Franco Buffoni
PERCHE’ MOLTI ITALIANI SI SENTONO OFFESI
1. Perché molti italiani si sentirono offesi, toccati nel sentimento profondo, quando chi attualmente siede a Palazzo Chigi propose di trasformare il XXV Aprile nella Festa della Libertà? Perché la Resistenza fu anzitutto antifascista. Cercare di annacquarla in una generica festa della libertà (riecheggiante per altro quel Popolo delle Libertà all’interno del quale sono confluiti i post fascisti) ebbe per loro il sapore di una beffa.
Questo naturalmente non cambia un dato storico ben noto: all’interno delle forze che diedero vita alla Resistenza, la componente comunista fu essenziale. E certamente non era uno stato costituzionale di diritto in senso liberale, moderno, europeo, quello che molti di loro sognavano in quegli anni tragici. Per altro è anche facilmente comprensibile che un giovane – che nel 1943 decide di rischiare la vita per fare il partigiano – voglia anche rimuovere la cause che produssero il fascismo, e abbracci la scorciatoia della rivoluzione.
Il lavoro in seguito compiuto nell’Assemblea Costituente del 46-7 dalla componente comunista resta comunque a dimostrarne l’alto tasso di ragionevolezza politica, volto alla stesura di una carta costituzionale che dopo più di sessanta anni ancora ci permette di stare orgogliosamente in Europa.
Fatte salve le personali “buone fedi”, c’è un dato oggettivo da sottolineare: in quegli anni tormentati molti videro la luce giusta, che portò alla costruzione di uno stato costituzionale di diritto; altri si lasciarono ancora abbagliare da fiammate di stato etico, oggi chiaramente sconfitto dalla storia e dal buon senso.
Chi state leggendo è nato nel 1948, ha l’età della Costituzione; se fossi stato adulto - allora - avrei militato nel Partito d’Azione. E anche oggi, se sentimentalmente sono con i giovani partigiani comunisti tosti duri e puri, ideologicamente difendo con tenacia le ragioni dell’antifascismo non comunista di Giustizia e Libertà. Per questo dedico alcuni versi alla Costituzione italiana, vista con gli occhi di un martire liberale che amava la poesia:
Alla Costituzione italiana
Le costituzioni, recita il mio vecchio
Dictionary of Phrase and Fable,
Possono essere aristocratiche o dispotiche
Democratiche o miste.
Ecco, per te che non prometti
Di perseguire l’imperseguibile
- La felicità degli uomini -
Vorrei non pensare davvero a quel “mixed”
Che ricade sugli effetti salvando i presupposti:
Di te che prometti il perseguibile
Vorrei restasse il lampo negli occhi di Gobetti,
Già finito per altro in poesia.
Così come la Resistenza fu antifascista, il Risorgimento fu anticlericale. Per questo i veri liberali si sentirono offesi quando il nostro ineffabile ministro degli Esteri definì “suggestiva” la proposta di inserire una croce nel campo bianco della bandiera italiana. L’argomento addotto (“la croce è presente nella bandiera di numerosi stati soprattutto nord europei”) è specioso e antistorico. La croce sta in quelle bandiere da numerosi secoli, dal tempo in cui vigevano princìpi quali “cuius regio eius religio”. La bandiera italiana è recente: come quella francese affonda le sue radici nell’Illuminismo. La bandiera italiana appartiene al Risorgimento e all’anticlericalismo: la sventolavano i ragazzi della Repubblica Romana che per essa si fecero massacrare nel 1849. Va rispettata così come è, insieme alla Costituzione.
2. Simbolicamente, in Italia, l’atteggiamento collettivo verso il concetto di guerra muta con la costruzione del monumento al Milite ignoto. Si comincia a capire che le carneficine non portano gloria e onore. Che quelle virilità intrappolate tra topi e cancrene, lasciate a marcire nelle trincee, forse potevano essere usate meglio. Il monumento al Milite ignoto è la contraddizione in termini della gloria che il guerriero si conquista in guerra. In Europa oggi siamo cinquecento milioni, figli di questa conquista intellettuale. E siamo giunti a questo traguardo attraverso un processo durato secoli. Passando per l’Umanesimo e il Rinascimento, il Seicento e il Settecento, quando germogliò il concetto di stato di diritto.
