Pubblicato il 17/04/2010 20:01:42
Lettera ad Allen Ginsberg in occasione di un festival di poesia
Caro Allen, da quando tu e Fernanda siete scesi nell’Ade, non è rimasto al mondo altro che l’ombra di pochi versi spaesati, reperti archeologici,sassi di un evo passato, di una preistoria così diversa da questo postmoderno affondato nel magma bigio del consumismo, e con esso i poeti... Ebbene, stamattina, da un orizzonte lontano, i dinosauri e i mammut sono tornati, sono entrati in città, lasciando le impronte sull’asfalto fumante intenerito dal sole. I campanili suonavano a festa sulle strade e le piazze deserte, dacché i cittadini erano andati tutti ad assolarsi al mare. Dinosauri e Mammut con i piccoli al seguito hanno fatto irruzione sulla via principale, hanno sbranato la porta di un supermercato, hanno mangiato il miele e i frutti più dolci di stagione, hanno bevuto alle nostre fontane. Tutto il giorno nei vicoli antichi risuonarono i barriti gioiosi. Per ore e ore i campanili impauriti rintoccarono a morte. I vigili urbani e i soldati disarmati dallo stupore sono fuggiti in campagna. I notabili della città, rimasti a vegliare le casse dell’oro, sono scesi in piazza piangenti a pregare, a raccomandare l’anima loro al Creatore. Ma quei mastodonti buoni non se ne curarono, strofinavano i velli setolosi ai pali dei lampioni, agli angoli granitici dei palazzi. I loro piccoli giocavano nei parchi dove prima correvano i bambini tra i pochi fiori appassiti. Poi, quando fu il crepuscolo, se ne andarono sparendo in una nube di polvere, dietro la curva della strada. Caro Allen, di essi è rimasto un tappeto d‘escrementi dove a notte sono nate le viole.
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