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Il caso Micropiede

di Adolfo Sergio Omodeo
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Pubblicato il 06/06/2016 15:41:21

 

  I L  C A S O  M I C R O P I E D E

    tra  ricerca  sperimentale  e  ricerca  speculativa.     

                          di Adolfo Sergio Omodeo     

     a Francesco Piva, promotore del Museo dell’Informatica, presso l’ex Macello di Padova

 

          La biblioteca dell’Istituto Centrale di Psicologia Scientifica era la più grande e fornita del nostro Paese, e spaziava dagli studi di Lombroso alla psicoanalisi, dal comportamentismo alla teoria della percezione, dalla mistica yoga, fino alla nascente cibernetica, inoltre offriva riviste italiane e soprattutto straniere. Come si sa l’Istituto e la biblioteca erano situati in un ex monastero in centro città, che è purtroppo impraticabile da decenni per motivi di sicurezza- Il suo abbandono ha portato all’apertura del nuovo grande Centro Studi Psy Kappa, e alla sua nuova e specializzata sala di lettura elettronica,  nonché alla legge che vieta agli psicologi sperimentali di produrre danni intenzionali a persone o strutture sociali.

 

Ho sempre pensato che  in nome della sicurezza si fosse seminato panico per coprire una speculazione edilizia. Ora che si annuncia la demolizione  dello storico convento con la collaborazione di artificieri e della Protezione civile, per costruire un parcheggio che allevii il traffico di mezzi fuoristrada dei residenti in zona pedonale; mi sento in dovere di rendere noti alcuni retroscena del problema, su cui fin’ora tacevo per evitare polemiche e accuse.

 

Quando ero studente non esisteva ancora la professione di psicologo codificata come oggi. Chi vi aspirava coltivava la sua visione della materia, studiava molto da solo e discuteva e collaborava con pochi altri studenti con analoghi interessi. La Biblioteca dell’ Istituto  era il centro della futura psicologia, e lì studiosi e studenti, dilettanti e sperimentatori si aggiornavano in silenzio sui testi e le riviste del settore. Nella sala di lettura era d’obbligo il silenzio La bibliotecaria aveva problemi di udito e le richieste avvenivano per iscritto. Un grosso armadio di ferro smaltato chiuso a chiave custodiva i test mentali, a disposizione solo col consenso e la supervisione della professoressa responsabile.

 

Si poteva parlare solo nell’ingresso delle toilette, e qui avvenivano brevi, intense e folgoranti comunicazioni. Ricordo il collega di studi che uscendo dal privé mi disse: hai presente l’ultima prova del test di Raven, con quelle specie di fiori disegnati ? Finalmente ho capito! Sette  petali fuori e otto dentro, poi , otto fuori e sette dentro.., gesticolando come per disegnare in aria i petali. Il test  valuta i livelli intellettivi a prescindere dalla lingua, dalla capacità di lettura e dalla cultura d’origine, e rivela pure disturbi affettivi attraverso irregolarità di rendimento. Già allora pensavo che l’incapacità mentale potesse derivare da blocchi e inibizioni emotive, e pensai che in una biblioteca  i gabinetti avevano una funzione liberatoria, catartica. 

 

Proprio l’espansione progressiva della Biblioteca aveva via via ridotto lo spazio dei laboratori da esperimento, costringendoli nel sottotetto; qui tra una travatura e l’altra si trovavano impolverati vecchi labirinti per topi (esperimenti poi vietati perché i topi fuggivano, proprio in biblioteca), grandi tavole figuranti illusioni ottiche, una Macchina della Verità dono degli Alleati liberatori. Contenitori con paratie mobili per lotte di polli o di scarafaggi tropicali (i polli venivano mangiati da professori dopo gli esperimenti, ma gli scarafaggi in fase riproduttiva avevano messo le ali e invaso la biblioteca sottostante).

