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Testuale

Rivista

Direzione Gio Ferri - Gilberto Finzi
Anterem Edizioni

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 16/07/2010 12:00:00

Ho letto con vivo interesse i due ultimi numeri della rivista “Testuale”, trovandovi articoli notevoli, indirizzati soprattutto verso una ricerca letteraria capace di mettere in luce i punti di forza, e talvolta le debolezze, della contemporaneità letteraria, in particolare a partire dal 1960, fondandosi su autorevoli voci, tra logica intellettualità ed espressività intellettuale.
Una rivista che fin dalle prime battute di lettura fa nascere la voglia di studiare, approfondire, sviluppare le tematiche, rispondere alle sollecitazioni,… insomma una rivista in cui riconosco un felice dinamismo intellettuale e culturale. Riporto parte della quarta di copertina, perché esplicativa degli intenti di “Testuale”: “[…] nel panorama delle riviste di ricerca letteraria, dell’area italiana, in rapporto non occasionale con altre letterature (in particolare francese e anglosassone) vuole dedicare il proprio intervento essenzialmente alla ‘critica della poesia contemporanea’, con un approccio critico-analitico e interdisciplinare”.
È un periodico di saggistica fondato nel 1983 da Gio Ferri, Gilberto Finzi, Giuliano Gramigna e attualmente sotto la direzione di Gio Ferri e Gilberto Finzi (Direttore responsabile Giorgio Ferrari), si avvale di numerosi collaboratori sul territorio nazionale e all’estero. La rivista è edita dalle Edizioni Anterem di Verona.

Nel sommario del numero 46 si leggono nomi e titoli che – di alcuni già conoscendone la nota acutezza di pensiero – destano subito interesse verso la rivista che li ospita, attirando attenzione e foga di lettura: Maurizio Spatola (fratello di Adriano Spatola), Giovanni Infelise, Tiziano Salari, Franco Romanò, Donato Di Stasi, Gio Ferri.

Il primo, Maurizio Spatola, con un saggio dal titolo “Etica, rigore, anarchismes nella poetica di Adriano Spatola”, ricostruisce il percorso teorico e critico del poeta Adriano Spatola, non avvalendosi di una “ortodossa metodologia analitica o filologica”, con l’intento “bensì di riannodare i fili di un discorso coerente ma frammentato, sia attraverso gli scritti (in qualche caso poco o per nulla conosciuti) sia tramite la connessione con la produzione poetica e le varie fasi dell’esistenza” del fratello.

Il secondo, Giovanni Infelise, con un saggio intitolato “Arthur Rimbaud nella traduzione di Adriano Marchetti”, approssima il lettore “al banchetto che la lettura delle due opere di Rimbaud – Illuminations e Une saison en enfer – tradotte da Adriano Marchetti ci offre”. Mi piace l’incipit dell’articolo: “In questo immenso campo di grano che è l’opera di Rimbaud, si può scegliere di essere umili ospiti di un frugale convito o lurchi parassiti delle sue messi”.

Il terzo, Tiziano Salari, con il bel saggio, “Poesia e critica”, affronta, nella prima parte, la poesia di Flavio Ermini, analizzando la sua opera intitolata “L’originalità contesa tra l’arco e la vita”, mentre nella seconda parte leggiamo “La scrittura critica di Giuliano Gramigna”. Per quanto riguarda Ermini, Salari traccia, in quattordici punti, le essenziali metodiche e proposte del suggestivo lavoro del poeta, “in limine” narratore di spessore filosofico. Come scrive Salari “gli accadimenti che appaiono sono continuamente diversi e gli stessi”. Per quanto riguarda la scrittura critica di Giuliano Gramigna, Salari espone, in quindici punti, i tratti dell’importante volume monografico di “Testuale” – accorpante i numeri 43, 44 e 45 – che raccoglie interessanti saggi di Giuliano Gramigna.
Ho letto alcuni saggi di Gramigna e ho trovato spunti notevoli per affrontare una lettura critica di un testo, segnalo in particolare “L’antro del romanzo”, nel quale, tra le altre cose, si legge: “ […] Anche il romanzo è un cosmo che ha il suo ventre nero – ha origine nella diversità, ‘armonia e tensione di contrari’ e la molteplicità degli interessi possibili (non dico la dualità delle porte omeriche) lo segnala”. E in “Le istituzioni del romanzo”, Gramigna enuncia quelle che “a mio avviso, sono gli elementi primari, le grandi forme semplici genetiche del romanzo. Secondo le buone regole del rasoio di Occam, possono ridursi a quattro: il nome, il luogo, il patto e l’avventura. […]”. Partendo per un excursus intelligente, analizza tratti di romanzi, tra cui la Recherche e il Don Chisciotte, mostrandoli in una chiave di lettura che li distende e li mostra un poco più docili nella loro architettura, utilizzando le quattro chiavi di lettura suddette.

