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Per noi, oggi, fare Memoria è… #GiornoMemoria


Testo proposto da LaRecherche.it

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Pubblicato il 21/01/2019 00:48:19

#GiornoMemoria 

 

Prima di ogni altra considerazione, riteniamo utile prevenire ogni “reazione” dettata da ideologismi vari, affermando che celebrare il Giorno della Memoria non è decretare che esiste il “primato” di un popolo sugli altri o stilare una sorta di graduatoria dei genocidi: questa ricorrenza non è in contrapposizione, per rifarsi a eccidi appartenenti a uno stesso periodo storico che hanno segnato il nostro popolo, rispetto alla condanna dei brutali massacri delle Foibe che, a breve, il 10 febbraio, verranno riproposti come monito nel Giorno del Ricordo.

Va, però, riconosciuta l’unicità di questo capitolo orrendo della Storia mondiale e, in particolare, europea nonché italiana dato il coinvolgimento della dittatura fascista nei fatti che condussero, grazie all’introduzione delle leggi razziali, a quello che viene definito l’Olocausto (totalmente arso) o più correttamente Shoah (catastrofe, distruzione). Basti pensare che la stessa parola “genocidio” fu coniata a seguito di tale atrocità.

Ciò che ha connotato la Shoah, è stata la pianificazione e la sistematicità, supportata da ricerche e scoperte scientifiche e da impianti tecnologici di morte progettati e creati all’uopo, con le quali la Germania Nazista, facilitata dai suoi alleati, ha perseguito l’annientamento degli ebrei in Europa e con essi di qualunque cittadino, proprio o appartenente ai territori conquistati, che non rispondesse a precisi dettami razziali, religiosi, politici, di genere e, persino, fisiologici. Chiunque fosse considerato, in particolare ebrei e comunisti, un “nemico interno” era incluso nelle liste dei condannati all’estinzione ma anche quanti definiti “non ariani”, “bastardi” “subumani”, “deboli”. Infatti, la Catastrofe colpì la popolazione di religione ebraica ma, con essa, anche specifiche altre etnie e tipologie di persone:

- Secondi, per “quantità”, agli ebrei furono i prigionieri di guerra russi. I sovietici ebbero un numero di vittime, per mano della Germania nazista pari a circa due milioni di internati su 3,3 milioni che erano. Furono così tante le fucilazioni di massa che gli abitanti dei paesi limitrofi a Mauthausen denunciarono di non poter utilizzare l’acqua dei fiumi perché resa rossa dal loro sangue. Altri furono fatti lavorare mentre li nutrivano esclusivamente con un brodo d’erba e sale, causandone la morte.

- i Rom, i Sinti e gli Jenisch (quelli che i nazisti chiamavano zingari bianchi) furono internati, a partire dal ‘43 e su decreto di Himmler,  in una sezione speciale  di Auschwitz detta Zigeuner e Mengele li scelse come cavie umane per i suoi atroci esperimenti prediligendo i bambini, in particolare, i gemelli: molti vennero infettati con germi e virus patogeni, altri obbligati a ingerire acqua salata fino alla morte. Il campo fu attivo fino all’agosto del 1944, quando tutti gli internati, stimati fra i 250-500.000, ebbero compiuto il previsto “passaggio per il camino”. La loro Shoah la chiamano Porrajmos che in romanì significa il grande divoramento”.

- Untermenschen (subumani): le popolazioni slave e dell’Est furono oggetto di un preciso piano che le voleva sterminate. Solo per i polacchi fu previsto un progetto più elaborato e finalizzato alla crescita della Germania: ne dovevano rimanere in vita, entro una data stimata nel 1952, 4 milioni utilizzati come manodopera: raggiunto il numero programmato e lo scopo, li avrebbero sterilizzati e privati di cure mediche così da “terminare” l’opera di annientamento.

- I “Bastardi di Renania”, cioè i meticci, che tanto disgustavano il Führer: nati dopo la Prima Guerra Mondiale, con l’unione tra donne tedesche e soldati francesi delle colonie, erano un attentato inammissibile alla purezza della razza ariana ordito, secondo quanto scritto da Hitler stesso, dagli ebrei che proditoriamente avevano complottato per “bastardizzare” la Germania portando i “negri” in Renania.