 

Noi ottenemmo di svolgere un esperimento autogestito sulla percezione dello spazio strutturato da parte dei polli. Facemmo una pessima figura quando ci scapparono, e dovemmo scendere in atrio a cercare qualcuno “capace di prendere un pollo”. Però nell’esperimento, uno dei quattro polli della nostra ricerca, una volta tolte le transenne del labirinto, per andare al cibo  ne ripercorreva il percorso serpeggiante come se le transenne ci fossero ancora. “Comportamento superstizioso” si sarebbe detto con Skinner, psicologo sospettato di scrivere fantascienza. Ci pareva interessante, ma nessun docente ne volle discutere con noi  per non inimicarsi il Direttore,  studioso della percezione spaziale come facoltà  innata, e che già ci considerava pericolosi attentatori della sua disciplina  se non dell’Istituto stesso .

    

Erano i primi tempi dell’informatica, e  nella piccola segreteria della biblioteca fu introdotto un perforatore di schede, la segretaria ci insegnò a usarlo. Si trascrivevano i dati da analizzare tramite una tastiera che perforava dei cartoncini; le schede venivano poi portate al Centro di Calcolo convenzionato, a oltre trecento chilometri di distanza, l’unico fornito di un programma specifico di psicometria e psicolinguistica. Lì ho visto “ il trionfo della morte “ di Gabriele D’annunzio, messo in ordine alfabetico, parola per parola o per sue varianti, con la speranza di capire dall’analisi statistica, le ispirazioni profonde dell’autore, Credo senza successo, ma il metodo ha forse contribuito ai sistemi di correzione automatica  e di scrittura facilitata, e forse obbligata,  che oggi usiamo sul computer o sul cellulare…. 

 

Viste le difficoltà di dedicarci alla psicologia sperimentale, ci appassionammo subito alla psicocibernetica. Grey Walter aveva costruito una tartaruga elettronica che stava nascosta sotto i mobili, usciva a ricaricarsi le batterie con la luce solare, e tornava a rintanarsi. Si poteva pensare che fosse un banale automatismo, ma la tartaruga mostrava reazioni inconsulte posta di fronte a  luci intermittenti o luci dislocate, e subito si era aperta la vecchia questione: isterismo per conflitto tra motivazioni contrastanti o epilessia per malformazioni dei circuiti? L’articolo riportava pure lo schema elettrico della bestiola tecnologica e decidemmo di realizzarne una anche noi .

 

Costruimmo la nostra tartaruga, con pochi elementi: due piccole locomotive dei nostri giochi infantili, marca Rivarossi, le più sensibili e manovrabili, poste parallele e fornite di cingoli in modo da  poter superare ostacoli  o procedere anche se capovolte (e quasi a prefigurare le futuribili sedie cingolate per disabili ora in via di realizzazione);  cellule fotoelettriche tratte da esposimetri fotografici rotti, batterie ricaricabili per lampadine da comodino che si usavano allora, un semplice circuito di controllo gestito da tester usati nei corsi degli Istituti Tecnici; infine ma non ultimi degli interruttori apri-porta per fare scattare i meccanismi di feedback. La macchinetta mosse i suoi primi giri di cingolo in biblioteca procedendo effettivamente verso la finestra e attardandosi e serpeggiando sotto le file di lampade che illuminavano i tavoli di lettura.

 

Una laureanda in letteratura per l’infanzia la vide, disse: “Che carina! è come Micropiede, la tartaruga elettronica della storia di Arpino”… La  carezzò  ammirata ma una violenta scossa elettrica la costrinse a desistere con un urlo mal soffocato nel silenzio della sala di lettura . Infatti quello tra noi che aveva studiato elettrotecnica, aveva introdotto questo modifica per evitare che la bestiola elettronica ci venisse rubata. Tuttavia le batterie ricaricabili a quei tempi duravano pochissimo, Micropiede era stremata dopo ogni passeggiatina e ancor più dopo una scossa elettrica difensiva .

 

Quello di noi che ava fatto gli studi di elettrotecnica, e a cui – devo dirlo – va la colpa di tutto, pensò poi di fornire Micropiede di una dozzina di lunghe antenne elastiche  di metallo, ulteriore elemento di difesa, e pratico  accesso alle prese elettriche con l’opportuna aggiunta di un piccolo alimentatore. Micropiede si faceva vedere meno, attardandosi tra le prese di corrente poste sotto gli scaffali della biblioteca erano di metallo, ottimo trasmettitore di elettricità, nessuno poteva più prendere un libro né tanto meno catturare Micropiede nascosta e feroce sotto gli scaffali che elettrizzava. Sembra che poi Micropiede abbia imparato a nutrirsi direttamente scorticando i cavi elettrici che corrono lungo il battiscopa divenendo praticamente autonoma anche dalle prese di corrente. Da allora Micropiede alternava senza motivo apparente, periodi di fotofobia restando dietro gli scaffali a periodi di claustrofobia in cui si aggirava nervosamente tra i banchi della biblioteca

