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Ricordo

di Marco Di Pietro
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Pubblicato il 11/09/2016 10:39:10

Tra i suoi travertini rasi dal vento, conche di terra bruna offrivano il giusto a suffrutici e bassi cardi alati e vi passai con ritmo lento. Ad offrire umidità alle radici di un cisto, l’apertura funerea di un’antica Grecia meravigliò il mio sguardo; poi un’altra, poco dopo, con una pietra a mò di ceppo silente come ornamento della remota sepoltura. Mi soffermai in questa breve piana, tra arbusti sempreverdi che più in là piegavano in dirupo e l’odore del mare; sentii le mie calzature di plastica così lontane ed interposte, a momenti, ad impedirmi il vero, ma non potei toglierle.
Continuai un sentiero ben battuto che percorreva lo scosceso agevolmente, fino ad una china più dolce ed ombreggiata da querce e corbezzoli, un quieto spiazzo la cui strana sensazione della possibilità di un oltre m’intimorì non poco. Nel mezzo, un alveo secco di ciottoli consumati che seguii con passo incerto, come a non voler disturbare il posto; dove l’antico ruscello s’affinò in un gretto accidentato tra pareti scavate, mi recai ancora più cauto sullo sfrido pietroso, aiutandomi con le mani, fino ad una roccia liscia in ombra sulla quali mi riposai. Così riuscii a vedere, e fu tonfo d’animo, ruote, frigoriferi e marchingegni sparsi nel verde a destra, gettati dall’altura che sovrastava. Ne immaginai potenti armature ed elmi micenei, sbuffanti draghi pronti a caricare e mangiare l’ agitato turista del giorno; mi schiacciai alla parete che mi respinse dura, sadica, quasi a volermi offrire espiante. Al dolore di uno spigolo contro la schiena mi resi conto del caldo, della fatica e dei loro scherzi. Tolsi gli occhiali, aprii lo zaino e bevvi un succo, rilassandomi. Dopo alcuni minuti i miei passi, ormai sempre più sicuri, percorsero il gretto ora largo in leggero declivio, ora incanalato e tortuoso, con salti di un metro, fino all’improvvisa apertura sulla strada costiera. Non ancora asfaltata, ricordo bene. L’attraversai velocemente, avido del frangere delle onde, e la meraviglia della calanca mi rifuse dello smarrimento. Subito individuai il solo sentiero che accedeva al basso e lo percorsi con una fretta non mia e la cui sventatezza sanava gradualmente l’animo leso. I bagnanti sereni, i gentili modi d’un inglese e lo splendido mare, tutto volli toccare, sentire vivo ed attuale, fin quando, dallo scoglio a cui solito s’attesta il sole tardo dell’estate, volsi finalmente a guardare lassù, il promontorio percorso.


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