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Non è tutta la verità

di Serena Lavezzi
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Pubblicato il 30/01/2014 13:56:15

Lo chiamavano Borgo, ma era soltanto un rudere al limitare del bosco più fitto, una casa mutante per metà capanna e per metà fortino. Aveva un aspetto fragile e un'anima poderosa, fortificata, si diceva, dai partigiani durante l'ultima guerra. In realtà se ne dicevano tante sul Borgo e sui suoi abitanti.
Lui lo chiamavano lo Sperlari, perchè se avevi bisogno di qualcosa e gli portavi un sacchetto di cioccolatini Sperlari lui non ti negava nulla. Schivo, leale, irreprensibile, aveva modi tutti suoi per risolvere le situazioni, ma tutti gli portavano rispetto e gli dimostravano cordialità.
Lei la chiamavano Marguti, questo nessuno era mai riuscito a spiegarselo con precisione. Le donne dicevano che era il nome di una qualche divinità hindu, gli uomini che era il nome della bisnonna della sua bisnonna. Alcuni ragazzini giurarono di aver sentito dire che era il nome di una strega celtica. Ma in realtà era soltanto una ragazza compassionevole, volenterosa, generosa e sensibile.
L'altro lo chiamavano Five e i pochi che ancora non ne conoscevano il motivo lo scoprivano dopo qualche mezz'ora passata in sua compagnia. Era famoso per essere permaloso e irascibile al limite della follia, era capace di arrabbiarsi per tutto ogni cinque minuti. Gli altri ormai non ci facevano neanche più caso, le conversazioni non si interrompevano più e lui sbolliva la rabbia da solo, borbottando tra sè e sè sulle ingiustizie riservategli dal mondo intero. Dopo altri cinque minuti era capace di rinserirsi nella conversazione come se non fosse successo niente.
Ritrovarsi tutti e tre a vivere in quella casa scapestrata era stata la conseguenza più logica ad un sussuseguirsi inarrestabile di eventi comandati dal Caso, o dal Caos. Solo uno spazio di differenza, ma parecchia materia filosofica su cui disquisire.
Tre mesi prima neanche si conoscevano, ed ora dividevano quelle tre stanze con inaspettato ordine e seguendo le regole base della convivenza: non si abusa del frigorifero nè della dispensa, si tiene sempre pulito il bagno, si rifanno i letti e lavare i piatti una volta per uno.
Era stata una vecchia e malandata Uno rossa a farli avvicinare.
Un signore aveva messo un annuncio per vendere a trecento euro la vecchia automobilina, Sperlari e Five si erano ritrovati lì per contendersela. Sconosciuti fino ad allora avevano deciso che risparmiare centocinquata euro a testa poteva essere un buon affare e un ottimo augurio per la nuova vita che avevano deciso d'intraprendere, abbandonando case e famiglie.
Fare un pezzo di strada insieme, in fondo, non poteva far male, pensarono. Fu così che uscirono dal garage del vecchio contadino a bordo della macchina rosso ruggine, diretti verso la strada statale più vicina.
All'autogrill avevano incontrato Marguti. Sperlari seduto sul cofano della Uno mentre Five faceva il primo pieno della loro nuova esistenza e lei seduta a gambe incrociate su di un muricciolo adiacente all'imbocco d'uscita dell'area. Si guardavano, in mezzo alla bolgia di turisti diretti in vacanza, forse al mare, si guardavano come tre cani randagi ritrovatisi per caso nello stesso vicolo. E perchè no, si dissero. Ma fu lei ad avvicinarli e uscirono dall'autogrill tutti accucciati dentro la Uno.
Erano strambi a vedersi, quando scendevano per fare due passi in qualche area di sosta, in qualche parcheggio di supermercato o all'uscita posteriore di un pub qualunque.
Lei con le cosce sode e i capelli lunghi, nerissimi e dritti come spaghetti crudi, gli occhi sempre coperti da grossi occhiali da sole, fianchi morbidi e vita sottile, tatuaggi dappertutto.
Lui, Sperlari, il più maturo, uno spilungone, un numero di scarpe spropositato e mani grandi, un cappellino calato a coprire anche la vista, spalle larghe e le dita che si muovevano senza sosta attorno ad un portachiavi senza chiave.