Non è una condizione facilmente raggiungibile. Infatti molte nazioni europee diventano stati costituzionali di diritto solamente in anni recenti. Quando io ero giovane Spagna, Portogallo e Grecia erano ancora retti da dittature. E i paesi dell’Est europeo erano delle enormi galere a cielo aperto. Lo stato costituzionale di diritto rappresenta una grande conquista della cultura europea. È una conseguenza del pensiero filosofico empirico e illuminista.
Sull’Illuminismo, recentemente, un capo di stato straniero che veste ancora come un antico imperatore romano - l’unico monarca assoluto ancora esistente in Europa - ha espresso considerazioni alquanto sgradevoli. Contro l’Illuminismo e contro il relativismo. Ecco, io credo - al contrario - che la conquista concettuale che ha portato negli ultimi decenni in Europa a un vero e proprio mutamento antropologico, sia figlia dell’Illuminismo. E che il relativismo ci aiuterà in futuro ad affrancarci anche da altri retaggi del passato, come il pregiudizio anti-omosessuale.
3. “Non siamo i primi in Europa a riconoscere dignità legislativa alle unioni omosessuali, ma non saremo gli ultimi”. Con queste parole il premier spagnolo José Luis Zapatero incoraggiò il parlamento del suo paese ad approvare la modifica costituzionale proposta dal governo per adeguare la legislazione spagnola alla modernità nel campo dei diritti civili. O, se si preferisce, per adeguarla a un mutamento di costumi e di mentalità volto a conferire dignità al 10 per cento dei cittadini.
Quelle parole mi tornarono in mente nel gennaio 2010, quando la segreteria del Partito Democratico volle che si tenessero le elezioni primarie in Puglia per imporre il giovane economista Boccia contro il candidato “naturale” della sinistra e governatore uscente Vendola.
Premetto che ho molta simpatia per Boccia, credo sia onesto e preparato, lo trovo anche di aspetto assai gradevole. Aggiungo di non nutrire alcun trasporto per Vendola, pur ammirandone le doti dialettiche e la determinazione: il suo afflato cristiano-poetico-comunista non è nelle mie corde. Tuttavia la distanza propositiva tra i due “candidati” mi apparve subito siderale. Boccia e i suoi committenti avevano come unico obiettivo l’accordo con l’Udc, la formazione più clericale e codina del parlamento italiano. Al confronto Vendola giganteggiava come un colto profeta provvisto di visione.
Ma gli ex allievi delle Frattocchie credono davvero che per vincere sulle destre si debba iniziare con una operazione aritmetica?
Non hanno mai sentito parlare di programma?
Socialismo laico e libertario. Parità, dignità, laicità: si rileggano i discorsi programmatici di Zapatero nel 2001. Egli non era in maggioranza né all’interno del suo partito né tanto meno in parlamento. Ma con coerenza allestì un chiaro programma, dicendo esplicitamente dei sì e dei no.
Mi si replica che al Pd non sono socialisti? Fingano di esserlo! Permettano a un giovane leader di esserlo! E di stendere un programma coerente.
Dove credono di andare con l’Udc di Casini e Buttiglione sui temi della maternità surrogata e del testamento biologico, delle unioni civili e della libertà di ricerca?
Ricordo che a Strasburgo i deputati Udc votarono con il peggio della destra europea sulla mozione (fortunatamente respinta) favorevole all’introduzione del creazionismo con pari dignità nei programmi scolastici rispetto all’evoluzionismo.
Abbiano, al Pd, il coraggio di depurarsi. Abbiano dignità intellettuale e la visione europea di una moderna socialdemocrazia laica. La modernità non può essere accolta a pezzetti. La modernità è una sola ed è fatta di aereoplani e di pillola del giorno dopo, di emancipazione femminile e omosessuale, di informatica e di procreazione assistita. E di Ru486. E in Italia è fatta anche di abolizione dei privilegi stoltamente concessi in passato da clericali e politicanti opportunisti alla chiesa cattolica.