   

 All’inizio non avevamo valutato molto le risorse intellettive di Micropiede, cui a occhio avrei attribuito un Qi=0. Però quello che risolveva i quiz mentali alla toilette si era impegnato in una analisi psicoattitudinale sistematica  del nostro cibero. Notò che usava concetti  come avanti e indietro, aggirava sia pure a scatti inconsulti, gli ostacoli che si frapponevano al suo percorso per nutrirsi o per ritirarsi. Data la sua struttura di coordinamento interiore speculare, collegata (o separata) solo dai livelli di carica della batteria, Il soggetto risultava ben lateralizzato seppur ambidestro, cosicché se fosse stato un bambino da scolarizzare avrebbe evitato ogni rischio di dislessia, disturbo per cui i bambini confondo destra e sinistra, alto e basso e avanti e indietro, finché diagnosticati come deboli mentali, finivano a fare disegnini di fiori nelle apposite classi differenziali.

 

Finalmente potevamo fare un po’ di pratica psicodiagnostica reale: Sottoponemmo il cibero a vari test psicologici, proiettandoli in grande sul pavimento. Primo il test delle macchie di Rorshach, che lui aggirava sistematicamente, evidenziando l’effetto “turning”,  per cui il soggetto continua a rigirare la tavola del quiz invece di rispondere, dimostrando imbarazzo o ostilità. Il suo assoluto disinteresse per i dettagli delle macchie rivelava inoltre un’ intelligenza di tipo globale -intuitivo, piuttosto che analitica.. In effetti effettuando il test di Raven, lui serpeggiava tra le figurine delle risposte come cercasse quella giusta e poi puntava sulla casella bianca dove si deve segnare la risposta. Avremmo voluto verificare statisticamente che le risposte giuste  non fossero. casuali, ma finivamo litigando sui criteri di tabulazione del percorso.

 

Una laureanda in psicoanalisi infantile interpretava l’alternanza tra nascondersi e tornar fuori, come faceva Micropiede, come il modo per acquisire la gestione simbolica e morale dell’aggressività. Infatti il nipotino di Freud, bimbo normale, nascondeva e ritirava fuori un balocco, canticchiando: “c’è e non c’è - oilì oilà”. Alternanza in cui appunto si esprime una certa aggressività e il suo controllo. Ma forse Micropiede aveva perversamente invertito i valori morali e sociali, espressi da mostrarsi e imboscarsi.  Stava diventando paranoica e agorafobica.

 

Uno di noi veniva dalla campagna, gestiva un allevamento di polli e ci introdusse all’etologia: riteneva che   si sarebbe potuto capire ogni comportamento animale e anche umano studiando le regole sottostanti alla gerarchia di beccata.  Notava che Micropiede aveva sempre una strategia vincente grazie alle antenne con cui elettrificava chi si frapponesse alla sua ricerca di nutrimento o di rientro nell’ombra. Concludeva che era un vero soggetto dominante ottimamente adattato al suo ambiente, la biblioteca che era la sua nicchia ecologica.

 

L’elettrotecnico d’altro canto notava che  Micropiede superava le fosche previsioni del test di Turino, secondo cui si può dire che un cibero dimostra un’intelligenza umana o la supera, quando un umano interloquendo con esso  crede trattarsi di un altro umano … Infatti ci fece notare che tutti parlando di Micropiede gli attribuivano i pensieri e le intenzioni più contorte, quali falsità, simulazione, provocazioni, adescamenti e tradimenti, atteggiamenti e ragionamenti di tipo umano, se non demoniaco. Da notare una tendenza a parlare di Micropiede al maschile o al femminile a seconda dei diversi motivi di  biasimo.