Il quarto saggio è di Franco Romanò, dal titolo “Il mito, il nuovo mondo, il ponte: riflessioni rapsodiche sulla trilogia poetica di Alessandro Carrera”: “Il fascino della trilogia poetica di Alessandro Carrera, ‘La sposa perfetta’, (Book 1997), ‘L’amore del secolo’, (Book 2000), ‘Stella del mattino e della sera’, (Il Filo 2006) sta nel dialogo sotterraneo fra due diverse civiltà letterarie: l’antica Grecia […] da un lato, la terra d’adozione di Carrera e cioè gli Stati Uniti d’America, dall’altro.

Il quinto pezzo è di Gio Ferri, il quale, con “Il gioco della traduzione”, affronta la questione, appunto, della traduzione: “Non si finisce mai […] di discutere in convegni, tavole rotonde, interventi critici di traduzione da una autentica lingua d’origine ad una inesorabilmente traditrice lingua di arrivo. E si continua a tradurre. Ma la questione è sostanzialmente inerente alla traduzione della poesia. La narrazione per lo più, la saggistica (non tutta), il teatro di prosa (non tutto) godono di una facilitazione di fondo: la predominanza dei contenuti, dei significati ed anche dei referenti (per quanto ambigui) rispetto ai significanti. ” Questione spinosa se non si vuole una “traduzione di servizio” al solo fine di “trasmettere il significato (e non altro) ”.

Il sesto è un saggio di Donato Di Stasi, la cui vasta cultura e intelligenza critica ho già avuto modo di apprezzare in svariate prefazioni a opere poetiche, tra cui la mia raccolta poetica “L’indicibile”, Fermenti Editrice 2006. Qui stende una bella nota critica dal titolo “Mille piani di scrittura. La piuma e l’artiglio (Poesie 1978-2005) di Adam Vaccaro. Ed. Spettacolo, Milano 2006”, ecco l’incipit: “Non i malefici della critica, i culturalismi consuetudinari, gli arabeschi insidiosi (estasi e algìe dell’ermeneuta) sono l’oggetto di queste note, ma il succo vitale che si può estrarre da questa scrittura antidiplomatica, filigrana del vissuto collettivo, pressa e lacrimatoio di esistenze aspre, non inclini al feuilleton mediatico. […] Mi piace pensare al carattere abitativo di questi testi: stanze scomode, spoglie, dipinte con colori primari, ma adatte a incontrare e a svelare le censure, i paradigmi, gli assiomi di questa nostra epoca così falsamente falsa.

Infine segnalo le sezioni finali “Letterale” e “Botta e risposta”. Nella prima troviamo lettere scritte da Gio Ferri a vari destinatari. Ad esempio: “Scritta in occasione della 53° Biennale d’Arte di Venezia al Presidente Paolo Baratta e al Direttore Daniel Birnbaum”; “Scritta ad Antonietta Dell’Arte in occasione dell’uscita della sua raccolta di poesie ‘Il tema del padre’, ed. Passigli, 2009”; “Scritta ad Alessandro Carandente, rileggendo Risveglianze, Marcus Edizioni, Napoli 2007”; ecc. Nella seconda troviamo invece un botta e risposta, appunto, tra Gio Ferri e Tiziano Salari: “Caro Tiziano, questa mia breve e ‘leggerissima’ lettera aperta (una chicchierata amichevole, piuttosto che un saggio, seppure minimo) vuole rifarsi alla lettura dei due fascinosi interventi che hai generosamente inviato, anche da noi sollecitato, alla nostra rivista: quello su Flavio Ermini (pag. 38) e quello dedicato ai saggi (quasi, ma non tutti, inediti) di Giuliano Gramigna (pag. 45) pubblicati nel numero triplo 43/45 di “Testuale”. Ti ringrazio di queste tue indagini che saranno di grande stimolo per i nostri lettori. […]”.
In risposta: “Caro Ferri, ho ricevuto la tua lettera che sarà pubblicata sul numero 46 di “Testuale”, fascicolo che contiene anche due miei interventi, dedicati rispettivamente a Flavio Ermini e Giuliano Gramigna. Certo si ripropone un vecchio dissidio sul modo di concepire la poesia, ma permettimi di segnalarti, in primo luogo, alcune incomprensioni di carattere terminologico. Mi scuso anche per la semplificazione a cui sottoporrò il tuo discorso. In primo luogo non era affatto mia intenzione ridurre l’importanza critica di Giuliano Gramigna, anche se eviterei il rischio di inutili feticismi (“superiore ‘sinfonica’ qualità, anche rispetto ad altri importanti studiosi del ‘900”), soprattutto collocando la sua figura a livello europeo, e analizzandola nel suo tempo e in questo ambito. […]


