Un giorno, un uomo camminava…
Sulla sua strada incontrò l’ ispirazione.
- Perché ti pari davanti? – gli chiese.
<<Manifestazione della tua espressione. Io non sono certezza, io non sono fine, sono solo un inizio. Usami bene o usami male: stracciami, sprecami, godi con me. Ma ti prego, usami.>>
L’uomo passò oltre e continuò a marciare.
Sulla sua strada incontrò il dubbio.
- Perché ti pari davanti? – gli chiese.
<<Sono qui per assillarti e confonderti. Trovo la gioia nei tuoi rimpianti, nei tuoi rimorsi, nella tua incostanza. Sono un abbraccio senza conforto, non puoi non bramarmi.>>
Nuovamente, l’uomo, tornò sui suoi passi.
Sulla sua strada incontrò la rabbia.
- Perché ti pari davanti? – gli chiese.
<<Per scuoterti e deriderti. Per farti vedere quanto sei debole e impulsivo. Senza di me non sopravvivi.>>
Si allontanò con il solito passo.
Sulla sua strada incontrò la pazienza.
- Perché ti pari davanti? – gli chiese.
<<Per aspettarti o per ammazzarti.>>
Dopo un attimo di titubanza, l’uomo, preseguì.
Sulla sua strada incontrò il dispiacere.
- Perché ti pari davanti? – gli chiese.
<<Il mio compito è renderti forte. Compagno di rabbia e dolore, l’ oscillazione più estrema di un pendolo. Sono una tappa del tuo cammino, credi in me o non potrai proseguire.>>
Ancora avanti. Passo dopo passo.
Sulla sua strada incontrò una risata.
- Perché ti pari davanti? – gli chiese.
<<Perché è così che tutto finisce. Attraverso di me plachi il tuo animo. Fonte effimera sorella di gioia.>>
Un altro passo e vide la meta.
Davanti a lui, la verità.
- Cosa sei? – chiese l’uomo.
<<Lo stadio finale. Non esisto, ma sopravvivo sempre e solo nell’uomo.>>
<<Salvifica illusione permanente. >>
Fine.
Lo dedico a un pomeriggio piovoso.
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