Infine il piccolo del trio, Five, una barbetta da pulcino, due occhi enormi e azzurri simili a quelli nei manga, i capelli rasati e una felpa con cappuccio anche con quel caldo insopportabile, quel particolare nessuno se lo spiegò mai.
Trovarono la casa quel pomeriggio stesso, era quasi l'imbrunire. Non avevano un'idea chiara su quello che avrebbero voluto fare della loro vita d'ora in avanti, su questo erano tutti d'accordo. Fu un' altra circostanza casuale a portarli al limitare del bosco, la benzina stava per esaurirsi e Sperlari non voleva rischiare. Scorsero la casa tra gli alberi, trovandola abbandonata decisero che poteva essere la loro.
Con incoscienza ci passarono la prima notte, tranquilli, e l'indomani, dopo aver fatto il secondo pieno, andarono a comprare il necessario. Per tutto ciò che riguardava la casa e l'organizzazione della loro vita all'interno delle quattro mura, Marguti prese le redini e gestì i bisogni di tutti sin dalla prima sera.
Li chiamavano I Tre Spiriti del Borgo, un nome un pò troppo lungo per delle conversazioni biascicate a mezza voce agli angoli delle stradine del paese, alla casse del supermercato, al bancone del bar. I bambini si dirigevano in bicibletta, dopo la scuola, per spiarli.
Tutto iniziò il giorno in cui uno di questi, per scommessa, mangiò alcune bacche prese da un cespuglio. Poco dopo si sentì male, forti crampi gli torcevano lo stomaco e una delle bambine, con la sensatezza tipica delle femmine, decise di andare a bussare al Borgo.
«Vi prego vi prego aprite! Carlino sta molto male, ha mangiato delle bacche! Aiutateci» gridò a squarciagola, battendo i pugni contro la porta di legno.
Dopo un attimo Marguti e Sperlari ne uscirono, lei mise tra le mani della bambina uno scampo di stoffa contenente qualcosa di duro, delle palline. Non disse nulla, fu Sperlari a parlare.
«Falle masticare al tuo amico, una adesso e una tra due ore. Gli passerà. E riportatelo a casa subito» disse, fissando la bambina.
Questa, un pò spaventata, corse via più veloce della luce e i due tornarono nella loro tana.
Da quel pomeriggio il racconto della bambina si trasformò in leggenda e poi in mito, arrivando addirittura ad alcuni paesi limitrofi e alle orecchie di qualche vecchio sperduto sulle colline. Di voce in voce, di bisbiglio in bisbiglio, Marguti divenne muta, Sperlari il capo banda, il guru del gruppo e su Five si taceva ancora.
I soprannomi vennero da sè, una ragazzina del paese follemente innamorata di Sperlari gli portò un sacchetto di cioccolatini e lui la aiutò nel compito di algebra, da quel giorno tutti quelli che andavano per chiedere favori portavano i cioccolatini per il capo.
Spesso passavano la serata nel pub del paese, col tempo vennero a conoscenza delle storie che giravano su di loro e non si stupirono più di essere osservati di continuo, dovunque andassero.
A volte qualcuno li avvicinava al tavolino, era uno di quelli in legno massiccio sistemato in fondo con le panche addossate al muro. Loro, con gentilezza, ascoltavano tutti.
Non c'era stato un momento preciso in cui avevano deciso di incarnare le loro stesse leggende, di vivere impersonificando le dicerie createsi prima di loro. Era stata una conseguenza necessaria, naturale, non violenta. Neanche loro sarebbero riusciti a ricordarsi quand'avevano cominciato, anni dopo.
Col tempo abbandonarono il Borgo senza rumore, dal giorno alla notte era di nuovo vuoto e silenzioso. In paese si fecero mille ipotesi, congetture, teorie di ogni tipo. Una fuga d'amore, un delitto che li aveva costretti a scappare ancora, i più fantasiosi si dimostrarono gli anziani, cui quella avventura aveva donato ancora un briciolo di passione. Ma di loro non si seppe più nulla e, di voce in voce, vennero dimenticati.
Li chiamavano I Tre Spiriti del Borgo, ma erano soltanto tre ragazzi. O almeno lo erano stati.
Sebastiano Angelini, detto Sperlari, scomparso dopo un'incidente stradale.
Anna Eva Lauriz, detta Marguti, scomparsa in seguito ad un'incendio.
Mauro Martinelli, chiamato Five, scomparso per una scommessa finita male.


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