4. Porta Pia ha cancellato dalla storia una delle più ottuse monarchie assolute dei tempi moderni, che motivava la sua intolleranza e il suo dominio sulle coscienze e sui corpi non solo con il richiamo ad un generico diritto divino, ma con la pretesa che il sovrano fosse il vicario del figlio del dio unico degli abramitici. E con la consueta leggerezza abramitica - fino al 20 settembre 1870 - gli ebrei poterono vivere a Roma solo ghettizzati.
Cancellando dall’Europa, come scrisse Gladstone, uno stato che “ha condannato la libertà di parola, la libertà di stampa, la tolleranza del non-conformismo, il libero studio di questioni civili e filosofiche”, quel giorno, l’Italia avrebbe dovuto cancellare per sempre anche i privilegi della chiesa cattolica. Invece diede subito inizio, con la legge delle Guarentigie e “l’assegno di congrua”, alla lunga serie di concessioni al Vaticano culminata in anni recenti nella vergognosa clausola dell’8 per mille.
I clericali, dal canto loro, pensarono bene di mostrarsi sempre e solo offesi, proclamandosi vittime: L’unità cattolica, celebre periodico direttoda don Margotti, cominciò a uscire listato a lutto e lo fece per ben 28 anni. Come osservò Edmondo De Amicis, fogli di tal fatta ingenerarono nei cattolici di tutta Europa il timore che “gli italiani” (definiti “facinorosi” e “tigri assetate di sangue”) volessero “far man bassa sulle chiese e sui preti”.
Occorre distinguere alcune fasi: malgrado le concessioni, fino al 1929 - se non altro - i matrimoni dovettero - tutti e comunque - essere celebrati in comune. Poi chi voleva celebrava anche i propri riti religiosi. (Già questo, oggi, sarebbe un bel passo avanti sulla via dei Pacs). Coi patti lateranensi il fascismo per autolegittimarsi riportò in gioco i clericali (obbligo, per esempio, il crocifisso come “arredo” in ogni aula scolastica e di tribunale). Ancor più fece la Realpolitik togliattiana nel 1947 con l’art 7 della Costituzione, che inglobò i patti lateranensi. (Va ricordato che - ancora negli anni Cinquanta - il 70% dei cittadini italiani si recava compattamente a messa la domenica; oggi tale percentuale si è ridotta al 20%, ma i nostri attuali politicanti si comportano legislativamente come se le percentuali fossero ancora quelle degli anni Cinquanta).
Una svolta parve giungere nel 1984, con l’abolizione del concetto di religione di stato. Ma tale raggiungimento fu pagato con la mela avvelenata dell’8 per mille.
In sintesi, quindi, Porta Pia ha sì cancellato dalla storia lo stato pontificio, portando a naturale conclusione il Risorgimento, ma ha anche aperto le porte dell’Italia tutta alle ingerenze vaticane. Perduto il potere temporale in un’area limitata del paese, i clericali lo hanno recuperato di fatto e con ben maggiore efficacia in tutto il Paese, spacciandolo per potere spirituale, grazie all’ignavia e all’opportunismo dei governanti italiani.
La ricorrenza del XX settembre dovrebbe dunque diventare l’occasione per denunciare il concordato con la chiesa cattolica come un privilegio concesso ad un potere antidemocratico, parallelo e spesso alternativo a quello dello stato.
5. Su proposta del ministro agli affari regionali Raffaele Fitto, il Governo ha impugnato la legge 52/09 della Regione Liguria contro l’omofobia: “Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere”. Motivazione: la legge “eccede dalle competenze regionali perché solo lo stato può decidere in materia di diritti civili”.
Ma quando lo stato non decide - anzi palesemente disattende l’art. 13 del Trattato di Amsterdam - e un consiglio regionale, per contro, mostra dignità e autonomia decisionale, non sarebbe il caso almeno di parlarne, facendo circolare la notizia? Invece, silenzio assordante di tv e radio generaliste.
