Megera cionca che ritenta
con la punta sporca del bastone il passo
limpido dei viandanti, regina
lugubre di banchetti imbanditi
a sterco e orina per ingenui
avventori, piloro di rettile
arso del suo solo
veleno. Cieca, godi
la sera del buio che cade
nelle altrui stanze, illusa
che il tramonto ci trafughi
la luce per donarla al pozzo
nero del tuo inferno. Stammi
alla larga, dipinta carcassa
di Aristofane che dissecchi
petali sulla bocca
della gioventù in fiore
e spacci la tua rancida
foia per giustizia
sovrana.
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