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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Heartjob

Racconti

Marco Mazzucchelli
Il Filo

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 19/06/2009 15:39:00

La prima gradevole sorpresa che ho avuto quando ho preso tra le mani questo libro è stata constatare che l’autore è nato nella mia stessa città, ma ciò che più mi ha entusiasmato è stata la lettura di questa raccolta di racconti. Lo stile narrativo del Mazzucchelli si dispiega elegante e leggiadro sin dalle prime pagine, l’autore, dopo qualche riga iniziale per sintonizzarsi col lettore, gli offre le chiavi per aprire la serratura di una porta su quello che si rivela essere un vasto e variegato giardino. Il primo dato che giunge al lettore è la capacità, usata senza sfoggio né ostentazione, dell’autore di saper manipolare il tempo, nei racconti piani temporali diversi si alternano senza strappi, così come accade quando pensiamo o ripercorriamo eventi: si da vita a storie che non necessitano di una consecutio temporale, ma vagano libere tra i ricordi, le sensazioni e le amarezze. I grandi protagonisti della raccolta sono i giovani, i primi amori che vanno e vengono, sorretti solo da illusioni che nel corso di un’estate svaniscono. Il linguaggio che, riga dopo riga, affascina il lettore, è quello interiore, si ha sempre l’impressione che l’autore ci porti nelle menti dei personaggi, ci renda partecipi dei loro pensieri, e attraverso i loro occhi scorgiamo paesaggi, luoghi, non pedissequamente descritti, ma ricreati dalle sensazioni dei protagonisti. La parlata è quello giovanile, usata in modo notevole, creando una architettura narrativa dal sapore tipicamente “nordico”, il castello di parole che prende vita dalla penna di Mazzucchelli, ha i tratti delle costruzioni della Brianza, delle Prealpi, e si possono gustare, durante la lettura, i suoni e gli accenti tipici della gente varesotta. Ma la capacità dell’autore sta proprio nel saper far percepire, durante la lettura, quella “e” un po’ larga dei varesotti, pur non utilizzando il dialetto, cosa che renderebbe inaccessibile l’opera ai più, e anzi scrivendo in un italiano perfetto. Allargando questa metafora linguistica la si può paragonare a certi escamotage narrativi proustiani, per cui scrivendo sempre e comunque in ottimo francese riesce a far parlare madame Verdurin con i suoi accenti ed i suoi vezzi da parvenue, in modo tutt’affatto diverso da Oriane de Guermantes che da voce alla créme di Parigi, allo stesso modo, in “Heartjob”, sono i giovani a parlare, e ciascuno di essi lo fa con le sue peculiarità, al contempo la coralità delle voci schiude l’orizzonte della lettura sulle opulente città del nord, benestanti ma non scevre di problematiche, anche profonde.
Intessuta con questi aspetti linguistici, vi è la trama dei racconti, sempre belli, profondi, permeati talvolta di una sottile malinconia, sovente amori che stanno per sbocciare ma che assumono subito i colori autunnali del rimpianto. I personaggi con i loro pensieri vivono gli istanti dotandoli di una iridescente patina poetica, con il loro andare e venire da piani temporali differenti riescono a darci intatto il gusto delle loro vite e ce le fanno vivere come esse vivono nei pensieri, ci passano riga dopo riga delle tessere di un puzzle, apparentemente alla rinfusa ma quando il punto fermo chiude l’ultima frase del racconto davanti ai nostri occhi vi è un bellissimo quadro, particolareggiato, dei loro cuori e di ciò che essi contengono.
Marco Mazzucchelli in questo suo lavoro dimostra un grande talento, una capacità rara di dipingere i sentimenti, senza scivolare in sensazionalismi o fatti eclatanti, ma semplicemente usando la realtà quotidiana mischiandola a quella polvere dorata, evocata da Proust, che rende il reale unico. Se vi possono essere dei paragoni ad un’opera tanto bella ed originale, in alcuni tratti mi ha ricordato i primi lavori di Tommaso Grossi, e – va da se – il giovane Holden, sebbene i giovani di Mazzucchelli, rispetto a quelli di Salinger, siano già più disillusi, portano dentro di loro una giovane maturità e sicuramente appaiono molto più reali e vicini a noi.
Marco Mazzucchelli ha dato davvero opera di grande capacità narrativa e di introspezione psicologica assai rara, la sua è un’opera dai tratti intimisti capace di scuotere, capace di parlare col cuore e far vibrare quelle corde che si credevano sopite, ricordandoci la nostra adolescenza con tutti i suoi sogni, e che quell’adolescente è ancora vivo dentro i cuori di ciascuno, sebbene gli anni siano passati. “Heartjob” è sicuramente una ottima opera prima che si fa notare per la sua semplicità e per la forza con cui va nel profondo dei sentimenti e degli animi. Sono certo che l’autore saprà continuare questa strada che ha intrapreso con tanta forza e capacità donando ai lettori nuove vibranti pagine.

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