- Disabili e malati di mente. Anche questa fragile categoria fu inclusa tra i subumani. Per loro fu decretato l’Ausmerzen. Mette i brividi la scelta del termine, dato che descriveva la pratica che adottavano i pastori in primavera, prima di portare le greggi in transumanza: si uccidevano tutti gli agnelli e i capretti deboli, dato che non avrebbero retto le fatiche della marcia. Si conta che, dal 1939 e in base al programma Aktion T4 finalizzato all’annientamento dei disabili entro la Soluzione Finale, ne furono uccisi 250mila tra i quali cinquemila bimbi, quasi tutti per mano di medici, infermieri e, persino, suore. Farmaci letali, sperimentazioni o morte per fame furono gli strumenti preferiti adottati da chi avrebbe dovuto accudirli e curarli.

- I triangoli viola, internati a motivo delle fede religiosa: in particolare Testimoni di Geova che il 1° aprile del 1935, vennero dichiarati fuori legge. Nei campi di concentramento ne furono internati oltre 10 mila: a morire furono tra le 3 e le 5 mila persone. Dalla ricostruzione di William Shulman dell’Holocaust Resource Center and Archives di New York sappiamo che gli furono tolti i figli, già espulsi dalle scuole, per essere rinchiusi in orfanatrofi, i più fortunati allevati da famiglie naziste secondo un modello che l’Argentina ripropose con i figli dei desaparecidos. I Pentecostali, invece, furono perseguitati e assimilati ai malati di mente a causa del loro parlare lingue sconosciute. Molti altri, fra cristiani e cattolici, in quanto dissidenti e socialmente pericolosi.

- Comunisti, socialisti e sindacalisti. Furono condannati dai tribunali nazisti per “crimini politici” a centinaia. È impossibile dire quanti furono, data la tipologia di “delitto” ascrittagli: di fatto, chiunque fosse, fosse stato o venisse additato come tale, anche solo perché non collaborazionista.

- Molto prima di altre categorie, sin dal 1933, ebbe inizio il cosiddetto “Omocausto”. Gli omosessuali e i transessuali o ritenuti tali, quasi tutti tedeschi, vennero rinchiusi nei campi di concentramento. Per loro un triangolo rosa cucito sul “pigiama”, ogni tipo di umiliazione e tortura; molti furono oggetto di esperimenti che conducevano inevitabilmente alla morte. Quello che contraddistinse questa categoria di predestinati fu la distinzione di genere (le lesbiche furono più spesso catalogate quali elementi asociali) e l’effetto stigma che condusse i sopravvissuti a dichiararsi, anche dopo l’apertura dei campi, delinquenti comuni, e a reintegrarsi continuando a celare la propria identità, spesso contraendo matrimoni che dissipassero ogni dubbio. Il film di Giovanni Coda, “Il Rosa Nudo” (https://youtu.be/kzy2V-pMo7U) narra la storia di Pierre Seel, l’uomo costretto ad assistere all’assassinio del compagno fatto sbranare dai cani. Il trauma lo portò a sposarsi e avere figli, a tacere per cinquant’anni sino a quando, nel 1982, costernato dalle dichiarazioni del Vescovo di Strasburgo (città presso la quale era situato il campo che fu scenario di quello sconvolgente episodio) che bollavano l’omosessualità quale una “malattia”, sentì di non poter più tacere. Solo nel 2014, in Israele, un parco di Tel Aviv ha visto la posa di una stele con tre triangoli rosa che ricorda i 15mila morti per il loro orientamento sessuale tra gli anni trenta e quaranta del novecento. Alcune fonti dimezzano il numero, riferendosi agli identificati nei campi ma, aggiungendo i gasati negli autocarri della morte, i fucilati e i non dichiarati si arriva a raddoppiare il numero delle vittime. E la componente femminile? Abbiamo appena accennato al fatto che le lesbiche erano associate al gruppo eterogeneo degli “inaccettabili” a livello sociale. Ci fu un campo destinato a sole donne: Ravensbrück diverso da Auschwitz, Dachau o Bergen-Belsen. L’assenza di immagini filmate alla chiusura dei campi e l’oblio al quale sembrava destinato, data la scarsità degli studi a riguardo, hanno trovato riscatto nell’opera di Sarah Helm, giornalista britannica: autrice di una lunga ricerca, spulciando gli archivi e intervistando le anziane sopravvissute, ha condensato informazioni e racconti in un libro pubblicato nel 2015: Ravensbrück: Life and Death in Hitler’s Concentration Camp for Women. Nel campo istituito da Heinrich Himmler, c’erano solo donne: 130.000, venti Paesi diversi, solo il venti per cento ebree. Più di centomila erano colpevoli di comportamenti “devianti”, figlie di quel liberismo che aveva contraddistinto l’epoca della Weimar e che il nazismo annientò perché nocivo all’ordine e lesivo dei patrii valori: lesbiche, prostitute, socialiste, comuniste, abortiste, rom, testimoni di Geova. Donne sorvegliate da donne, kapò spesso scelte anch’esse in quanto lesbiche. Furono denutrite e fatte oggetto di massacranti turni di lavoro, orride mutilazioni, esperimenti per testare gli effetti di virus e, come gli altri, affamate sino alla morte. L’ultimo oltraggio: Himmler, quando cercò una pace separata con gli alleati, le propose addirittura come derrata di scambio.

