Dalla cima della torre cui mi lega
Un grandissimo spirito, un poeta
Col cuore colmo di gratitudine ammiravo
I prati fioriti a me dintorno
Con gioia le feste del villaggio
Il passo lento delle stagioni
Sulle chiome del bosco
Le bianche vele delle ore serene
Corteggiate dai canti delle tortore
Dai voli azzurri degli aironi
Con trepidazione la sublime
L'ira delle tempeste
Così simile all’ira degli dei.
Attorno gioia serenità soltanto.
Ma una notte
La più lunga nei miei ricordi
Risuonò minaccioso
Il battere di martelli
Il ronzare di trapani
Lo strepitare di legni e di sterpaglie
Divorati dal fuoco
Un suono di catene
Urla e lamenti.
All’alba i caterpillar
Spazzarono via il villaggio
Le morte querce annerite
Dalla notturna furia.
In quello sterile grigio deserto
Sorsero torri e nuove cattedrali
D’acciaio e di cristallo
Fosca diabolica magia.
Splendevano i roghi nella notte buia
Esalanti fetore d’umani arrosti
E le urla dei torturati
Empivano il cielo di spetri.
Ben serrati gli occhi
Gli orecchi tappati con la cera
Dell’unica candela
Sul mio giaciglio delle notti insonni
Innalzo suppliche e preghiere
Al Dio che non conosco
Ma quelle orribili voci
Penetrano nel cervello
Tramutandosi in spaventosi incubi.
Sono svaniti i paesaggi sereni
Sparito il bosco
Le nenie della sera dal villaggio.
Ora ai piedi dei palazzi
Sotto la nebbia o il sole
Marcia in fila un popolo di schiavi
Cartelle e borse in mano
Vanno come inseguendo un sogno.
Invano grido loro di svegliarsi
Nessuno ode la mia voce
Nemmeno
Il tintinnio lugubre delle loro catene.
L’esercito dei demoni ha posato
Le scale alle pareti
presto saranno in cima.
I servi hanno apparecchiato
La catasta di legna.
Sarò io il prossimo arrostito
Al notturno banchetto.
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