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Bianca come il latte, rossa come il sangue

Romanzo

Alessandro d’Avenia
Mondadori

Recensione di Lorenzo Roberto Quaglia
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Pubblicato il 16/11/2010 12:00:00

E’ un romanzo ambientato ai nostri giorni che si legge tutto d’un fiato e ci riporta per osmosi ai nostri sedici anni, anche se da allora ne sono passati quasi trenta.
Ci ritroviamo nel mondo “bianco come il latte e rosso come il sangue” dell’adolescenza e ci ritorna in mente cosa significava deludere un amico, mendicare uno sguardo dall’amata, trascorrere un’intera mattina in classe prigioniero di un banco ormai piccolo, con la mente vagante nel tempo e nello spazio.
E’ una storia dove i sogni dell’adolescenza, i nostri sogni, tornano a bussare alla porta e quando la apriamo siamo costretti a fissarli negli occhi.
Come racconta il Sognatore: “I sogni veri si costruiscono con gli ostacoli. Altrimenti non si trasformano in progetti, ma restano sogni. La differenza fra un sogno e un progetto è proprio questa: le bastonate, come nella storia di mio nonno. I sogni non sono già, si rivelano a poco a poco, magari in modo diverso da come li avevamo sognati…” (pag. 92).
L’amicizia di Leo per Silvia, reale, e l’amore di Leo per Beatrice, immaginario/to, rappresentano il filo rosso della nostra adolescenza: solo quando Leo fa i conti con se stesso, con la consistenza del suo “io” (d’estate in montagna, da solo a guardare le stelle) riesce a perdonare Silvia e a riconoscere la vera natura del loro rapporto.
Quello che rimane, anche nelle circostanze in apparenza più negative, radicali (come la morte) è la via d’uscita che ci offre la realtà, una via inaspettata, ma che alla fine si scopre adeguata al nostro desiderio di infinito, di felicità, di Dio…
Stilisticamente, qualche eccesso descrittivo in alcuni punti della narrazione.
Da non perdere, visti i tempi che stiamo vivendo noi e i nostri figli.

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