 

Ci si chiede come sia potuto accadere e la condanna è universale: eppure la Storia spiega bene come e perché accadde ma anche come l’Occidente, che ogni anno commemora le vittime della Shoah, abbia rifiutato i rifugiati. Usa, Canada, Gran Bretagna e altri Paesi avrebbero potuto accettare i profughi ebrei già alla fine degli anni Trenta, ma li respinsero. Nel 1938, trentadue Paesi presero parte alla conferenza sugli esuli ebrei che si tenne a Evian-les-Bains, in Francia. Nessuno, tranne la Repubblica Dominicana e la Bolivia, ridefinì le proprie quote d’immigrazione. Una colpa onerosa, che il Centro Simon Wiesenthal, organizzazione ebraica internazionale per i diritti umani, oggi imputa loro. Non basta: nel 1939, 900 ebrei, tra cui molti bambini, partirono da Amburgo sul transatlantico St Louis alla volta di Cuba, sperando di raggiungere così gli Stati Uniti. Giunti all’Havana, furono rispediti in Europa. Almeno 250 di loro sono morti nell’Olocausto.

La lista delle “altre” vittime soprariportata e rinvenibile ovunque su internet o nei “Bignami” di Storia, non è che un parziale e misero resoconto di ciò che è stata la Shoah: Catastrofe è il termine più giusto. Catastrofe per un popolo, quello ebraico, per tutte le nazioni europee e per il Mondo intero che ancora ne porta non solo i segni ma, purtroppo, ne incuba anche il più letale fra i suoi prodotti di morte: l’odio per il “diverso”, per il “non allineato”, nutrito ad arte al fine di tutelare specifici interessi economici.

 

Ora, sappiamo che al di là della proclamazione dell’ONU, il giorno della memoria è istituito in Italia tramite la legge 211 del 20 luglio 2000, non solo secondo gli intenti che accomunano tutti i Paesi che hanno fatte proprie le dichiarazioni delle Nazioni Unite ma con scopo di commemorare le vittime del nazismo insieme a quelle delle leggi razziali fasciste nonché tutti coloro che si opposero al regime e sacrificarono lo misero a repentaglio le proprie vite per tentare di sottrarre le vittime al loro destino e contrastare fattivamente l’ideologia nazifascista.

