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Silloge d’Endecasillabi

di Antonio Ciavolino
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Pubblicato il 01/09/2014 18:19:47

 

 

 

I

^

Il mio destino fragile depongo
nel pozzo ai desideri della luna.

Risaltando, quest'ora mi solleva
nel sole di un tramonto zafferano.

*

II

^

 Che cosa raccontiamo quando siamo
 sulla scena, di noi più della rena
 che corre, tempo lesto, tra le dita 
 e scorre mai tradita dai suoi vetri;
 di questo spazio in metri che misura 
 le prime angustie e lentamente usura

 

 le trasparenze a dire tutto il cuore, 

 ricerca della cura all'indigenza
 di raccontar amore mentre oscura?
 Nero, è il colore delle mura intorno 
 al capoverso della mia scrittura.

*

III

^

Di noi rimanga un ridere sommesso,
 per questa vita mai come l'aspetti;
 la danza dei miei giorni scardinati
 turbina pioggia e sole in alternanza

 

 e il tempo che mi fugge fra le dita,
 è sabbia di castelli fantasia
 corsara col suo vento che dirocca
 come respiro denso di tempesta.

 

 *

IIII

^

Briganti, gli occhi tuoi dentro il mio tempo,

in quel miraggio d'acque controsole;

nuovi giorni di sogno inesauribile

per catturare il vento o per difendere

i crediti del cuore e poi brigante

 

la docile parola senza senso
più questa croce nera in fondo al cuore.

*

V

^

Mio cuore di bolina e senza sale,

ti perdo nei marosi d'ogni coppa;

il tomo delle fiabe sottosopra,
insinua tutta pura l'anarchia:

 

vivi felice ed incompiuta e a lungo,

mia anima assolata e controvento.

*

VI

^

Arare questa vigna di buon'ora
sferrando col sudore la vangata;
la prima gemma scorta controsole
che nuova luce e se ne adorna il tralcio.

Altalenando per vibrare il colpo
giusto in sequenza per la fila d'oro,
all'improvvisa brezza di levante,
la marra elevo come una preghiera.

E giù! Scommetto; vedo la promessa:
il ramo colmo ed il raccolto pieno.
Saranno il tempo, il clima, mutazioni
nei vuoti zodiacali o nei suoi pieni;

gli dèi, la luna o la ventura, il sole,
come la vita, giostra d'occasioni.
Gioco l'azzardo, affondo un'altra mossa 
e giù! mentre già venere declina.

*

VII

^

 

Ho lavorato veramente sodo ,

durante questo giorno soleggiato:
le perle di sudore assai salate,
sono misura giusta del mio braccio

e con la spietatezza della falce,
m'appago quando stanco e senza tedio,
prendo sollievo al desco della mensa,
nella dolcezza piena dell'attesa

 

casta di vino rosso e desinare,
di un ristoro di sonno che già pesa
sottile sulle palpebre e rapisce,
per consegnare ad un silenzio pago.

*

VIII

^

Il giorno spinge il cielo a prolungarsi

nel mare, fino al sole che declina,

per raccontare stelle che verranno.

Sulle mie mani, scorgo le stagioni

e ancora mille tracce della vita,

scandita al grano biondo che matura.

Nella mia mente un canto si sussurra,

tenue legato a un lieve fil di nulla,

oracolando amori che saranno.

Disteso presso il limite del giorno:
silenzio, grazia colma che ristora,

come carezza aperta sulla sera.

*

VIIII

^

... ma quante volte si vive quaggiù,

su quest'orlo di favola d'abisso,

sotto il sole smagliante dei serpenti

e dove un morso dolce diluisce

l'acredine del tempo che non torna?

Noi navighiamo sulla stessa barca,
da sconosciuti: il resto, la sorte e io.

*

X

 

^

 

 Dove la terra spinge avanti il limite, 
  colà dimora amore che non muore:
  banale calembour di rime solite 
  ciò non di meno, piena verità.


  La terra interra la volgarità, 
  sincera come il vino nelle mescite 
  e quando e dove abbatte ogni dolore, 
  amore esalta le sue danze esplicite


  e via l'osceno intorno che tempesta. 
  La terra, con il cuore, la sapienza, 
  per una vita onesta, tanto basta


  amore e per la terra mai funesta, 
  la giostra della luna, l'abbondanza 
  del mio raccolto ed è giorno di festa.

*

XI

^

Chi merita, tra noi, la vita eterna
e chi il piacere della compagnia?
Resta oscurata questa mia lanterna
nel gioco delle perle in agonia:

ma forse quel backup non fu completo

e stringhe di memoria in piattaforma

non quadrano per chiudere il segreto

della parola che rintraccia l'orma

 

di un palpito emotivo scardinato

dal mio make up che lento si discioglie
colando in scie di tenebra e belletto

che cogita tra il detto ed il non detto,
per consegnare dubbi sulle soglie
del mondo nuovo non ancora nato.

*

XII

^

Non resta più che il limitar dell'orlo
poi oltre, nell'ammanco della cruna:

il vuoto può ferire.


Alle ombre lunghe chiederò ristoro,

m'eclisso come sole, come luna.

*




 




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