Adesso hai finito.
Anche tu.
Sazio, indeciso,
smesso il turno
al bavaglino
ancora grondante del mio ultimo donarmi,
riprendi a sferragliare
con la domestica stesura
agile della tua piana.
Alberi e quadrivi,
donne piene in facili
bivi, la statale madida
di piedi Marocco e
catene in circolo al tramonto.
La fatica costa poco,
mentre mi accascio e mi
frughi il ventre.
Quando scavi e non trovi,
dentro di me trema un abbozzo
di figurina che vorrebbe carni e
magari un nome, ma poi implode.
Un'irsuta palla informe
e materiali di risulta,
e plastiline non aggraziate
dal garbo di una mamma piallatrice.
Un furetto grigiastro a cui non
appiccherò vestiti e compleanno.
Quando hai finito, ti pettini.
Guardano avanti tutte le strade,
e le montagne pure dirigono
il dorso: solo in me si
insabbia una frode,
sindrome da schiacciamento
per il cranietto ipotizzato.
Una pressa cala sul vermetto.
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