 

Come Redazione de LaRecherche.it ci chiediamo, dunque, cosa voglia dire celebrare il Giorno della Memoria in un Paese che permette manifestazioni accompagnate da emblemi nazifascisti e dai saluti romani di massa di quanti hanno rispolverando l’epiteto di “camerata”, il cui governo ospita Ministri che promulgano decreti con politiche di genere esplicitamente omofobe, chiudono i porti, limitano l’immigrazione e sanciscono il primato italiano sui diritti degli stranieri, il cui Governo si pone quale alleato delle nazioni europee più retrograde e meno democratiche.

Cosa significa Memoria per una società in cui vengono tollerati o, al massimo, deprecati con un tweet cori razzisti negli stadi considerati manifestazioni goliardiche, profanazione di luoghi e simboli ebraici, atti vandalici contro targhe o istallazioni che celebrano l’antifascismo… una società che accetta o, peggio, sostiene decisioni di giunte comunali che annullano i programmi ministeriali di contrasto al bullismo, all’intolleranza e alle discriminazioni di genere e orientamento in nome di un’inesistente teoria gender e di un fantomatico complotto per l’omosessualizzazione delle giovani generazioni, che riversa con odio e coprolalia messaggi razzisti e, persino, negazionisti dell’Olocausto come fatto storico, che si dimostra ogni giorno più chiusa, a dir poco campanilista, che improvvisamente si riveste di un cattolicesimo di maniera ma insulta il Papa se parla di odiatori praticanti, che plaude alla cacciata dello straniero, che in questo istante siede tranquillamente a cenare mentre sugli schermi, perennemente accesi, scorrono le immagini dei morti in mare, degli esuli senza terra d’approdo, dei bambini nei campi profughi uccisi dal freddo e dall’indifferenza mondiale?

 

• Per noi, oggi, fare Memoria è dichiararci disobbedienti e dissenzienti di fronte a questa deriva che tanto ricorda gli esordi della Catastrofe.

• Per noi è indispensabile stabilire che lo studio consapevole della Storia sia un deterrente contro tale deriva.

• Per noi è fondamentale dichiarare che qualunque discriminazione e intolleranza su base etnica, religiosa, politica, di genere, di orientamento sessuale è già un crimine e che nessuna democrazia può dirsi tale se non le riconosce come tale.

• Per noi è urgente che si concretizzi un fronte d’opposizione che rivendichi i diritti umani e civili già aboliti e in via di abolizione.

• Per noi è indispensabile ricordare che 12 milioni di morti accertati e 15-20 milioni di vittime stimate, dovrebbero far rizzare i capelli sulla testa di chiunque, qualunque siano le sue credenze, ravveda anche solo un pallido riverbero delle idee e dei disvalori che sostennero quel piano sistematico e programmatico di distruzione che ricordiamo come Shoah o Olocausto.

•        Per noi è obbligatorio dichiararci al servizio di ogni attività – culturale, sociale e politica nel senso più ampio – che contribuisca a diffondere la coscienza attiva, umanitaria e pacifica del “MAI PIÙ”!

 

*

 

Partiamo fin da oggi a celebrare il Giorno della Memoria (27 gennaio). Chiediamo a tutti di intervenire su LaRecherche.it con proposte in memoria dell'Olocausto, scrivendo vicino al titolo delle eventuali opere proposte nelle varie sezioni del sito (poesia, narrativa, articolo, saggio, video, evento, eccetera) l'ashtag #GiornoMemoria in modo che tutte le proposte possano essere raccolte nell'apposita pagina dedicata.

 

*

 

Fonti on line:

https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-03-04/olocausto-vittime-prigionieri-nazisti-115313.shtml?uuid=AbujEPaH

https://www.studenti.it/il-giorno-della-memoria.html#s-23786

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/giorno-memoria-porrajmos-omocausto-olocausto-a97dad1b-c8bb-4ffe-ba83-314e88ef5ac5.html?refresh_ce

https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/26/giorno-della-memoria-10-cose-che-forse-non-sai-della-shoah-per-esempio-gli-stati-che-respinsero-gli-ebrei-in-fuga/2401087/10/

https://www.linkiesta.it/it/article/2015/05/16/ravensbruck-il-campo-di-concentramento-per-lesbiche-e-prostitute/25926/

 

 


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