La coscienza individuale e collettiva della civiltà occidentale, per quanto si adoperi a superare, dimenticare, non può liberarsi dal rimorso per le immani catastrofi che hanno insanguinato il Novecento. La memoria non può cancellare le guerre, le stragi di milioni di esseri innocenti dove alla stolida ambizione di generali e guerrafondai si mischiavano in un mixer esplosivo la follia di dittatori e la stoltezza di uomini politici.
I versi in latino sono leggibili nei due sensi, da destra a sinistra e da sinistra a destra. Nel medioevo si credeva fossero dettati da Satana in persona. Ora servono a evocare il demoniaco che si cela nell’opera umana.
“Io generale presi la collina
in un mattino di furiosa pioggia, 380
i miei soldati come topi a frotte
lasciavano le tane di fanghiglia.
Quanti son morti sotto la mitraglia
insozzando la terra di ventriglia
avranno onore e lapide e medaglia
a me un comando di maggior prestigio
forse un governo in pace o un ministero.
Patrii confini , Alpi, rosse correnti
fragorose di sangue, cimiteri
d’elmi forati , lapidi perdute 390
dove fiorisce timido lo spino
seppelliste il valore e la ferocia”
“Sento i miei baffi d’istrice vibrare
aghi di ghiaccio sul labbro rappresi.
La nuda fredda steppa fu fatale
sempre ai colleghi miei predecessori.
Anche il Francese che lasciò l’impronta
nella gelata mota della piana
non mi fu di consiglio a miglior sorte.
Io che con matematico disegno 400
volevo liberare l’universo
da quella bruta razza d’animali
e condussi spogliate le gazzelle
ai neri forni, ai densi fumi eterni
che ingrigivano il cielo tristemente
resistetti fino all’ultima casa
all’ultimo bambino per me armato”
“Quale mandria condussi incatenata
per miglia e miglia d’innevate dune.
Quanti affidai ai venti siberiani 410
perché ne cancellassero ogni traccia.
Quando sfiniti dal cammino, esausti
si piegavano al suolo senza fiato
come giumenti al giogo dell’aratro.
Mia Rush come il lamento delle gru
Somiglia al pianto fermo delle madri.
La pietà delle icone è perduta
nel fondo buio di sabbie paludose.
Quanti nella demenza dei tormenti
non conobbero il padre né il fratello! 420
Nell'ebbrezza del sangue la paura
s’insinuava come una larva insonne
rendendo più feroce la follia”
“Gli scienziati mi avevano avvertito,
non era una palla di cioccolato
non un fungo del prato, un ombrello
che le signore portano sui viali
a passeggio per riparo dal sole.
A Washington brindai quella mattina
all’esito felice della guerra. 430
Non mi turbava il sonno la visione
di quei visi nipponici sbiaditi
esplodere in coriandoli di carne.
Da quel giorno cadde una pace fredda
come neve sul campo di battaglia”.
“Sono nata in un hangar del deserto
nel segreto fu il mio concepimento
dietro le siepi di filo spinato.
Ricordo il giorno dell'esperimento
sotto il sole polveroso e cocente 440
i loro sguardi attoniti la mia
smisurata felicità mostrando
l’infinita potenza, l’assoluta
libertà di trascorrere nel cielo
con un volo infuocato di gabbiani.
Ricordo una città come le altre
i palazzi di pietra le fontane
fabbriche grigie fumanti officine
periferie di case diradanti
nella verde campagna contadina 450
tanto azzurro sopra di me e di sotto.
Non potei trattenere la fissione
era un immenso orgasmo primordiale
che strappa le lenzuola, abbatte i muri
urlo nei cieli perfidi di lino
nei paradisi di bollenti nubi
scarlatti laghi amari di veleno.
Dietro di sé lasciò desolazione
e una morte invisibile nell’ aria”
In girum imus nocte tenebrosa 460
la mia voce di bronzee risonanze
sentore di cantina nel mio cuore
et consumimur igni nera stella.
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