La meccanica quantistica afferma che anche nel vuoto più spinto si formano particelle virtuali che si annichiliscono istantaneamente. Così nella più profonda disperazione nascono speranze e sogni. Il nostro spirito, come un corpo che viaggi a una velocità prossima a quella della luce, diviene informe, come la materia, si disperde in un’onda. Solo la memoria misteriosa della specie, forse scolpita nel DNA, ci può ridonare coscienza di noi stessi.
Le finissime polveri vestigia
del sistema solare che velavano
i puri cristalli ancora intatti
ora finestre ad un cieco paesaggio
cominciarono a dissiparsi e chiaro
si rivelò accanto al mio il viso
della notte profonda di quel vuoto
ove sorte dal Nulla all'improvviso
particelle virtuali per un attimo 240
vibravano dal Nulla riassorbite.
In quel giardino d'effimeri fiori
senza colore e profumo avanzavo
gli occhi impietriti fissi sulla danza
ebra e demente di quei fuochi fatui
d'uno spetrale immenso cimitero.
"Ancora, mi dicevo, non è il Nulla
se nel vuoto compaiono increspando
la superficie dello spazio tempo
che si viene ognora rinnovando 250
bollicine isolate o rada schiuma
o sciami attratti dalle mie lamiere,
ancora non è il Nulla" E mi stringeva
un'angoscia mortale fredda e dura.
Sentivo il mio corpo disgregarsi
spargersi nello spazio come onda
d'un oceano infinito senza fondo.
Libera informe bruta materia
in un mondo precario trasmutabile.
Una luce sbiadiva l'orizzonte
in fondo al cielo vuoto, quella lampada 260
inseguivo lontanissima e fioca.
Non so da quale Primo Fuoco accesa
da quale folle mano trascinata
nella sua corsa, eppure la speranza
di raggiungerla ancora di posare
sul bianco grembo le tremanti mani
d'interrogare il suo muto sorriso
mi tormentava ed inebriava insieme.
La radiazione s’era fatta debole
fino a cessare, intorno a me lo spazio 270
era una nera buca di pareti
misteriose impalpabili invisibili.
Non sentivo non conoscevo il moto
in quale spazio-tempo ero finito.
Con i sensori il corpo percorrevo
dicendo “E’ spazio questa distanza,
tempo questo che corre nel toccare
i lisci metalli, le code piane
le antenne vibratili del capo. 280
Un toro è la sezione del mio corpo
geometrica figura fin da quando
i primi legni solcarono le acque
d’azzurri mari e la ruota nel fango
portò i carri tirati da cavalli
e armenti di coloni sulla terra
vergine di boschi impenetrabili.
Sento il sapore dolce del suo fango
di germogli, di petali, di piume;
il silenzioso umido segreto 290
crescere di radici fino al cuore,
macerare di carni chitinose
nell’anonima notte della terra.
Tu già pura figura d’intelletto
ti ponevi umile al servizio
da te crebbe orgogliosa a dismisura
l’ambigua infetta pianta del progresso.
E come presto da umili radici
nacque superba e fiera e quale sfida
osò alle nubi in cielo e alla tempesta. 300
Io negli eccelsi rami feci il nido.
Nei cristalli infiniti dei deserti
bozzolo di crisalide nascosto
dormiva rege tra istoriati muri
ancora chiusa e la luna passava
e i freddi raggi del nascente sole
tra gli ombratili lari dei custodi
divenivano lingue fiammeggianti.
Oh specchianti occhi dell’azzurro Nilo
tra vasti colonnati obliqui sguardi 310
di vergini sommesso palpebrare.
Il cuore antico batte nei canupli
di polvere ,di secoli, di sangue
d’infinito spazio d’ossa sepolte
trionfali segni imperiali s’affacciano
risorgono da sabbie sconfinate
le falangi guerriere, sugli scudi
di guerra atroci specchiano bagliori
fatti e disfatti imperi di macerie
sapienti pergamene custodite 320
nell’umido silenzio delle celle
d’ombrosi chiostri devota preghiera
lavoro di pazienti penne e inchiostri
fertile limo di luce e poesia
musica inerme contro la barbarie
di patiboli rozzi e ardenti roghi
lumi alla notte di genti spietate.
Forse sonò nell’invernale bruma
il primo rombo che costrinse il mondo
in ginocchio ai piedi dei potenti. 330
Fumanti bocche aspro odore di polvere
schegge mortali alle carni smembrate
come schiodati nembi di tempesta
disalberati velieri errabondi
preda dei flutti irati negli aperti
fianchi gementi bianca schiuma e sangue.
Irraggiungibili isole felici
inesplorati verdi continenti
vergini plaghe palustri tramonti
Quale stupore i primi esploratori 340
quale ardire, quale sorte felice.
nasce ricchezza e gloria per ognuno,
nel vecchio mondo si tortura e uccide
col carbone dei roghi si guarisce
filtri , magie, demoni , streghe , gnomi
gozzuti nani infestano le menti
Negromanzia Stregoneria Astrologia
come gramigna alle messi di grano
si mischiano ai più limpidi pensieri
e tu progenitrice trascinavi 350
sugli omeri le macchine mortali,
che sangue nei disegni demoniaci
fu sparso dalla furia della storia!
A volte idee purissime, divine
s’ammantano di panni insanguinati.
Di nazione in nazione il ferro fuso
dilagante dell’odio, le bandiere
garrenti lacere alte sui pennoni
trascinate da un vento di putredine
tra cadaveri maceri nel fango, 360
lascia la terra sterile per sempre;
Dolorosa notte d’oblio , d’assenza
vacillano i cieli aperti della mente
laghi in cui aride cifre si disperdono.
Come una bianca immagine di ghiaccio
apparisti d’un tratto nella notte
rovina e grazia alla mia strada incerta
luminosa creatura immacolata
al tuo cuore appuntai il mio sguardo ardente.
Io universo infinito di dolore 370
onda alta di disgregata materia
follia inespressa di negata morte
invidiavo il cadavere nel fosso
cui compagnia fa il lavorio paziente
degli operosi tarli e lo strisciare
umido dei vermi e il ribollire aspro
dei fermenti , antropofagici pasti
di catastrofi immani tissutali
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