Non posso infine non ingrandire, con una sorta di lente d’attenzione, tra i vari citati interventi, un articolo che mi ha particolarmente colpito, cogliendomi di sorpresa e convincendomi in quanto all’impronta e alla direzione critica e di ricerca della rivista. E' un breve articolo, al primo impatto fastidioso perché contro il pensiero mediatico che va per la maggiore, ma ha saputo prendere e amplificare un piccolo pensiero che albergava in me da tempo in un silenzio di riflessione. L’articolo si trova nella sezione finale “TESTUALE fuori testo” e dal titolo “Scandaloso merinismo”, che porta la firma di Gio Ferri. Egli afferma, con non poco coraggio: “Alla nostra redazione arrivano ogni anno centinaia, migliaia di versi editi, inediti. Ed osserviamo sempre, anche con una certa umana comprensione: quanti scrivono ‘poesie’ (cosiddette) e quanti, troppi, non leggono poesia! Nemmeno quelli che ne vogliono scrivere […]. Va aggiunto che non è necessario andare ‘a capo’ per affermare d’aver scritto una poesia. Certi pensierini possono essere, come pensierini, apprezzati anche, anzi, se trascritti tutti di seguito. […]”. E porta un esempio di ‘andate a capo’, utilizzando i versi di una nota poetessa, Alda Merini. E a proposito del testo citato conclude: “ […] né peggiore né migliore di tanti piagnistei che ci arrivano da casalinghe frustrate o da altrettanti frustrati insegnanti in pensione [..]”. Affermazioni forti che rischiano, anche qui, forse, su questo sito, di offendere qualcuno!? Spero di no. Si allarghi il significato di queste parole sul fatto che “ […] Sono insopportabili gli atteggiamenti decisamente incolti e strumentali […] di tanta esaltazione […]. Le pagine cosiddette culturali dei più diffusi quotidiani e periodici e i programmi televisivi se ne sono ben guardati dallo spendere tanta dovizia di riconoscimenti per importanti poeti scomparsi negli ultimi decenni quali Luzi, Porta, Gramigna, Raboni, Sanesi, Cappi, Cacciatore, Spatola,… Né i media diffondono altrettanti spazi così ampiamente ‘pubblici’ per poeti ancora energeticamente attivi […] quali, per esempio, Erba, Viviani, Zanzotto […]. Abbiamo scoperto (in realtà già lo sapevamo) che in più di un liceo si parla sovente in questi mesi della Merini, ma non si conoscono nemmeno semplicemente i nomi di scrittori che hanno fatto la storia letteraria e culturale del ‘900. ” Devo dire che ho letto la Merini, apprezzandola, finché ho iniziato a trovarne in libreria fin troppe edizioni, sugli scaffali dedicati alla poesia, già piccoli di per sé... ma è chiaro che la Merini non c’entra proprio nulla, “poveri” librai, ed editori, costretti a “basarsi” sullo scrittore di turno che va per la maggiore, per mettere da parte qualche soldino in un paese quasi analfabeta. Devono pur vendere, ma quello che si vende è un problema di cultura, nemmeno i librai c’entrano nulla! Penso invece che il problema siano gli editori! Un po’ di coraggio no? (Ma questa è soltanto una mia riflessione).

Insieme a questo numero vi è, in supplemento, il Quaderno n. 12: “Scritture”. Come afferma Gio Ferri nella prefazione: “scelta quasi casuale, fra quelle molte carte.” Sono testi di Raffaella di Ambra, in parte autografi in parte dattiloscritti, con correzioni manuali: “ […] Penso che il lettore non possa, non le voglia leggere coscientemente, ma tenti innanzitutto di apprezzarle nella loro visiva originarietà. […]”.

La rivista Testuale ha un sito dal quale è possibile leggere per intero l’ultimo numero 46, ma anche i precedenti numeri, eccolo: www.testualecritica.it
Dallo stesso sito è possibile consultare altri numeri della rivista e Quaderni e Monografie. Se qualcuno poi vorrà riceverla stampata ecco qua alcuni riferimenti:

Un numero: gratuito (rimborso sole spese vive e postali € 15,00, Estero € 20,00)
Abb. (2 n. compresi supplementi): Italia € 25,00, Estero € 30,00
Versamento sul c.c.p. 28265205 int.TESTUALE, via A.Buschi 27, MILANO

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