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Gli infimi crepuscoli e altre poesie

Poesia

Laureano Albán (Biografia)
Via del Vento Edizioni

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 12/10/2010 12:00:00

Cura e traduzione di Tomaso Pieragnolo.

“Gli infimi crepuscoli” è il titolo di una interessante, quanto gradevole, plaquette di poesie di Laureano Albán, poeta del Costa Rica, pubblicata nella collana “Acquamarina” delle edizioni Via del Vento di Pistoia, collana curata da Fabrizio Zollo. La plaquette è stampata in duemila esemplari e ciascuna copia è ad personam, cioè numerata.
Riporto, dal sito dell’editore, visitabile dal collegamento sopra riportato, la presentazione della collana “Acquamarina” che ospita la raccolta di testi in oggetto: “La collana di poesia «Acquamarina» è nata nel 1997 e riguarda liriche, quasi sempre inedite in Italia, di grandi poeti stranieri. Sulla copertina, sempre di colore ‘acquamarina’, e di sapore ‘Ottocento inglese’, non figura un’opera grafica, ma solo la strega che cavalca una scopa, tratta dal marchio delle Edizioni. Per una ponderata, e sofferta, scelta editoriale, i volumetti non riportano il testo a fronte in lingua estera (che in fondo avrebbe più senso solo nel caso di lingue largamente conosciute), al fine di privilegiare l’offerta del maggior numero di liriche di quel determinato autore e suscitare quindi in Italia l'interesse per la sua opera, che potrà poi indirizzarsi verso più compendiosi volumi con testo a fronte forse presenti sul mercato nazionale.” Vi troviamo pubblicati autori quali: Marina Cvetaeva, René Daumal, Cecília Meireles, Fernando Pessoa, Georg Trakl, Nika Turbina, Gertrud Kolmar, Hermann Hesse, Eunice Odio, Simone Weil, Arsenij Tarkovskij, Antonin Artaud, Rainer Maria Rilke, Federico Garcia Lorca, Anne Sexton e molti altri.

Per quanto riguarda “Gli infimi crepuscoli”, mi si conceda il fatto che è la prima volta che leggo testi di Laureano Albán, ignoranza dichiarata ma piacevolmente superata nella scoperta di un poeta appassionato e, di conseguenza, appassionante, i cui versi visionari e trascendenti hanno tutta la forza, come giustamente afferma Pieragnolo nella sua nota al testo, di versi romantici, ma spogliati dal “pedante classicismo”. La nota, riportata a fine plaquette, ben tratteggia, con poche ma decise pennellate, la configurazione dell’opera poetica di Albán, contestualizzandola nella vita dello scrittore. La breve biografia inoltre permette di conoscere almeno i fatti principali della vita dell’autore. Tra l’altro vi si legge che Albán arrivò in Europa, più precisamente in Spagna, nel 1978, incontrando per la prima volta la stagione autunnale. A tal proposito riporto parte di “Vestigia oltre l’autunno”, scritta a Madrid nel novembre del 1978: “[…] / Chiudi gli occhi ed entra come un bimbo / ai lenti tizzoni dell’autunno, / più in là di ciò che è puro e distrutto, / salvato dopo l’ultimo silenzio.” Ed ecco come il curatore puntualizza tale incontro del poeta con l’autunno: “[…] incontrò con stupore la stagione autunnale, sconosciuta al tropico, nell’aria austera e luminosa di Castilla (Herencia de otoño), assunta dal poeta come simbolo ispiratore per tutto ciò che era stato perso nella scoperta dell’America, segno trascendente che da quel momento diede forma a tutta la sua opera. […]”.

Una scrittura totalmente apprezzabile per la forza e la trasparenza della poesia di Albán, la quale “non ha altra motivazione che se stessa”, come Pieragnolo giustamente afferma, essendo ciò che emerge dalla libertà delle immagini che l’attraversa. Il curatore è riuscito in una ristretta rosa di poemi proposti (in tutto sono 35 pagine, unitamente alle note e alla biografia), a far passare la grandezza di questo poeta latinoamericano. Le traduzioni sono molto ben curate, i testi sembrano scritti direttamente in italiano, fatto sicuramente dovuto alla concomitanza tra l’ottimo lavoro del traduttore e la vicinanza della lingua spagnola a quella italiana.
Concludo invitando i lettori alla lettura di questo libriccino, che costa soltanto quattro euro, proponendo il pezzo finale della stupenda poesia intitolata “Scienza dell’aria”:
“[…] / Per morire si fecero, / gesto a gesto, invisibili. / Senza fretta, senza motivo, né tramonto. / Come chi si restituisce / all’aria come aria. / Affinché alla fine solo / i loro occhi persistessero / vicino alla memoria, / ogni volta più fugaci / come specchi senza luna, / fino a fondersi, alti, / nella scienza dell’aria”. Buona lettura.

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