nel mio lungo lavoro in tali campi ho sempre previsto questo tipo di coinvolgimenti: per esempio nel servizio di scolarizzazione di Rom e Sinti, per il trasporto scolastico la manutenzione delle aule la raccolta delle iscrizioni ecc. sono sempre state affidate a persone all’utenza stessa; come pure l’elaborazione di programmi di studio, la redazione di giornalini di classe, fino alle verifiche di rendimento, sono state gestite in gruppo con i ragazzi (un po’ ricordando l’esperienza di Don Milani e di Makarenko).
Analogamente è stato proposto per la manutenzione dei campi nomadi e per la presentazione delle pratiche burocratiche necessarie per la regolarizzazione nel Piano Regolatore di insediamenti privati. Analogamente abbiamo programmato collettivamente di attivare una cooperativa di servizi ambientali ed ecologici, che desse un futuro ai molti che lavoravano nella raccolta del ferro, attività che diveniva illegale con i nuovi servizi ambientali delle Municipalizzate. Il consiglio di amministrazione della Municipalizzata respinse il progetto sghignazzando.
I vertici dell’ Opera Nomadi e gli operatori didattici mi costrinsero alle dimissioni perché inserire gli utenti tra gli operatori avrebbe ridotto i loro guadagni, e quanto a quelli che usufruivano di permessi extra carcerari per l’inserimento lavorativo si disse infine che tornassero in carcere visto che erano stati condannati. Estirpata la malapianta, l’Opera Nomadi ripropose i progetti da me elaborati, escludendo però ogni possibilità di partecipazione, coordinamento e lavoro, ottenendo così tutti gli appalti. In conclusione la Regione Veneto ha abolito la “legge a difesa della cultura di Rom e Sinti”, affermando che pure costoro si mettessero in fila come gli altri nei servizi assistenziali.
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Il processo di Roma detto Roma Mafiosa, fin dal suo prefigurarsi mi ha fatto riflettere. Da decenni seguo i problemi della cultura zingara in Italia, evitando il cosiddetto assistenzialismo e ricercando modalità di partecipazione e promozione sociale. Fin dall’inizio le notizie sono risultate forvianti: “Anche i Rom coinvolti nello scandalo”, quasi colpevolizzando le vittime delle speculazioni di falsi sistemi assistenziali; poi ignorate come tali. E anticipando il mio pensiero, come si possono cominciare a indennizzare le vittime delle speculazioni che sono state per anni segregate in campi invivibili.
Indennizzi. Così torno con la memoria al Processo di Norimberga del 1945- 46 contro i crimini del Nazismo. A differenza degli Ebrei, riconosciuti vittime del Nazismo, si dice che gli zingari erano stati considerati ariani, perseguitati e sterminati per una presunta degenerazione nomade e quindi criminale degenerazione della razza, non razzismo ma prevenzione! Ritenuti ariani, perché la loro lingua ha ricche tracce di Sanscrito, malgrado l’aspetto fisico per lo più orientale e il fatto che fuggirono dall’India proprio cacciati dall’invasione ariana. Nel caso degli zingari, quindi, il Nazismo venne assolto perché la persecuzione era insensata?
Qualche anno fa, Cecchi Paone presentò la giornata della memoria, con un’attenta analisi: le colpe della stampa e dei media che avevano favorito il razzismo nazi-fascista, criticando poi la distrazione o l’oblio sulle vittime zingare e politiche. Qualche anno dopo, per la Giornata della Memoria, una serie di personaggi televisivi, con sguardo ispirato e un po’ sofferto si avvicendavano con un solo slogan: “io ricordo…” : era la fine plateale di quella che doveva essere un’ analisi storica, utile per prevenire altri razzismi e deportazioni.
Gli zingari al Processo di Norimberga contro l’Olocausto- a differenza degli ebrei- riconosciuti come vittime di persecuzioni razziste - non ebbero alcun riconoscimento o indennizzo, poiché la persecuzione contro di loro era stata programmata come presunta prevenzione della degenerazione nomade e quindi criminale. Ma la persecuzione è davvero storia passata? Così non da storico, ma da operatore sociale, sono venuto a interrogarmi sul senso della memoria storica dell’Olocausto zingaro chiedendomi: come è possibile evitare nuovi Olocausti? Certo ho riflettuto anch’io su Marx che dice: << finora i filosofi hanno interpretato la storia, ora si tratta di cambiarla.>> Ma come prevenire e contrastare il razzismo?
