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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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E poi cominciò a raccontare...

Poesia

Giuseppe Bisegna (Biografia)
Aletti Editore

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 05/03/2008

Giuseppe Bisegna è del 1983 e nel 2006 si presenta al pubblico con questa sua prima pubblicazione.
“E poi cominciò a raccontare…” è un libricino di sole 38 poesie che, data la brevità dei testi, sono quasi dei pensieri scritti, o semplici constatazioni, ci sono infatti ben tre poesie così intitolate. I testi non sono solipsistici ma anzi hanno un carattere di apertura rilevante, tipico della giovane età dell’autore che si apre al cosmo sociale e affettivo e osserva, interroga e presenta al lettore le sue proprie esperienze e visioni del mondo.
Ci sono testi molto interessanti, come la stessa poesia che apre il libro - “La luce bianca della lampada / si argenta sull’icona / il legno rimane opaco / come noi a volte” – e spunti di riflessione, come il suo paragonare la mente ad un vascello con vele grandi e fragili e la fantasia come a un vento impetuoso e continuo, una bella figura che fa capire quanto il poeta sia potentemente preso dalla forza della fantasia che trascina la sua mente per l’oceno delle invenzioni, dalla quale non può divincolarsi a meno di non ammainare le vele del pensiero, e mi pare che nelle sue poesie egli talvolta lo faccia, giocando di fantasia ma anche fermandosi nella razionalità osservativa e affrontando tematiche fondamentali quali: l’essere dell’uomo e il suo destino - “[…] e lì dove infuria la baldoria / dove non c’è ora / e nulla si posa / mi metterò al centro / in religioso silenzio // provocando ilarità e sgomento // per voi / che nulla sapete / ma siete votati all’eterno”; la bellezza e l’importanza del vivere ora e serenamente – “[…] Sembra si viva una sola volta. / Ho messo la sciarpa e la giacca io esco”; l’importanza dell’amore universale – “Solo se amiamo / non una donna, non un uomo o cane o gatto / […] siamo felici / […] siamo forti / allora vale la pena di arrabbiarsi, / ne abbiamo il diritto”; la capacità di cambiare prospettiva per migliorarsi – “Fu un buon fabbro / quando seppe cosa prova il ferro // quando prima arde / e poi è battuto”.
Bisegna ha inoltre un forte senso del sociale e denuncia con le sue poche parole, come solo una immagine fotografica sa fare, alcune situazioni di disagio sociale, scoprendo l’anima di ripetitive linee notturne di autobus che trasportano militari, oppure mettendo in luce il disagio dei cosiddetti barboni, o la vecchia che manda cattivo odore da un posto dove nessuno si è più seduto, o le donne violentate, o i bambini sofferenti, tutti come quel Dio messo in croce.

In due interessanti testi egli traccia il suo pensiero su che cosa sia scrivere; un testo si trova all’inizio del libro e una alla fine, quest’ultimo intitolato “La macchia” è la chiave di lettura del primo dove il poeta parla del dovere di stare all’erta, perché tra le tante lettere che ogni tanto compaiono addirittura si può riuscire a leggere significati compiuti: “Piccole frecce che ci guidano / a provvidenziali ripari / Quando fuori piove”; il secondo testo è invece a mio avviso il più bello della raccolta in quanto a composizione formale e contenuto e mi permetto di riportarlo per intero: “Quella A l’ho messa io / e nessuno mi ha detto di farlo. / Nessuno è intervenuto / nessuno ha controllato / nessuno ha ricavato interesse / nessuno ne ha pianto / nessuno ha avuto danno, fortemente illuso / sono stato per un infinitesimo libero, / libero di condizionare le sorti di questa pagina / libero di macchiarla / di essere fuori luogo – dentro questo luogo – / Io solo sono intervenuto, fortemente illuso”.

E infine il poeta rivela la sua gradevole visione unitaria del cosmo: “[…] quanti battiti percuotono / questa alchimia / perché tutto pulsa / dai cuori alla terra”.

Non posso però esimermi, per una analisi completa del libro, dal rilevare una certa mancanza di unitarietà stilistica nella composizione formale dei versi. La punteggiatura, non sempre ben calibrata, rischia di far affondare alcuni bei testi della raccolta. Inoltre alcuni sgradevoli errori ripetuti (spero di battitura) mi fanno pensare ad un insufficiente lavoro di editing da parte dell’editore. Ma nel complesso la raccolta regge e rivela un poeta interessante, quindi il consiglio che vorrei dare è semplicemente quello di lavorare con più rigore sulle modalità di versificazione in modo da rendere i testi formalmente unitari.

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