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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Miriam delle cose perdute

Romanzo

Marta Barone
Rizzoli

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 25/12/2009 20:00:00

Sin dal primo giorno della sua vita Miriam sa di non essere una persona come le altre, ancora ne ignora il motivo, ma è perfettamente cosciente del fatto che la sua vita non può essere come quella delle altre bambine. Il compito di questa fanciulla diventa evidente ai lettori dalle prime pagine della narrazione, ella, col più noto nome di Maria, diventerà la madre del Messia. Il romanzo ci mostra l’intero arco della vita “normale” di Miriam e termina la notte santa, quando vedrà la luce il figlio di Dio. Il percorso di questa giovanetta è in parte simile a quello delle sue coetanee israeliane, sebbene la santità già la avvolgeva, viene infatti mandata a vivere al Tempio insieme a tante altre bambine, ma anziché cenare con le altre riceve il cibo direttamente da un angelo, il quale viene a visitarla e a darle consigli quasi ogni giorno, e lo si suppone segretamente innamorato della fanciulla, che egli chiama “mangusta” si immagina per il suo destino di colei che schiaccerà la testa al serpente, infatti la mangusta è un animale che uccide i serpenti. Appena la fanciulla dà i primi segni di maturità fisica, viene data come promessa sposa ad un falegname, già vedovo, di molti anni più grande di lei. Questi la riconduce a Nazareth, città natale di entrambi, dove vivrà in compagnia di altre fanciulle mentre il promesso sposo si trova a Gerusalemme per lavoro. La narrazione procede in modo dolce e cauto, mostrandoci Miriam affaccendata ogni giorno con le mansioni consuete di tutte le donne, con le sue ire e i suoi momenti felici, i suoi dubbi e la voglia di non crescere sempre con la consapevolezza che per lei il destino è già scritto e non è un destino comune quello che l’attende. Questa sua unicità comincia a palesarsi nel momento in cui arriva un angelo, ma non è il suo angelo custode ed amico, bensì un angelo serio e temibile, egli farà il suo annuncio a Miriam ed ella resterà incinta, con non pochi problemi, in quanto non è ancora sposata ufficialmente con Josaphat, ma il Signore e i suoi angeli vigilano su di lei e tutto va per il meglio.
Il romanzo è costruito sulla testimonianza di vari Vangeli apocrifi, e ci mostra un lato della storia della religione cristiana assai poco proposto, dando così ampio spazio alla fantasia della giovane autrice. La vicenda prevedibile nel suo epilogo, tuttavia non è così prevedibile nel suo svolgimento, vediamo infatti Miriam/Maria preda dei dubbi, anche atroci, sia sulla presenza di Dio nelle vite della povera gente, sia sulla sua propria “Missione”, laddove invece ci si è sempre sentiti dire che Maria non ha mai avuto il benché minimo dubbio. Inoltre la storia ci mostra un lato credo completamente inedito della vita della giovane Miriam, ella infatti, nel libro, conosce e si innamora di un ragazzo, suo coetaneo, con quei meccanismi tipici dei giovani di qualunque tempo, e sta per cedere a lui il suo dono più prezioso e che è destinato a restare inviolato per tutto il corso dei secoli. Il “fattaccio” ovviamente non accade, ma pare che Miriam resti innamorata di questo fanciullo (che l’autrice chiama David…) anche quando è già moglie di Josaphat. La narrazione è ben costruita e condotta con un linguaggio semplice ed informale, sebbene la ricostruzione storica a volte pare tentennare un po’ per indulgere a situazioni e modalità ben più moderne; inoltre nella narrazione l’autrice usa termini “tecnici” ovvero chiama col nome tradizionale ebraico alcune festività od oggetti di uso comune – un breve glossario a fine testo soccorre il lettore – che rappresentano una minima nota di colore locale e tentano di dare veridicità alla narrazione.
Il libro è adatto a fanciulli di ogni età, consigliato soprattutto per quelli dai 10 anni in poi, è una lettura curiosa e a tratti avvincente e può essere una ottima alternativa alle solite storie derivate da mitologie nordiche od asiatiche in quanto checché se ne dica su questi fatti è incardinata buona parte del nostro bagaglio culturale; inoltre può essere un bel contraltare ai racconti più canonici od ortodossi. Rimane comunque il fatto che, al di là delle storie, inventate o storicamente veritiere, la fede è un fatto personale intimo e misterioso. Cogliamo allora l’occasione per augurare buon Natale a tutti.

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