Tra le interpretazioni del fenomeno razzismo, la più completa, socialmente e storicamente utile è quella di Dollard che lo considera fondamentalmente come la costruzione sociale di un capro espiatorio, per esorcizzare i problemi di una società in crisi, e su cui indirizzare colpe fittizie, aggressività e persecuzioni reali. L’Antropologia culturale italiana, in particolare De Martino, ha analizzato la cosiddetta cultura delle classi sociali subalterne e ha verificato in esse l’emergere di costanti motivi di angoscia, per il rischio o meglio la prospettiva quasi inevitabile della morte di quella cultura. Anche da una mia ricerca sulle fantasie dei bambini zingari emergevano , tematiche che esprimevano una costante angoscia di morte, dal vampiro zingaro alle famiglie mutate in stelle. E dinamiche affettive e di socializzazione di tipo matriarcale, divergenti dalla nostra società patriarcale e autoritaria.
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Pericoli attuali. Ripercorro come un incubo, per me e a maggior ragione per i Rom l’abbattimento di un campo di profughi con le ruspe, e il bambino in ginocchio a mani giunte che pregava le ruspe di risparmiare la sua roulotte. (Riferimento biblio in nota) Quali pericoli incombono sul popolo zingaro? Direi di tutti i tipi e su tutti gli aspetti della loro sopravvivenza; dal lavoro alla casa fino alla scuola dei bambini, stretti tra razzismo e speculazioni concatenati tra loro. Per le deportazioni di zingari nella Germania nazista, furono utili le schedature fatte 50 anni prima. Più recentemente, nel Padovano una giovane mamma sinta, parcheggiata con la bambina in roulotte è stata richiesta dalla polizia di prelevare le impronte alle bambine , mi dice che si è rifiutata e che piuttosto si sarebbe uccisa- mi dice che però altri sinti le hanno fatte prendere. Mi chiede di protestare per lei - ma tutte le associazioni da me contattate dicono che è una mia esagerazione. Un a sua invenzione per chiedermi cinque euro.
Una crisi della vita nomade, delle loro attività, di commercio e riparazioni porta a porta, approvate dalle leggi antiterrorismo che praticamente impediscono la sosta fuori dai chiusi campi nomadi, nuovi “ghetti” invivibili come occasione di corruzione e speculazione mafiosa, tramite gli appalti alle associazioni corrotte. al lavoro dove vengono sempre rifiutati per le assunzioni e dove per esempio la crisi della loro tradizionale attività di raccolta ferro li ha portati a Padova alla proposta di creare una coppa di riciclaggio, collegata all’Azienda di Nettezza urbana, proposta rifiutata per sfiducia esplicitamente razzista.
Fino alla scuola, che dovrebbe tracciare il futuro per le nuove generazioni, dove sono in vigore per i minori zingari orari e programmi pietisticamente ridotti e norme di Apartheid, umilianti e che inducono all’abbandono scolastico; mentre le famiglie vivono nell’incubo di vedersi sottrarre i figli dai Servizi Sociali pur essendo spesso calunniate come ladri di bambini.
La scuola Italiana prevede solo per Rom e Sinti processi scolastici diversi, ridotti e semplificati tra cui sovente l’obbligo della doccia prima di entrare in classe. Si capisce così il motivo della demotivazione che porta all’abbandono scolastico. Nel corso delle 150 ore da me gestite programmate in analogia con i corsi previste per il recupero della scolarità dei lavoratori, i ragazzi a lezione si rifiutavano di discutere del piccolo rom Tarzan ucciso in una caserma dei carabinieri a Padova. Nel giornalino finale dei corsi redatto tra 25 Aprile e 1° Maggio inserirono il disegno di una manifestazione con uno striscione che diceva: << Viva Tarzan Soulich>> e il disegno di una strage nel lager dove le vittime alzavano tutte il pugno, e l’autore disse: << la poesia dice che erano soffocati ma dovevano rispondere in qualche modo>>.
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Un romanzo quasi storico: Venendo al recente libro di Dario Fo,“Razza di zingaro” (ed. chiarelettere, 2016), che narra la storia di Johann Trollmann, giovane sinto tedesco, pugile diventato famoso per la sua bravura e per il suo stile di boxe simile al ballo, e per i suoi crescenti successi sportivi, sempre più perseguitato dal nascente nazismo. Dal libro emerge il procedere ossessivo di questa persecuzione. Johann divenne campione di boxe tedesco, ma il titolo venne annullato e alla fine gli venne intimato di farsi sconfiggere, pena il ritiro della licenza. Johann si presenta alla sconfitta obbligata con una sarcastica camuffatura da “ariano”, capelli dipinti di giallo e il corpo imbiancato, infarinato.
