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Una recensione immaginaria

di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 07/01/2008

Titolo del libro: Un anemone nel vespro
Autore: F. Sarjenas
Editore: ed. N.E. del Veliero

Ho letto solo recentemente, con colpevole ritardo, questo ottimo libro, pubblicato qualche anno fa, credo fra il 1901 e il 1903, di un giovane autore di madre francese e padre lituano, alla sua seconda uscita, ma già con un suo stile ben definito e molto incisivo. Certo l’inizio risente di un incipit assai discutibile, e le prime frasi sono davvero insipide, quasi l’autore avesse iniziato a scrivere un po’ distrattamente appassionandosi poi alla sua opera mano mano che la costruiva.
E di costruzione si può ben parlare, visto che le frasi sono davvero ben cesellate, e formano pagine molto eleganti, alcune di una notevole incisività.
Il personaggio principale è davvero ben delineato, alcune descrizioni potrebbero dapprima sembrare solo prolissità ma hanno poi un notevole peso nel dipanarsi della vicenda, i personaggi secondari non sono mai piatte figurine di sottofondo ma hanno tutti la loro personalità e peso nello svolgersi della vicenda. Questo perché ormai capita spesso di incontrare, leggendo, certe persone messe lì giusto a scopo decorativo che poi repentinamente spariscono e chi è più attento termina il libro chiedendosi che fine avranno fatto.
In questo caso tutti contribuiscono a costruire un opera molto godibile, con spunti di riflessione davvero interessanti, oltre ad offrire uno spaccato della, per noi, poco nota, società lituana, con un effetto oserei dire alla Hugo, quando nei Miserabili ci offre uno spaccato della società parigina.
E il paragone con Hugo non è del tutto casuale, in quanto in questo libro ci si avvicina al tema della dolorosa redenzione dopo gli errori, ma una redenzione che non potrà essere completa, perché il personaggio principale, sebbene abbia espiato le sue colpe, matura un senso di colpa, questo mi pare a volte un po’ eccessivo, fin melodrammatico per certi versi, ma sempre molto umano e non incomprensibile. Si sa, e qui viene sottolineato in modo mirabile, la giustizia degli uomini e della chiesa non sempre coincidono con la giustizia a cui il nostro cuore anela, e il cuore del personaggio principale dell’opera giunge, dopo che la giustizia terrena lo ha perdonato, a desiderare una giustizia e un perdono che oserei definire “maggiore” a cui rivolge il resto della sua lunga esistenza.
Le pagine finali sono un assoluto capolavoro quasi come in una sinfonia riecheggiano le parti inziale, ma rese più mature, a volte aspre, dalla vita che ha lasciato la sua prepotente impronta in un cuore che si era affacciato al mondo candido di innocenza, che è stato insozzato, ma che ha trovato nel dolore e nell’amore un suo nuovo candore quasi innocente.

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