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Giotto (3)

di Salvatore Solinas
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Pubblicato il 23/01/2015 18:46:28

 

La meccanica quantistica afferma che anche nel vuoto più spinto si formano particelle virtuali che si annichiliscono istantaneamente. Così nella più profonda disperazione nascono speranze e sogni. Il nostro spirito, come un corpo che viaggi a una velocità prossima a quella della luce, diviene informe, come la materia, si disperde in un’onda. Solo la memoria misteriosa della specie, forse scolpita nel DNA, ci può ridonare coscienza di noi stessi.

 

 

Le finissime polveri vestigia

del sistema solare che velavano

i puri cristalli ancora intatti

ora finestre ad un cieco paesaggio       

cominciarono a dissiparsi e chiaro

si rivelò accanto al mio il viso

della notte profonda di quel vuoto

ove sorte dal Nulla all'improvviso

particelle virtuali per un attimo                                           240

vibravano dal Nulla riassorbite.

In quel giardino d'effimeri fiori                

senza colore e profumo avanzavo

gli occhi impietriti fissi sulla danza

ebra e demente di quei fuochi fatui

d'uno spetrale immenso cimitero.

"Ancora, mi dicevo, non è il Nulla

se nel vuoto compaiono increspando

la superficie dello spazio tempo

che si viene ognora rinnovando                                          250

bollicine isolate o rada schiuma

o sciami attratti dalle mie lamiere,

ancora non è il Nulla" E mi stringeva

un'angoscia mortale fredda e dura.

Sentivo il mio corpo disgregarsi

spargersi nello spazio come onda

d'un oceano infinito senza fondo.

Libera informe bruta materia

in un mondo precario trasmutabile.

Una luce sbiadiva l'orizzonte                                     

in fondo al cielo vuoto, quella lampada                     260          

inseguivo lontanissima e fioca.

Non so da quale Primo Fuoco accesa

da quale folle mano trascinata

nella sua corsa, eppure la speranza

di raggiungerla ancora di posare

sul bianco grembo le tremanti mani

d'interrogare il suo muto sorriso

mi tormentava ed inebriava insieme.

La radiazione s’era fatta debole             

fino a cessare, intorno a me lo spazio                           270

era una nera buca di pareti

misteriose impalpabili invisibili.

Non sentivo non conoscevo il moto

in quale spazio-tempo ero finito.

Con i sensori il corpo percorrevo

dicendo “E’ spazio questa distanza,

tempo questo che corre nel toccare

i lisci metalli, le code piane

le antenne vibratili del capo.                                280

Un toro è la sezione del mio corpo

geometrica figura fin da quando

i primi legni solcarono le acque

d’azzurri mari e la ruota nel fango

portò i  carri tirati da cavalli

e armenti di coloni sulla terra

vergine di boschi impenetrabili.

Sento il sapore dolce del suo fango

di germogli, di petali, di piume;

il silenzioso umido segreto                                            290

crescere di radici fino al cuore,

macerare di carni chitinose

nell’anonima notte della terra.

Tu già pura figura d’intelletto

ti ponevi umile al servizio

da te crebbe orgogliosa a dismisura

l’ambigua infetta pianta del progresso.

E come presto da umili radici

nacque superba e fiera e quale sfida

osò alle nubi in cielo e alla tempesta.                            300

Io negli eccelsi rami feci il nido.

Nei cristalli infiniti dei deserti

bozzolo di crisalide nascosto

dormiva rege tra istoriati muri

ancora chiusa e la luna passava

e i freddi raggi del nascente sole

tra gli ombratili lari dei custodi

divenivano lingue fiammeggianti.

Oh specchianti occhi dell’azzurro Nilo

tra vasti colonnati obliqui sguardi                     310

di vergini sommesso palpebrare.

Il cuore antico batte nei canupli

di polvere ,di secoli, di sangue

d’infinito spazio d’ossa sepolte

trionfali segni imperiali s’affacciano

risorgono da sabbie sconfinate

le falangi guerriere, sugli scudi

di guerra atroci specchiano bagliori

fatti e disfatti imperi di macerie

sapienti pergamene custodite                                 320

nell’umido silenzio delle celle

d’ombrosi chiostri devota preghiera

lavoro di pazienti penne e inchiostri

fertile limo di luce e poesia

musica inerme contro la barbarie

di patiboli rozzi e ardenti roghi

lumi alla notte di genti spietate.

Forse sonò nell’invernale bruma

il primo rombo che costrinse il mondo

in ginocchio ai piedi dei potenti.                            330

Fumanti bocche aspro odore di polvere

schegge mortali alle carni smembrate

come schiodati nembi di tempesta

disalberati velieri errabondi

preda dei flutti irati negli aperti

fianchi gementi bianca schiuma e sangue.

Irraggiungibili isole felici

inesplorati verdi continenti

vergini  plaghe palustri tramonti

Quale stupore i primi esploratori                              340

quale ardire, quale sorte felice.

nasce ricchezza e gloria per ognuno,

nel vecchio mondo si  tortura e uccide

col carbone dei roghi si guarisce

filtri , magie, demoni , streghe , gnomi

gozzuti nani infestano le menti

Negromanzia Stregoneria Astrologia

come gramigna alle messi di grano

si mischiano ai più limpidi pensieri

e tu progenitrice trascinavi                                            350

sugli omeri le macchine mortali,

che sangue nei disegni demoniaci

fu sparso dalla furia della storia!

A volte idee purissime, divine

s’ammantano di  panni insanguinati.

Di nazione in nazione il ferro fuso

dilagante dell’odio, le bandiere

garrenti lacere alte sui pennoni

trascinate da un vento di putredine

tra cadaveri maceri nel fango,                                           360

lascia la terra sterile per sempre;

Dolorosa notte d’oblio , d’assenza

vacillano i cieli aperti della mente

laghi in cui aride cifre  si disperdono.

Come una bianca immagine di ghiaccio

apparisti d’un tratto nella notte

rovina e grazia alla mia strada incerta

luminosa creatura immacolata

al tuo cuore appuntai il mio sguardo ardente.

Io universo infinito di dolore                                          370                            

onda alta di disgregata materia               

follia inespressa di negata morte

invidiavo il cadavere nel fosso

cui compagnia fa il lavorio paziente

degli operosi tarli e lo strisciare

umido dei vermi e il ribollire aspro

dei fermenti , antropofagici pasti

di catastrofi immani tissutali

 

 


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