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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Scritte

Narrativa

Fabio Ricci
Zerounoundici

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 13/10/2009 17:45:00



Ci sono tanti modi per scrivere, penne di tutti i colori, carte di tutti i tipi, ma il serial killer che si muove tra le pagine di questo “thriller” usa i corpi delle sue vittime come fogli di carta. Mietendo le sue vittime finisce in casa del protagonista, che viene risparmiato dall’assassino perché come lui ama scrivere. Il fanciullo rimane ipnotizzato dalla voce dell’assassino dei suoi genitori e di sua sorella, ma l’unica cosa che egli sa è che vuole diventare scrittore. Lo diventerà, ma a caro prezzo e diventando sempre più simile all’assassino della sua famiglia. L’autore ci conduce in un tunnel di tensione e paura sino ai confini della follia con un linguaggio crudo ed efficace, quasi da fumetto. Ciò che però colpisce nel romanzo non è esclusivamente l’intreccio poliziesco e grand-guignolesco, ma ciò che dalla scrittura traspare sulla medesima. Lo scrivere, l’essere scrittori, è visto come un desiderio, una pulsione irrefrenabile, anche il pazzo assassino viene visto come un'altra persona quando si scopre che è in grado di scrivere pagine sorprendenti, le quali una volta pubblicate non lasciano trasparire la loro reale provenienza. Ricci in queste pagine fa balenare l’essere scrittore sia come stato di beatitudine dovuto alla gioia del comporre, la fama e il denaro che dai libri giungono, ma anche come una irrefrenabile maledizione, che porta la giovane mente ad essere soggiogata sino all’emulazione di fronte ad un vero “scrittore”. Il protagonista del libro, Dan Solo, vive dentro di se il doppio trauma della perdita dei cari per mano del serial killer, e anche della perdita di sé nell’essere restato soggiogato dalla voce e dalla mente dell’assassino, sente che se vuole essere uno scrittore vero, con la S maiuscola, deve ripercorrere i passi di colui che l’ha privato della famiglia e della libertà. Lo scrivere è narrato come atto dovuto a qualcosa che sovrasta lo scrittore è una forza che si impadronisce di lui, non lo fa fermare di fronte a nulla, vi saranno momenti in cui Dan Solo si sentirà sovrapposto a Rasputin Melee, l’efferato assassino della sua famiglia, lo cerca e si vuole vendicare, e nel frattempo scopre cosa ha portato alla follia il suo nemico. Egli è stato privato dell’amore a causa della differenza di status tra lui e la famiglia della sua amata, con la quale egli condivideva l’amore per la scrittura e ciò teneva a bada il suo amore per l’ammazzare. Quando Rasputin si ritrovò solo, nella sua mente l’amore per lo scrivere e quello per il sangue si fusero in una sola follia omicida, quando Dan e Rasputin si trovano faccia a faccia ognuno vede sé nell’altro: solo, con uno spasmodico desiderio di scrivere, e di vendicarsi dell’altro per quello che gli ha tolto… Non continuo sui dettagli della trama per non rovinare l’effetto tensione così ben creato dall’autore.
Tutta la trama è assai ben costruita dall’autore, che riesce a dosare azione e riflessione, sangue e pensieri in modo da tenere sempre il lettore avvinto alle pagine. Lo stile è diretto e i dialoghi semplici, tutta la narrazione sembra sfruttare il linguaggio e le atmosfere di certi film noir degli anni 50 mischiandoli ad un più contemporaneo stile fumettistico. Certamente il libro non è adatto agli stomaci delicati, qualche particolare raccapricciante potrebbe turbare i sonni dei più sensibili, ma sono certo che gli appassionati del genere troveranno questo libro assai avvincente, e in Ricci un nuovo autore da cui attendersi nuove storie mozzafiato.

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