Da studente assistei a Mistero Buffo di Fo, e ne ricavai tra l’altro un’attenzione alla cultura dei ceti subalterni, espresse con ironia in dialetti oscuri ma intuibili come il Grammelot. E mi sembra che la sarcastica esibizione del pugile zingaro, costretto alla sconfitta, potrebbe essere stata riferita come un esempio di disperata resistenza culturale. Gli zingari, Rom e Sinti, entrambi presentano una struttura sociale basata essenzialmente sui rapporti familiari, nonché sull’interpretazione attenta e critica della società circostante che forse meritava di essere meglio rievocata nella storia di Johann.
Il libro di Fo, ben illustrato da suoi quadri a tema pugilato non narra tutta la storia di Johann, che troviamo invece su internet. L’ ultimo combattimento infarinato e con i capelli dipinti di giallo per sarcasmo verso il mito della razza ariana. Non dice che per evitare al figlio le persecuzioni razziste aveva divorziato, non dice che fu poi sterilizzato prima di essere deportato nel lager e poi ucciso; con un colpo di pistola come accadeva agli zingari che si difendevano fino all’ultimo. (E non colpito da una sbarra di legno o di ferro come altri dicono). Su internet trovo ancora un confronto tra Johann Trollmann e Cassius Clay, entrambi perseguitati anche perché il loro successo atletico li rendeva bandiere di minoranze perseguitate e ignorate. Fortunatamente non tutta la narrativa sugli zingari è sempre acritica o pietistica. Alessandro Robecchi in “ Questa non è una canzone d’amore”(edizione Sellerio) narra la complicata vendetta di un vecchio Rom, per gli omicidi razzisti avvenuti nel suo campo, vicenda che si intreccia con una complicata rete di altri delitti, e per cui- a proposito di memoria storica- mi suggeriscono di prendere appunti su fatti e personaggi, leggendo il romanzo.
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La deportazione degli zingari nei campi di concentramento cominciò nella Germania nazista in occasione delle Olimpiadi di Berlino del 1936. Anche per il nostro futuro, merita ricordare che ciò fu fatto in base a schedature preesistenti, di una cinquantina di anni prima. Non stupisca allora che ancora oggi gli zingari evitano finchè possono di dichiararsi tali. In Italia, dopo i campi di concentramento fascisti e le deportazioni nazi-fasciste, la vita degli zingari è sempre più invivibile. Le leggi antiterrorismo hanno privato chi vive in roulotte di ogni privacy e i campi nomadi sono diventati nuovi campi di concentramento da cui è vietato spostarsi.
L’amico Giuseppe Reinhart, sinto, mi narrò, chiedendomi di scriverlo, di quando da bambino salvarono un partigiano ferito dai nazisti, ma giorni dopo furono condannati dai partigiani alla fucilazione come spie tedesche, salvati solo dall’arrivo del partigiano salvato. Ma davvero i partigiani credevano che la famigliuola zingara fosse spia dei tedeschi, o già prefiguravano una società di eguali abbattendo i diversi??
Come si dice: gli zingari in politically correct? Gli zingari o gitani, gli egiziani come si presentavano un tempo, da 1000 anni profughi dall’India invasa da ariani, si distinguono in due grandi gruppi: Rom e Sinti, transitati e sostati, rispettivamente dai paesi slavi o dalle zone del Mediterraneo. Una nota sulla Lingua ed emarginazione che viene coltivata dall’alto: Si dice che non sia politicamente corretto usare il termine zingaro, ormai usato come insulto. Sul dizionario italiano, troviamo che Sinto, si dice “Sinti”, parola invariabile per maschile femminile singolare e plurale, come si fa per le parole straniere indeclinabili! Sinti, nella loro lingua è un femminile o un plurale in italiano, e la linguistica potrebbe chiedersi i motivi di questo strano pluralia tantum un po’ offensivo, come quando i nostri emigrati venivano chiamati sommariamente Napoli, oppure come la nostra moneta, l’Euro che in Italia è un singularia tantum, mentre all’estero si declina al plurale come euros, dove l’economia va meglio.