 

Si era anche discusso se la nostra tartaruga fosse un robota, ma le tre leggi della robotica riferite e discusse da Asimov sembravano escluderlo. Avrebbe dovuto presentare, una sorta di etica seppur etero programmata, essere obbediente e difensivo verso l’uomo e prudente con sé stesso. La ragazza che gli aveva dato il nome, aveva qualche problema di vista e si poneva a studiare nei punti più illuminati della biblioteca. Lì arrivava necessariamente Micropiede e trovandosi bloccato procedeva con il combattimento elettrico. La ragazza esasperata fece forse la diagnosi più adeguata: disse che quello era uno stupido giocattolo pericoloso e nocivo che avrebbe dovuto essere messo fuori legge e rottamato prima che provocasse altri danni.

 

Un brutto giorno il perforatore di schede fu trovato fulminato, si poteva pensare a un guasto o che i ratti avessero roso i cavi, ma tutti incolparono Micropiede. Il professore di statistica psicologica disse “calcolare senza calcolatori sarebbe una contraddizione in termini”, citando Asimov (quel fin troppo rigoroso loico che pur nel suo bicentenario era ancora in voga) e colse l’occasione per decidere di lasciare l’Istituto e proseguire la sua brillante carriera all’estero.

 

L’Istituto fu immediatamente evacuato e ne fu vietato l’accesso per motivi di sicurezza. Noi volevamo farci avanti e proporci di andare a prelevare Micropiede con cui avevamo mantenuto un buon rapporto e sapevamo come prenderlo malgrado il suo pessimo carattere, ma un docente, sindacalista, ci sconsigliò perché saremmo stati denunciati e ci fece capire che Micropiede era stata una occasione insperata per rinnovare l’Istituto. Interdetta e  abbandonata la vecchia sede, fu finalmente costruito  il nuovo Centro Studi  Psy Kappa da tempo auspicato, evitando le lungaggini delle gare d’appalto grazie ai motivi di urgenza e sicurezza....

 

Alla Biblioteca e ai suoi preziosi materiali, è vietato l’accesso, anche se si dice che vengano tuttora pagate le bollette della corrente elettrica, che va mantenuta  per evitare che il micidiale Micropiede cingolato scenda le scale e vada a infestare altri luoghi:  Credo che Micropiede sia in avari da anni, forse lotta per la sopravvivenza contro i topi, sempre ingordi di fili elettrici,  forse si aggira malinconica agitando le sue antenne in cerca di contatti umani nelle sale vuote, ma come verificare!?

 

Il nuovo centro Studi Psy Kappa è più accogliente, ha grandi aule attrezzate, sale per convegni e bar colorati e rumorosi, Manca la biblioteca cartacea ma a chi interesserebbe? Avevo pensato che Micropiede fosse  stato l’alibi per una speculazione edilizia. Ma  forse è stato piuttosto l’alibi per la chiusura della grande biblioteca di psicologia, e per affrettare  la nuova sala di lettura informatizzata. Infatti oggi nessuno si impegna più a capire e discutere quello che legge: Il meccanismo di taglia – copia – incolla consente a studenti e professori di produrre tesine, e articoli, e  forse anche i test di ammissione ai corsi, senza dovere né  leggere né capire…  E questo sì, come aveva previsto l’ultimo grande filosofo scolastico, Mc Luhan, può essere definito  un nuovo trionfo del Maligno.

      

Per concludere ricordo che: Micropiede, soprattutto se affaticato o sotto stress da combattimento, procedeva con strani scarti imprevedibili. Noi psicologi li consideravamo come fenomeni di saturazione mentale, sovraccarico di un circuito rispetto ad altri. Tuttavia un collega di studi che era prete, vedeva proprio in essi una espressione di Libero Arbitrio del cibero. Un po’ per scherzo si discusse allora se non convenisse fargli battezzare Micropiede, di modo che all’occorrenza, che già si annunciava preoccupante, si potesse farlo esorcizzare. O almeno pregare per lui.

 

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Racconto finalista nel concorso “Le figure del pensiero” ANPF 2016.

Adolfo Sergio Omodeo  Psicologo e operatore sociale, scrittore e saggista con interessi antropologici, ha recentemente pubblicato “Zingari e no” edizione Sensibili alle foglie, vive e lavora a Padova. Scrive sul blog robota nervoso. Racconto finalista nel concorso “Le figure del pensiero” ANPF 2016.

Copia del fascicolo manoscritto per la festa di Primavera 2016 per gli amici


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