Rarefatto
nè vivo nè morto
sotto il costone di cedro della montagna,
col fiato corto della Luna a soffiarmi il naso
per caso un altro giro di giostra
senza biglietto a sgocciolare di freddo
sono le mani che non sfiorano il tuo volto
come se avessero bisogno di sentirti cantare ancora dalle guance
con la tua voce piena di pioggia
e il collo troppo sottile per dire parole affilate
anche una per volta
senza tagliarsi la gola da parte a parte
così ami le sfere le bolle di sapone la gomma da masticare
disappunto per gli spigoli in cui sbattere
equivarrebbe a coprirsi di lividi
e tu vuoi una mappa senza troppe divagazioni.
Le mie carezze però, sono sempre state un buco nell'acqua,
avanguardie di non ritorni.
Bugiarde le unghie lunghe degli orchi nelle fiabe,
bugiarde le volte basse dei soffitti nei palazzi di una volta.
Avessi la forza di sollevare il baule del cielo
lo porterei in cima alle scale davanti alla porta d'ingresso.
Spesso bastano due dita a prendere coraggio,
due dita in gola per un ultimo conato, prima di ricominciare da capo
come gli antichi romani.
Al banchetto imbandito delle tue labbra un unico rimpianto:
non aver capito che quel bacio sul lago di ghiaccio fosse un saluto,
ad averne avuti un altro paio ci avrei costruito un mondo
per le formiche del davanzale,
altro dio all'infuori di me non avrebbero avuto
in fila come rosari mobili per la preghiera attiva del cibo.
Comunque si beve birra che è una meraviglia, occorre dirlo
in questa seppur giovane stamberga,
the pills a torbare l'aria
prima che un grano se ne perda dai polmoni al pavimento appiccicoso,
nessuna cruna a maturare la schiuma nel bicchiere
in cui passare come sotto a un giogo,
sette vene per due sole dosi è un problema
che risolveremo con la mia chiacchiera limacciosa
e il tuo charmevuotoarendere vuotato d'un sorso
sul bancone crocevia di brocche sbeccate.
Le tue labbra quando pronunci sconcezze
sanno di succo di frutta alla pesca nelle bottigliette di vetro.
Parli di politica e ti maledico
eppure sei bella come un fiore di loto
t'annuso con questo mio naso di Cirano
e perdo cognizione del tempo.
Vivo il sogno dei miei polmoni
di respirare l'acqua o il vino a capo chino giù
lungo le scarpate della memoria
nessuna fontana ti regala veramente sorsi incontrastati,
fantasia in punta di forchetta per palati più esigenti.
Ti voltai le spalle per uscire fuori dal locale
e consumare un milione di stelle
con un solo lento tiro di sigaretta.
Cenere.
Volesse il cielo che
tu non possa fare a meno di me
ti porterei di corsa
alla deriva di tutti i tuoi perchè.
Quello che mi fa rabbia
è non poterti accarezzare bene con la mano destra,
protesa all'infinito essa incontrò una lama
brandita a falce da quella sinistra.
Cos'è la destra cos'è la sinistra?
(Gaber mio perdonami)
Non trovo pace, semino zizzanie contraffatte
aspetto l'alba con impazienza
per parlarle della taglia sulla mia testa.
Torno all'origine
scardino il vortice
propago immensità per pochi spiccioli
vendono in tranci parti sedotte di me.
Due vesciche per raccogliere il doppio dei frutti incompiuti
e per espellere un unico languido miserabile pene.
La tua bocca seme di giovinezza
non fosse altro che una bocca tutta tua,
sarebbe comunque dorso di balena
gobba nera, pala d'altare, fremito mistico
missione da portare a termine ad ogni costo
schiocco e bacio a filo d'acqua
trasformazione che si compie per un soffio.
Restiamo ancora appollaiati al bancone
un delirio dopo l'altro
sette veli sugli occhi
tre croci sotto
come caduta da un pero
verseggi in endecasillabi sciolti
al rogo dei nostri cuori in fiamme,
sincera come il gatto e la volpe
nella nostra traduzione di pinocchio.