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Anche gli zingari hanno i loro tabù verbali, primo tra cui quello di menzionare il nome dei morti. E certo questo modifica le nostre idee sulla memoria storica tanto celebrata ogni 27 gennaio .Ma il tabù zingaro non è oblio ma scaramanzia: Chiamandomi Adolfo quasi mai sono stato chiamato così da zingari, recentemente una ragazza zingara con cui mi ero appena presentato continuava a sbagliare il mio nome, seppur corretta. Salutandomi non disse più il mio nome ma allontanandosi disse: Non ti pare un po’ nazi?
Che lezione storica ricavarne? La memoria deve essere occasione di ripensamento. Il “Diario di Anna Frank” giustamente molto proposto a scuola, ci guida a vedere l’umanità che resiste nelle situazioni persecuzione, così coinvolge i giovani lettori. Luigi Massignan, giovane partigiano e psichiatra socialmente impegnato dedica nel sottotitolo de “Ricordi di Mauthausen “ai miei nipoti, cioè alle nuove generazioni. La mostra: “I bambini di Terezin”, nel lager di Terezin è nata una scuola autogestita. Disegni e poesie dei bambini rivolte anche ai bambini di oggi e agli adulti impegnati con bambini emarginati. Altre mostre di memorie sembrano inutili o negative, così una mostra sui lager, di un’associazione come l’O.N. e che toccò a me tenere aperta, ma nessuno venne in 3 giorni.
Santino Spinelli, antropologo rom, aveva scritto che tra i maggiori pericoli che incombono sulla cultura zingara ci sono le associazioni “pseudo- zingare”. Così a ben vedere lo statuto dell’Opera Nomadi mostra una sistematica svalorizzazione della loro cultura, un approccio pietistico e norme di vita associative che rendono impossibile contrastarle e tanto meno uscire da tale logica. Così come nell'esperienza citata di Padova per cui chi aveva attivato il lavoro e affidi extracarcerari di zingari presso l’associazione come custodi o nel trasporto scolastico fu costretto con biasimo a dimettersi.
E “i violini cessarono di suonare” narra la tragica vicenda di un gruppetto di zingari deportati e di come fossero costretti a suonare ai festini dei carcerieri, e della loro indignazione. Recentemente un giornale titolava per il Giorno della Memoria: “ gli zingari suonavano il violino, mentre gli ebrei morivano” con evidente idea beffarda del titolista : Invece Annamaria Masserini in “Storia dei nomadi” (ed. GB, Padova, 1990), titolo banalizzante forse imposto dall’editore, tratta dell’internamento nell’Italia fascista nel grande campo di concentramento di zingari e cinesi sul Gran Sasso. I prigionieri erano costretti senza scarpe anche d’inverno per evitare fughe. Una maestra volontaria che faceva scuola ai bambini fu rimborsata con la derisoria cifra di lire cinque. (Vedi anche Luca Bravi: “Altre tracce sul sentiero per Auschwitz”, ed. CISU 2002). Annamaria Masserini concludeva nel 1990 che le persecuzioni nazi-fasciste continuavano anche ai nostri giorni con i nuovi governi. Vicende su cui riflettere.
Invece Massimo Converso, allora dirigente nazionale dell’Opera Nomadi, presentando l’argomento, diceva che certo gli zingari abituati ad andare scalzi, uscivano dal lager e tornavano con pollame rubato da dividere con gli aguzzini per ingraziarseli. Gli zingari presenti, lo guardarono come se non ci fosse. Questo tipo di deformazione storica, che credevo impossibile, vive e si nutre nell’Opera Nomadi. L’indegnità storiografica di Converso si unisce a peculato, truffa e violenze sessuali, truffe per servizi mai attuati, come dirigente dell’opera nomadi, e perfino di altre associazioni ambientaliste, come riferisce un articolo de “Il Messaggero” (1 Luglio 2016).
L’Opera Nomadi risulta coinvolta al Processo di Roma Mafiosa, lo stesso pietismo è quello che impone corsi scolastici ridotti, inutili e umilianti, la mancanza di diritti e l’incubo di vedersi togliere i figli per non aver mantenuto gli standard socio-economici, l'allontanamento dell'organizzazione di chi come me ha puntato a coinvolgere Rom e Sinti nei progetti loro rivolti, con compiti funzionali all’attività. E' da tempo che l'impostazione dell’Opera Nomadi è di tipo imprenditoriale e speculativo, giustificato con un pietismo che nega dignità all’utenza, difeso da una struttura gerarchica, totalitaria e autoprotettiva.
