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Sulle tracce dell’uomo

Poesia

Salvatore Violante (Biografia)
Marcus Edizioni

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 05/02/2010 12:00:00

“Sulle tracce dell’uomo” è una raccolta di poesie dai significati ampi e di elevata densità sostanziale. Già il titolo richiama il percorso concettuale poetico proposto dall’autore, così come il significativo olio su tela di Lucio Rosco riprodotto in copertina. Sono ironiche escursioni su un mondo che si svolge nelle coordinate esistenziali dell’autore, fatto di persone con i loro modi di operare, agire ed intessere relazioni; vi è la città, con i suoi luoghi di vita pubblica e privata. Vi sono visioni del mondo sociale, talvolta marcate da una serietà importante, talvolta, invece, irridenti e canzonatorie, come se il poeta volesse scrollarsi da dosso luoghi comuni – non solo da sé stesso, ma anche ad una società ormai da troppo tempo anchilosata da pensieri e modi irritanti – talvolta invece il suo meditare si fa sfumato in giochi di parole canzonatorie, come a voler sdrammatizzare la pesantezza cupa del solito dire.
In “Sonata ad orecchio”, pag. 12, Violante esprime il suo interessante modus vivendi ed operandi poetico: “Io non mi pongo limiti / né tattiche o raggiri / disegno ciò che capita / respiro i miei respiri / e cerco di cantarli / senz’annotare accordi / ascolto la mia anima / ne pizzico le corde: / risale un suono morbido / ansato per tremori / a volte c’è una sincope / di striduli rumori / ma sempre un soffio tenero / contiene le mie pene / rendendo caldo / il gelido racconto che contiene”.
In “Carezze usuranti”, il poeta canta la natura, capace, nel suo muoversi, di donare all’uomo, il suono della vita e il senso della sua stessa parola: “Questo mare con l’onda che cammina / io guardo / e sento della vita / il suono / che scorre a riva, / […] E sento il tempo / e il moto / e le stagioni / che fasciano la vita, / e le parole / che vestono lo sguardo delle cose / diversamente assenti, / e la natura / che scorre come un rivolo / e riporta / ciascuna vita a naturale sorte.” (pag. 19).
In questa raccolta c’è veramente un gran fermento di idee e scrittura, v’è un dire su molte cose e molti fatti, i titoli stessi dei testi sono esplicativi: La mongolfiera, Etica, Il mondo, Contadini, Gravità, Bontà, Querce, Balletti, Cronaca nera, Salmi, L’ultras, La morte, P.I.L., Un po’ di Post, Apocalisse (prove), eccetera.

Benché ci sia uno stile uniforme di composizione, si riscontra, tuttavia, una certa piacevole fantasia di scrittura. Per la maggior parte i testi sono dediti a un lirismo voluto e ricercato attraverso l’introduzione di aggettivazioni e assonanze, sia all’interno dei versi che al termine con le rime; non mancano però momenti in cui Violante si lascia andare in virtuosismi poetici simpatici, allegri e sonori, ricercando e forzatamente inserendo rime e assonanze che rendono certi testi vere e proprie filastrocche che risuonano onomatopeiche; viene la voglia di leggerle a voce alta per gustarne il gioco sonoro, come la poesia che apre la raccolta, intitolata “La gallina di città”: “[…] / Con passetti corti corti / strabuzzando gli occhi storti / canta chicchi-ricchi-chì, chirì-cchichì / poi si gonfia il suo piumaggio / come nuvola di maggio. / […]”.
Per mia onestà critica devo però dire che alcuni testi potrebbero, a mio avviso, guadagnare in forza limando qua e là alcune rime, ma sono sicuro che questo è soltanto un mio gusto personale, che non vuole intaccare, e non intacca, il valore della ricerca poetica e di linguaggio dell’autore, infatti, come tutte le attività di ricerca, si devono provare percorsi anche rischiosi, come lo sono quelli del lirismo e dell’elegia, almeno nel contesto della scrittura moderna contemporanea.
In altre parti della raccolta, si veda ad esempio l’appendice intitolata “moti e terremoti”, vi sono composizioni, a mio gusto tra le più riuscite, completamente essiccate al sole di certo tipo di rigore poetico: “resta la catalessi della gente del Sud / e lo smeriglio, questa pietra dura, / resta la storia antica di paure / la calce bianca i santi / nelle campane di vetro.”, pag. 93. Fino a spingersi, in qualche testo, a composizioni tipiche, nella disposizione delle parole e nella musicalità, della scuola poetica dell’amica Bettarini, ma con tutta la forza della personale scrittura di Violante.
Insomma una raccolta che non passa inosservata e che mostra un poeta in ricerca e che, forse, invita a fare altrettanto. Violante mi piace perché sa giocare, pur nella serietà dei contenuti del suo libro, lo sa fare modulando la forma poetica. Cosa rischiosissima per un poeta, ma lui sa mostrarsi poeta in ricerca, non teme la critica. Complimenti.

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