Ti scrivo dal mio letto: maledetto,
morbido confino per cui non ho colpa,
reato, pendenza e dunque nemmeno
notizia di quanto mi servirà
per scontarlo del tutto.
Ti scrivo dal mio letto come spesso facevo
nei mesi che ci vollero più vicini dei rami
alle foglie, del cuore al miocardio.
Rannicchiata valgo quanto il passero
venuto giù anzitempo dalla scodella
del nido, stesa non faccio paura,
nemmeno richiamo.
Non sono binario e del treno ho
solo sentito parlare, uno sferruzzare
cominciato a gennaio che mi
ha smerlata da tutto.
Ti scrivo dal mio letto mentre
tutto il tuo corpo ha estirpato
il veleno di cui sono madre,
le tube -scorpione hanno alzato
il tiro, tenuto al caldo un
ovetto nocivo allattato di cure,
ogni tanto saggiato con l'ago.
Retrattile e scuro, impostore,
una faccia a cui non affidarsi.
Così ti allontani, come si fa dal
cane molesto, dal pericolo
annusato in anticipo, come
si scansa dalle labbra la
molliccia Amanita vorace
ed ansiosa di schizzare il suo Dio.
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