E che dire del caso di Alessandra Bernaroli: “Per anni - racconta la 38enne signora bolognese - ho represso la mia vera natura e, appartenendo a una famiglia cattolica molto severa, mi sono comportata da uomo dedicandomi al culturismo e andando con le ragazze”. Nel 2005 Bernaroli contrae matrimonio (civile e religioso), poi - aiutato dall’intelligente compagna - inizia un percorso che la porta nel 2009 ad ottenere il riconoscimento legale del cambio di identità di genere. Rottura con la famiglia di origine; persino rafforzato amore con la compagna. I problemi sorgono con la richiesta dello stato di famiglia. Il comune di Bologna stampa un certificato in cui dichiara che la coppia non è più unita in matrimonio ma che convive nella stessa abitazione.
Il Comune ha motivato questa scelta dicendo che - anche se nessuno dei due coniugi ha presentato richiesta di divorzio - l’annullamento del matrimonio è sancito dalla legge 164/82 (“La sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso provoca lo scioglimento del matrimonio”) e che se avesse rilasciato un certificato attestante l’unione, avrebbe avallato l’idea di un matrimonio tra due donne. Ora la questione è in mano ai legali. “Come possiamo compilare la denuncia dei redditi, visto che l’appartamento e l’auto sono cointestati e il coniuge risulta a mio carico?”, chiede Bernaroli. Qualcuno se la sente di raccontare che cosa accadrebbe se le due signore vivessero a Barcellona o a Berlino? O anche semplicemente di parlare di amore tra due persone? Magari un prete? L’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, per esempio, che negli stessi giorni ha chiesto con veemenza al presidente della regione Emilia-Romagna Vasco Errani di NON estendere anche alle coppie di fatto - debitamente registrate in comune - i diritti e i benefici del welfare.
6. Violenza fisica e violenza morale sono strettamente connesse: non si può pensare di condannare la prima solo quando l’omofobia degenera in fatto di cronaca, giustificando nello stesso tempo la seconda. Ricordo la direttiva approvata dal Parlamento europeo il 26 aprile 2007 che - riprendendo l’art. 13 del trattato di Amsterdam, sempre disatteso dall’Italia - ribadisce l’invito agli stati membri “a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso” e condanna “i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali”.
Alcuni nostri deputati - nel bocciare la proposta di legge Concia contro l’omofobia nell’ottobre 2009 - hanno fatto riferimento a “discriminazioni” rispetto ad altre categorie di cittadini; “privilegi” che si sarebbero “concessi” agli omosessuali e “attentato alla libertà di pensiero” (ovviamente dei clericali). Spingendo sempre più ai margini della cittadinanza il 10% dei cittadini.
E’ importante fare chiarezza almeno su un punto della proposta di legge respinta, concernente l’orientamento sessuale. Una legge che preveda aggravanti sulla base di questa motivazione non introdurrebbe elementi di discriminazione in base al soggetto che subisce violenza, ma in base al movente di chi commette il reato. È scandaloso che alcuni parlamentari e giornalisti (tra gli altri Buttiglione, Volontè, Storace, Renato Farina del Giornale) abbiano cercato di fare bieca speculazione su questo punto.
Nessuna discriminazione verrebbe introdotta ma una norma di responsabilità che, come già accade da anni per violenze motivate da odio razziale o religioso (legge Mancino, 1993), riconosca la realtà della violenza motivata da odio omofobo e transofobo. Una norma di civiltà elementare presente ormai nella legislazione di tutti gli stati moderni e avanzati.
*
Franco Buffoni, ultimi libri pubblicati: Roma, Guanda 2009 (poesia); Zamel, Marcos y Marcos 2009 (narrativa). In corso di pubblicazione Laico alfabeto, Transeuropa 2010.
*
Scarica il file pdf dell'articolo
Leggi anche l'eBook Poetica Unità d'Italia
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Redazione LaRecherche.it, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.