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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Penelope Rossa

Poesia

Valentina Ferranti
Edizioni Il Filo

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 19/01/2008

Quasi per caso, nel mio lieto girovagare per librerie alla ricerca di libri "altri", rispetto a quelli proposti dalle maggiori case editrici, mi sono imbattuto nella presentazione del libro della Ferranti, presso una piccola libreria nel centro di Roma. E' una ragazza del 1974, laureata in Lettere e Filosofia. Mi ha immediatamente colpito la sua presenza che, pur nella emozione della situazione, essendo la sua prima pubblicazione, era composta, serena, rivelando una decisa certezza nella sua poesia, tale da manifestare una certa riluttanza nel commentore i suoi stessi testi, che invece preferisce leggere. Questo ha fatto assumere un'importanza letteraria notevole alla sua raccolta e alla sua persona come scrittrice, almeno davanti a una persona che, come me, della poesia vuole sentire poesia e non discorso; sembrerebbe avere certezza nel fatto che la parola poetica, da sola, dica già tutto, che in essa vi sia un valore assoluto travalicante le relative e personali interpretazioni. Infatti ciò che traspare dalla lettura della sua raccolta, è una gradevole fedeltà alla Poesia (dalla quale sarà sicuramente ricambiata).

Le sue poesie scuotono il profondo e, nella loro essenzialità, cantano il canto di un arcano sentire, che ha le sue radici in un inconscio collettivo, tanto antico quanto il mito di Penelope.

I versi della Ferranti sono incisivi, di forti contenuti emozionali, ma abilmente contenuti e controllati da una intelligenza di donna che pervade il libro; l'autrice rivela il mondo come è appunto visto al femminile, cambia il punto di vista a chi, come me, uomo, lo vive come specchio dall'altra parte, a chi, come lei, donna, diversa da lei, lo vive nel segreto del suo dolore d'amore, di vita quotidiana, di piccoli fatti e avvenimenti quasi banali, dando voce e respiro a tutte le donne che non riescono o non possono esprimersi, le sue poesie sono una pausa nel correre delle emozioni, un tentativo di capire e dire l'amore che lega il femminile e il maschile e che, a sbalzi, declina o dà gioia: "Sbuccio mele, / pelo carote e sedani / ... / E nessuno mi guarda: / assenza d'amore". Il suo dire rivela l'esperienza terribile della solitudine, quasi imposta dall'altro sesso che, come Ulisse per Penelope, è assente, lontano immerso in un viaggio di cui non si sa.

La Ferranti prende a piene mani la sua esistenza e si fa forza e crede che da sola può modificare il suo destino, ciò che la circonda, e rivendica la forza creatrice della femminilità: "...Per credere / Sotto un carico di stelle / Alla forza creatrice delle mie mani. / Sono una donna / Tra femminismo e femminilità / Saggezza e civetteria / Dedizione e forza / In bilico su un filo / Tra libertà e amore / Creiamo sempre tutto noi / Come i nostri ventri gonfi".

Tutte le liriche della raccolta sono convincenti, ma due, in particolare, a mio avviso, sono veramente capolavori di forma e contenuti tali da pescare molto in profondo nell'anima del lettore e definendo il leitmotiv di tutta la raccolta: quella intitolata "5 ottobre 2006", la prima poesia del libro, e quella intitolata "Penelope rossa" che dà il titolo all'intera silloge.

Naturalmente, essendo l'autrice alla sua prima esperienza di pubblicazione, qualcosa si può dire per aiutarla a indirizzare al meglio il suo lavoro di scrittrice. Come lei stessa ha affermato scrive le sue poesie di getto, non ritoccandole, questo fatto è sicuramente notevole e colpisce, specialmente ascoltando la lettura dei suoi testi che per quanto essenziali nelle parole, evocano immagini precise e importanti, ma prendendo sott'occhio il testo scritto, subito si rivela una certa disuniformità di versificazione e stile di stesura. A mio avviso i testi più convincenti, in quanto a forma, e questo è un semplice consiglio da lettore, sono quelli scritti più semplicemente utilizzando la normale punteggiatura, esattamente come la poesia "Penelope rossa", in quanto l'autrice non ha certo bisogno di stupire o attirare l'attenzione in altri modi, essendo i testi pregni di contenuti ed essendo già importanti e azzeccate le parole che usa.

La casa editrice che l'ha pubblicata è sicuramente meritoria di questo perché si sentirà parlare ancora di Valentina Ferranti, ma un consiglio di lavoro formale, di ritocco, più approfondito ai testi è sempre auspicabile da parte di una casa editrice verso i propri autori, specialmente se alla prima pubblicazione, e che voglia proporre poesia di qualità.

Nota della redazione: La Recherche propone questo testo con sincero entusiasmo in quanto nel mondo della poesia si assiste spesso ad uno scialacquio sovrabbondante di parole in libri stampati alla meno peggio, con case editrici che "lanciano" letteralmente nuovi ignari autori nel mondo della carta stampata senza garantire un buon livello di qualità ed è raro trovare scrittori esordienti come questa autrice che abbiano un simile talento poetico.

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