Celebrazioni o derisioni. Ancora negli anni ’80 la festa zingara di S. Antonio da Padova era patrocinata da Mirko Levach, zingaro partigiano. La festa si teneva nel veneziano per il sempre attuale divieto del Fascio. Io fui ospite e mi chiese di salutare i compagni partigiani di Padova. e mi tornano in mente i versi di De Andrè, cantore di Pellerossa e Gitani: << ci spiegò il meccanismo il poeta Andaluso: per la caccia al bisonte, il numero è chiuso!>>
I pellegrinaggi erano e sarebbero un’occasione d’incontro per matrimoni e continuazioni culturali. Così come Padovano, consigliere di Quartiere, promossi il Festival Tzigano di musica e balli - per rimediare all’oltraggio culturale fascista. Nel ’92 il primo festival saltò proprio per la normativa fascista mai abrogata. Finchè nel 92’ fu svolto con partecipazione di Sinti, Rom e cittadini e baristi contenti nelle piazze del centro. Ebbe poi due patetiche e contrastate riedizioni, poi l’Ufficio del Sindaco mi chiamò dicendo che il Sindaco voleva dedicare la festa del 25 Aprile all’Olocausto zingaro. I bambini delle scuole declamarono due o tre articoli della Costituzione, si applaudirono con le loro mamme e se ne andarono. Il dirigente dell’ ANPI (ex capo partigiano) biasimò gli zingari per essersi trovati inermi alla persecuzione, e rifiutò di salutare Mirko con cui per altro era stato carcerato insieme dai nazifascisti perché a quei tempi era più magro (Sic!). Fu una cerimonia oltraggiosa cui partecipai raggirato, e di cui vorrei ancora scusarmi con i Rom…. Un decennio dopo, un assessore disse più esplicitamente del Sindaco: loro vengono per S.Antonio: ma sappiamo che non sono i benvenuti!
Nota: tale argomento è stato più approfonditamente trattato in Adolfo Sergio Omodeo, Zingari e NO, ed. Sensibili alle foglie.
Ancora, a proposito di memoria e coscienza storica, come non menzionare W. Bion e la sua tematica “La memoria del futuro”, Bion d’accordo con Freud nota che l’oblio è un fenomeno attivo, una sorta di censura sul nostro pensiero. Solo un contesto relazionale di comprensione reciproca consente di guardare alla Storia e al Futuro, come accade con un flusso di sogni e di libere associazioni che consentono di prepararci al meglio a ciò che ci aspetta. Bion a dispetto di ottimismi eccessivi, nota pure che in tale processo di comprensione di se, grazie alla comprensione dell’Altro, certo restano , anzi si attivano altre difese psicologiche e relazionali che l’operatore sociale fa bene a siglare.
Memoria e/o tabù? Gli zingari per tabù non menzionano i morti ne le circostanze dell’ evento. Sembra che tale tabù getti nell’oblio la loro memoria storica, ma credo all’opposto che la loro coscienza storica venga trasmessa tra i tabù di quella cultura, per noi estranea con poche parole intensamente simboliche. La persecuzione nazista viene detta a volte “ il divoramento”, termine allusivo a un costante pericolo della vorace società circostante. Ricordo le cerimonie in memoria degli zingari deportati, organizzate accanto al festival di musica tzigana in occasione della festa di S. Antonio da Padova, loro patrono da cui vengono allontanati fin dai tempi del fascismo. Alla celebrazione Sinti e Rom erano tutti eleganti in scuro, serissimi e tutti con occhiali neri. Vedendoli, intuii forse i loro pensieri, diversi dalle frasi di circostanza e forse la loro preoccupazione per i pericoli ancora incombenti su di loro così scrissi in poesia: “La cerimonia in memoria”
Quando lo zingaro si mette in giacca
si caccia in faccia gli occhiali neri
che non si vedano i suoi pensieri
quando gli chiedono senza parere
se il suo Mercedes \ è suo davvero
quando gli spiegano con competenza
che si ricordi \ che torti ha subito
Ma il suo silenzio non è l’oblio
ma uno scongiuro per il futuro
Adolfo Sergio Omodeo
Psicologo e operatore sociale, vive e lavora a Padova.
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