Quante volte sono morto, ho perso il conto
quando m'hai lasciato di sicuro
qunado se n'è andato mio padre
con la sua voglia di cappelli colorati
e le flebo nel taschino
quando ho incontrato Sara e non ho saputo gestirmi alle prese con lei
quando sono inciampato nelle vene
con una lama affilata da cacciatore di arcobaleni
tutte le volte che mi sono consegnato nudo come un verme
e non sono stato sufficiente,
uno spettacolo circense
per pochi intimi dell'assillo.
I pensieri legati a doppio nodo da una morale paranoica.
Il mio maestro m'ha lasciato
che avevo ancora lo scalpello in mano
fumante di colla di coniglio.
Dei perduti amori ho fatto,un verso dopo l'altro,
una canzone da due lire.
Datemi licenza di non essere virtuoso o educato
compro camice di flanella al mercato dell'usato
vesto con poco faccio fatica a tenermi pulito
non mi allaccio le scarpe non cerco la fica.
Con le puttane parlo volentieri
e gli ubriachi di lungo corso
gli anziani seduti sul bordo della fontana
in piazza Dante, la domenica mattina
i cani randagi, i fantasmi tutti
e le nuvole nel cielo hanno cose da dirmi.
Un'altra notte passata a berla cogl' occhi.
Stupefacente il carisma di certi lampioni
nonostante versanti luce senza vera passione
per diradare le coltri.
Sotto uno di essi,nemmeno il più alto,
mi accingo a prendere sorsi dal cartone,
la barba lunga ad evitare gli equivoci.
Allo specchio il tema del doppio
non mi guardo volentieri seppellire i mei tesori:
sono il caso umano che non va in televisione.
Ci passano davanti i cantanti, i musicisti, gli impiegati di banca,
i dottori commercialisti
noi qui misti al fango, col plesso solare infranto
a scrivere poesie
senza aver imparato la lezione degli alchimisti
sarà difficile domani negare di avere avuto colpe
da farsi perdonare al tribunale degli incompiuti
in mia difesa potrei dire
di aver passato il tempo ad ascoltare musica discutibile
leggere parole dai muri altrimenti spogli di provincia
demotivata a nuovi amplessi con il cardine stentoreo della vita
che ricama altrove i suoi centri di potere.
Che rimane , una birra in finti sobborghi con amici selezionati
per l'alito vinoso e la scintilla negli occhi,
la voglia di lasciarsi calare a fondo
attraverso pertugi sonnolenti e un po' nascosti,
fin nelle viscere della terra.
Ci troveremo nei fossi a saccheggiare di ossa i morti
nei neri prati dell'angoscia
per mettere insieme i telai per le nostre tende
accampati sul filo dell'ignoto
ubriachi del denso buio delle notti senza sogni
senza stelle.
Dalle rune nel cielo decifrare le stazioni lunari
e una strada da percorrere che non sia ancora questa.
C'è un filo logico, anche se puoi tenderlo
solo fino alla misura del tuo orizzonte.
Ghiaia da tirare dietro le curve più insidiose del tuo corpo
a disarcionare i viaggiatori più smaniosi del mattino.
Prenderò la strada del fiume
la valle sottile delle tue cosce innestate
sarà presto terra d'armenti e d'imboscate
peccato che io non sappia volare
per piomabare dall'alto sull'artificio postumo
del tuo ventre fecondo
seconda generazione di scaltri addii
riversi sulla schiena sbucciata
ciò che deve accadere accadrà perchè già accaduto.
Così anch'io parlerò ancora alle nuvole
aspettando il cielo migliore
a tradurre le mie parole nel linguaggio convenuto per l'ingaggio
a comprensione del dettato.
Non ho voglia di testimoniare la mia adesione
al concetto che la forma sia sostanza
solo in seguito ad un processo di maturazione delle parti:
non c'è urgenza per il conto alla rovescia
e i sogni
verranno stuprati all'alba.
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