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L’oblio letterario del Lete

Argomento: Alimentazione

di Mary Blindflowers
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Pubblicato il 15/01/2010 01:47:19

La saggezza offuscata dei bevitori d’acqua del Lete, l’oblio...
Oggi l’editoria è come un enorme fast-food che raramente sforna prodotti di qualità. Ci sono esigenze di mercato. Romanzi usa e getta, destinati ad una massa tele-dipendente, ai fruitori di belle veline preconfezionate in sorrisi di plastica. Saggi di fondo, privi di apparato bibliografico, con notizie prese da chissà dove, a scapito di ogni attendibilità e serietà scientifica.
L’immagine annulla la sostanza. Sono le ombre del mito della caverna di derivazione platonica. Prigionieri, legati mani e piedi davanti ad un muro di false apparenze, ombre di cose che si proiettano in un modo e sono un’altra cosa.
Siamo bombardati dalla bellezza per forza, imposta da non si sa quale pulpito, quale esigenza. E che dire poi dell’inconsistente follia di vestirsi per l’occasione alle feste comandate, di ingozzarsi a Natale secondo i dettami di una tradizione da gastrite ulcerosa irreversibile, di fare i botti a capodanno... Immolare magari allo scoppio di un petardo due o tre dita, se non la vita stessa.
Dio stesso è un business, tanto per cambiare. Gesù Cristo e tre Madonne appaiono sulla confezione di note marche di panettoni.
Il presepe ha i santi del parlamento per personaggi. E fanno pure i miracoli, la moltiplicazione dei pani e dei pesci dentro le loro tasche.
Rifiutando l’oblio, ci sono persone (poche) che si liberano dai ceppi, si proiettano fuori dalla caverna platonica e osano guardare il sole. Così scoprono qualcosa che non conoscevano prima. Cammina cammina trovano in sentieri poco praticati vecchi negozi polverosi, e si fermano laddove gli altri non vedono. Soffiano via la polvere su vecchie copertine, aprono i libri e cominciano a leggere. Escono da quelle vecchie pagine un po’ fiorite, qua e là ingiallite, persone, simboli, storie, immagini false che però dicono il vero, mondi nuovi probabili e non...
E in quei mondi forse è possibile trovare se stessi, anche se non si è alti, biondi e con l’occhio azzurro da lente a contatto colorata, ogni giorno un colore diverso. Ritrovarsi anche senza essere silfidi da anoressia conclamata. La passione della scoperta, e l’odore della carta che entra nell’anima in barba agli audiolibri, ai telefonini-falena di ultima generazione, destinati ad una morte insulsa e precoce.
Leggere, trovare e regalare vecchi libri ha ancora un senso, perché il passato non si può cancellare. La storia è viva. La memoria importante per tutti. L’oblio destrutturante per individui e nazioni.
In esso germina l’autodistruzione.
I bei libri fanno sognare, il sogno è forse anch’esso illusione, eppure esprime la nostra realtà interiore più di quanto si creda. Come scriveva Durand nel 1972: “Una menzogna è ancora una menzogna quando può essere considerata come vitale?”.
Ne “I mostri e l’immaginario”, Basaia editore, 1982, Massimo Izzi indaga sulle forze che hanno spinto l’uomo ad immaginare esseri inesistenti. Sfila un campionario mica male di “mostri”, Sirene, Unicorni, Draghi, Vampiri, Mandragole, Agnelli Vegetali, Golem...
La fantasia ha bisogno di nutrimento. Izzi ha lavorato bene, un saggio ben concertato, limpido, interessantissimo, con ampia bibliografia. Il mostruoso è incarnazione dell’inconscio dell’uomo che non si accontenta dell’immediatezza. Peccato che non troverete il libro negli scaffali delle librerie travolte da romanzi rosa, fantasy e raccolte di barzellette di dubbio gusto spesso in prima fila.

Andiamo oltre quei miseri scaffali, dunque, cerchiamo altrove, nei punti nascosti, evitiamo di bere le acque del Lete.





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