Constatando l' invito alla pressione della carne
come unguento dalle mani agli occhi
viene il canto svelto delle vene
in rintocchi surrogati di campane
per l' ardore delle nostre cerimonie.
Tanto breve la distanza
da essere lo stesso spazio dei polmoni
dove quel bruciare l' aria
che si compone d' altopiani
lascia libera una parola da cantare
sempre quella con più voci
fino ad essere il ruggito forte della terra
dove andare in contumacia a perdere se stessi
per trovarsi in cielo poi
a naufragare quelle stelle
che ci hanno visti dominati
dai languori della Luna
quando siamo stati cani lupo nella steppa.
Sempre vergine è il sapore del tuo chiostro
nonostante le frequenze del vibrato
così io ti riconosco dalle frecce nello sguardo
ogni volta che mi racconti del tuo bosco
voglio andare esattamente dove mi porti
con la forza dei tuoi versi
per scoprire quel sentiero che conduce al cuore immacolato
per sporcarlo dei miei versi come fosse colorarlo.
Dimmi, il corallo striato delle foglie puoi fumarlo in primavera?
Per cambiare in santo succo il profano chiasmo del tuo sentire?
Voglio dire, mi coprirai di rami quand' è sera
per non farmi trasalire?
Questo freddo che ci accoglie
come volpe nella tana
ci ricorda la furbizia
con cui salvammo i nostri cari dalla gogna.
Che vergogna innamorarsi
di qualcuna che non t' ama
ma se lo sai
è una languida vittoria.
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